Ingegnere elettronico, nato nel 1960, Miguel Díaz-Canel è stato rieletto presidente di Cuba, per un secondo mandato quinquennale, il 19 aprile 2023. È anche Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba.
Uomo intelligente, sobrio e sensibile, Miguel Díaz-Canel è riuscito ad affermarsi come uno dei principali leader dell’America Latina e dei Caraibi. Che molti leader della regione visitano e consultano con discrezione per la sua analisi accurata, la sua visione lungimirante e i suoi validi consigli.
Durante il suo primo mandato, ha colpito il suo modo di affrontare l’epidemia di Covid-19 e di mobilitare gli scienziati cubani che sono riusciti a produrre diversi vaccini nazionali con i quali hanno immunizzato l’intera popolazione. L’Avana ha, inoltre, inviato decine di brigate mediche in aiuto solidale ai paesi, compresi quelli europei, travolti dalla pandemia.
Ma, come è noto, il principale ostacolo allo sviluppo di Cuba è il blocco economico, commerciale e finanziario che gli Stati Uniti le impongono unilateralmente e illegalmente da più di sessant’anni. Blocco che l’ex presidente repubblicano Donald Trump ha aggravato con centinaia di nuove misure coercitive; persino iscrivendo Cuba, in modo del tutto assurdo, nella lista dei “paesi che sostengono il terrorismo”.
Il presidente Joe Biden, sebbene democratico, ha mantenuto tutte queste “sanzioni”. Ciò ha avuto ripercussioni molto negative, soprattutto per la popolazione dell’isola. Conseguenza: le condizioni della vita quotidiana sono diventate più dure, fino a diventare a volte insopportabili.
Il presidente Miguel Díaz-Canel non è solito rilasciare molte interviste, ma ha accettato di parlare con noi, con molta franchezza, di tutti questi problemi nazionali e anche della instabile situazione internazionale che il mondo conosce attualmente.
Ignacio Ramonet
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Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziarla per la gentilezza di averci concesso questa intervista. Saranno una decina le domande divise in tre parti: un primo blocco dedicato alla situazione interna di Cuba; un secondo blocco all’economia cubana; e un terzo blocco sulla politica internazionale.
La prima domanda è la seguente: Per molte famiglie a Cuba, da due o tre anni, la vita quotidiana è diventata particolarmente difficile: c’è penuria alimentare, inflazione, carenze nei servizi pubblici… Il blocco economico, commerciale e finanziario imposto illegalmente dalle gli Stati Uniti esistevano già, cosa è successo, secondo lei, negli ultimi tempi perché le cose siano peggiorate in questo modo?
Ebbene, Ramonet, innanzitutto ti ringrazio per l’opportunità che ci dai di parlare con te. È sempre molto interessante poter condividere con te punti di vista e anche ascoltare i tuoi commenti su questi argomenti. E mi hai fatto una domanda molto interessante.
Dobbiamo partire, innanzitutto, dal fatto che oggi il blocco ha una caratteristica qualitativamente diversa. Si tratta di un “blocco intensificato” e, inoltre, sostenuto da un’altra componente, che è l’inclusione di Cuba in una lista spuria stabilita dal Governo degli Stati Uniti di paesi che presumibilmente “sostengono il terrorismo“.
Soprattutto, farò un paragone che credo sia il modo migliore per illustrare cosa cambia da un momento all’altro, se confrontiamo com’era la vita degli uomini e delle donne cubane fino alla seconda metà del 2019, e come è stata la vita dopo.
In primo luogo, siamo un Paese che soffre da più di sessant’anni le limitazioni e le avversità imposte dal blocco; un blocco illegale, ingiusto, anacronistico, implementato soprattutto da una prospettiva arrogante da parte del governo degli Stati Uniti. Cuba non è mai rimasta a braccia incrociate e abbiamo sviluppato una capacità di resistenza.
Anche dopo le esperienze vissute durante il Covid-19, dico che si tratta di una “resistenza creativa”, perché Cuba non solo è stata capace di resistere agli attacchi del blocco, ma, in queste condizioni, il Paese è avanzato, ha contribuito, è cresciuto come nazione e, inoltre, si è sviluppato. In altre parole, non si tratta solo di resistere e non fare altro.
Siamo riusciti a mantenere un certo livello di attività economica, di esportazioni, di sostegno ai programmi sociali e abbiamo realizzato, anche se con rallentamento, tutte le nostre aspirazioni. E dico sempre: se bloccati in questo modo siamo stati capaci di così tante cose, di cosa non saremmo stati capaci senza essere bloccati.
Fino al 2019, Cuba riceveva entrate dalle nostre produzioni esportabili e competitive sul mercato internazionale, perché c’era vitalità nell’attività economica del paese; il paese riceveva una quantità significativa di rimesse; riceveva notevoli introiti dall’attività turistica – ricordiamoci che abbiamo avuto quasi quattro milioni e mezzo di turisti in un anno – e avevamo credito da diversi istituti finanziari, prestiti statali da paesi con i quali abbiamo ottimi rapporti e anche prestiti di programma, di agenzie, che ci avevano permesso di sviluppare progetti.
D’altra parte, avevamo un approvvigionamento stabile di carburante basato su accordi con paesi amici, con paesi fratelli, il che significava che, in base a quegli accordi, non dovevamo spendere, delle entrate in valuta estera che ricevevamo, praticamente nulla in carburante; perché tutto ciò era compensato dai servizi che forniamo a quei paesi fratelli.
Avevamo quindi un reddito in valuta estera che ci permetteva di comprare cibo per soddisfare il paniere di base, potevamo anche comprare cibo e altre merci che mettevamo nei negozi… Pertanto, il nostro mercato interno aveva un certo livello di approvvigionamento. Avevamo a disposizione valuta estera con la quale potevamo realizzare un mercato dei cambi legale, controllato dallo Stato, dove le operazioni di acquisto e vendita di valuta estera potevano essere effettuate con il suo controvalore in moneta nazionale.
Avevamo un livello accettabile di capacità di pagare i nostri debiti con paesi o imprese che hanno investito a Cuba. E avevamo anche abbastanza soldi per acquistare pezzi di ricambio, le forniture più importanti per la nostra economia. Pertanto, c’era un’offerta nel mercato interno e un adeguato rapporto tra domanda e offerta che consentiva di mantenere bassi i livelli di inflazione.
Nella seconda metà del 2019, l’amministrazione Trump applica più di 240 misure che inaspriscono il blocco, ed è qui che entra in gioco il primo concetto: “blocco intensificato”. Viene addirittura applicato, per la prima volta, il Titolo III della Legge Helms-Burton, che non era mai stato applicato e che produce un impatto enorme, soprattutto, di pressione sugli investitori stranieri, su coloro che hanno già investito, su coloro che pensavano di investire, e dà pieno appoggio a coloro che sono stati interessati dalle confische che, con tutta giustizia, il Governo ha effettuato nei primi anni della Rivoluzione.
Con queste misure, tutte le nostre fonti di reddito in valuta estera vengono improvvisamente tagliate; il turismo diminuisce; finiscono le crociere, che sono una parte importante dell’affluenza di turisti a Cuba; viene organizzata una enorme persecuzione energetica e finanziaria. Sono più di 92 le banche e gli enti finanziari internazionali sanzionati o sottoposti a pressioni da parte del governo degli Stati Uniti, che per questo motivo hanno dovuto cessare le loro relazioni di scambio finanziario con Cuba. Le rimesse, che costituivano un’importante fonte di reddito, vengono tagliate.
D’altro canto hanno anche esercitato pressioni e applicato numerose sanzioni contro i paesi amici e fratelli che ci fornivano stabilmente carburante. Pertanto, abbiamo iniziato ad avere carenza di carburante. Abbiamo iniziato ad avere un deficit nella disponibilità di valuta estera.
Con questi due elementi, da un lato, il nostro sistema elettroenergetico è destabilizzato, perché siamo in grado di garantire il funzionamento degli impianti termoelettrici con il greggio nazionale; ma gli impianti termoelettrici non coprono tutta la domanda elettrica del Paese, soprattutto nelle ore di punta; e dobbiamo avviare altri impianti che funzionano a gasolio e olio combustibile; non avendo questi combustibili, ci ritroviamo con un deficit.
D’altro canto, avendo minore disponibilità di valuta estera, non siamo riusciti ad acquistare in tempo le forniture ed i pezzi di ricambio necessari per mantenere l’intero sistema elettroenergetico, che peraltro è già un sistema con un certo grado di obsolescenza. Ciò aumenta le rotture, prolunga i tempi della manutenzione e tutto ciò cospira contro la stabilità del sistema elettroenergetico.
In queste condizioni cominciamo a soffrire di fastidiosi blackout. Per ridurre questi blackout abbiamo dovuto addirittura chiudere o limitare leggermente il livello dell’attività produttiva, un insieme di attività dell’economia. E a causa di queste stesse limitazioni in valuta estera, cominciamo a non avere determinate forniture e materie prime per importanti processi produttivi. E la poca valuta che abbiamo, dobbiamo dedicarla all’acquisto di carburante, mentre prima non dovevamo fare quella spesa perché avevamo altri meccanismi per risolvere questo problema.
Aumentano i prezzi nel mercato internazionale, perché questa è anche la crisi multidimensionale che il mondo sta soffrendo. Ci sono gli effetti del cambiamento climatico e noi siamo stati colpiti da intense siccità, piogge intense e anche uragani che hanno causato molti danni all’economia. Tutto ciò ha creato un ambiente caratterizzato da carenza di medicinali, carenza di cibo, carenza di carburante e problemi di trasporto. E sta influenzando anche i nostri programmi sociali e il benessere della popolazione, e tutto ciò sta costruendo una realtà molto complessa.
Nel primo mese del 2020, quando mancavano solo circa otto o dieci giorni prima che Trump lasciasse la Casa Bianca, ci ha incluso nella lista dei paesi “sponsorizzatori del terrorismo”. E a quel punto, all’improvviso, tutte le agenzie bancarie e tutti gli istituti finanziari hanno smesso di farci credito. Quindi oggi siamo un paese che vive secondo il tenore del conto corrente, cioè quello che hai guadagnato questa settimana, come lo distribuisci tra una quantità enorme di priorità che ha il paese e che non possono essere coperte con il reddito di una sola settimana.
Pertanto, la nostra disponibilità di valuta estera comincia a risentirne e non abbiamo più la stessa capacità di coprire e onorare i nostri impegni di pagare dividendi a entità straniere, di pagare debiti a paesi o imprese. Non possiamo sviluppare l’attività economica con tutta l’intensità e le capacità di cui disponiamo e di cui abbiamo bisogno per offrire beni e servizi. Si crea un tremendo squilibrio tra domanda e offerta e, quindi, i prezzi aumentano e l’inflazione appare su vasta scala.
D’altro canto non abbiamo disponibilità di valuta estera per gestire in modo efficiente un mercato valutario statale legale e, quindi, si crea un mercato parallelo, illegale, che manipola anche il tasso di cambio e che diventa quasi un elemento che impone prezzi e che contribuisce anche al problema dell’inflazione.
In queste condizioni è arrivato il Covid-19, che ha colpito il mondo intero. E secondo la nostra visione umanistica della Rivoluzione, in tempi di COVID-19 il nostro obiettivo principale era salvare la vita delle persone. Pertanto, una parte importante di tutti gli sforzi e della poca valuta che entrava nel paese è stata destinata a salvare la vita della popolazione.
Poi parleremo di COVID-19 e tu potrai sviluppare questo argomento.
Indubbiamente lì tutti gli altri fenomeni si sono amplificati e sono continuati in questi anni; perché bisogna anche notare che una delle caratteristiche di questo “blocco intensificato” è che è stato applicato da un’amministrazione repubblicana, quella di Trump; ma un’amministrazione democratica, quella di Biden, lo ha mantenuto uguale.
Si tratta quindi di un processo cumulativo e sistematico durato quattro anni, una situazione molto complessa per la nostra popolazione e, direi, carica di una tremenda perversità, che vi mostrerò quando parleremo di COVID-19.
Signor Presidente, vorrei che parlassimo di un elemento che lei ha appena affrontato, che dà molto fastidio alla popolazione e cioè i blackout. Credo che sia uno dei problemi che più preoccupano i cittadini. Come si può valutare l’attuale situazione energetica del Paese? Quale prospettiva di soluzione può annunciare ai cittadini cubani?
Ramonet, oggi, in questo momento, ci troviamo in una situazione estremamente complessa per quanto riguarda le questioni energetiche. Abbiamo un sistema elettroenergetico instabile per diverse ragioni che ora spiegherò, e in questo momento, questa stessa settimana, abbiamo subito gravi blackout in tutto il Paese. Sono più di cinque giorni che non possiamo garantire nelle ventiquattro ore la funzionalità del sistema elettrico, il che significa che, in ogni momento, abbiamo avuto un certo livello di blackout. E ciò, conseguentemente, indubbiamente danneggia, complica la situazione, provoca disagio, provoca incomprensioni e rende più dura la vita dei cubani.
Qui ci sono diversi aspetti: innanzitutto abbiamo un sistema elettroenergetico che ha una componente termoelettrica, di generazione tramite energia termica, che si risolve con la produzione di greggio nazionale, che è greggio pesante, con molto zolfo. Ma ha bisogno di riparazioni, ha bisogno di una manutenzione sistematica, ci vogliono più di 300 milioni di dollari all’anno per mantenere quel sistema di energia elettrica; e quella disponibilità finanziaria non è esistita.
Ciò significa che presenta rotture e problemi tecnologici più frequenti del normale. Abbiamo un altro gruppo di fonti di generazione di energia elettrica, che sono motori di generazione distribuita, soprattutto da utilizzare nelle ore di punta, che richiedono diesel e olio combustibile, e non sempre abbiamo i livelli di diesel e olio combustibile di cui abbiamo bisogno.
A causa del blocco, ad esempio, dall’ottobre 2023 fino al mese scorso, non siamo stati senza che entrasse nel Paese né gasolio né olio combustibile e abbiamo esaurito le riserve che avevamo – perché abbiamo anche un programma di risparmio –. Ciò ci ha causato anche, per mancanza di carburante, gravi blackout, soprattutto lo scorso marzo.
Allo stesso tempo questi gruppi generatori necessitano anche di pezzi di ricambio, la cui manutenzione ne risente. Pertanto, nelle attuali condizioni, la produzione di elettricità può fallire per mancanza di carburante, mancanza di manutenzione o per la coincidenza dei due fattori.
E le energie rinnovabili, signor Presidente, state puntando sulle rinnovabili?
Sì, parliamo delle soluzioni. Noi stiamo puntando sulle fonti energetiche rinnovabili, sia eolico che fotovoltaico e biogas… Ma soprattutto fotovoltaico. Abbiamo un gruppo di accordi firmati, con garanzie, che ci permetteranno – in meno di due anni – di raggiungere più di 2.000 megawatt.
Ciò ci metterebbe in un’altra situazione energetica, perché porterebbe a raggiungere l’obiettivo che vogliamo, cioè avere più del 20% di energia rinnovabile entro il 2030. Raggiungeremo il 25%, forse un po’ di più, a seconda di come queste cose possono funzionare. Abbiamo un intero programma. I parchi stanno ora cominciando a essere istituiti e abilitati, e la nostra produzione di elettricità crescerà in questo modo, il che significa che ci sarà un cambiamento sostanziale quest’anno e un consolidamento l’anno prossimo.
Ci sono allora due vie d’uscita: possiamo dedicare più carburante all’economia, soprattutto alla produzione alimentare, all’agricoltura, ai processi produttivi che oggi sono molto limitati perché la maggior parte del carburante che abbiamo, essendo in deficit, lo mettiamo in funzione di generazione di energia elettrica. E d’altro canto diminuiranno anche le nostre spese per l’acquisto del carburante.
Ma, inoltre, le centrali termoelettriche lavoreranno in un regime più confortevole, quindi consumeremo meno dello stesso greggio nazionale, che è anche esportabile; e una delle cose che stiamo facendo è aumentare la produzione del greggio nazionale per poterlo esportare, il che ci aiuta ad avere una fonte di finanziamento per tutti questi investimenti che sono costosi, molto costosi!
Questo è il percorso più sostenibile perché, inoltre, è totalmente coerente con ciò che proponiamo nella politica ambientale e nei nostri impegni alle conferenze COP per ridurre le emissioni di CO2, cioè ha piena coerenza e garantisce uno sviluppo sostenibile. Stiamo anche cercando investimenti esteri che ci permettano di potenziare, aggiornare, migliorare la lavorazione di alcune delle nostre raffinerie, che ci permetterebbero anche di lavorare questo greggio nazionale, raffinarlo e ottenere altri prodotti che siano anch’essi esportabili o che ci servirebbero per il consumo nazionale e dovremmo importare meno di questi prodotti per il consumo nazionale.
C’è anche un intero programma di risparmio energetico e un intero sviluppo delle tecnologie fotovoltaiche, più in ambito domestico, di apparecchiature che funzionano con fonti di energia fotovoltaica. Anche il cambio degli apparecchi di illuminazione con apparecchi a LED che consumano meno energia e durano più a lungo. Tutta questo combinato di azioni ci porterà ad una migliore situazione elettroenergetica.
Signor Presidente, questa situazione che lei descrive e quella precedente, con le difficoltà e i disagi, hanno recentemente causato un fenomeno sociologico che non era conosciuto a Cuba, cioè le proteste sociali. Da un lato, molte persone emigrano perché non sopportano le condizioni attuali e, dall’altro, le proteste che, sebbene non siano state di massa, hanno sorpreso perché non sono abituali. Vorrei che ci spiegaste innanzitutto come analizzate la natura di queste proteste? E quali insegnamenti trae da questa situazione?
Ramonet, in primo luogo, credo che il nostro popolo abbia subito l’assalto del blocco. Inoltre, come ti dicevo, si tratta di un effetto cumulativo del blocco durato più di sessant’anni. La mia generazione, nata nei primi anni della Rivoluzione, è una generazione che ha vissuto bloccata dalle carenze causate dal blocco. Ma i miei figli sono nati sotto il blocco e i nostri nipoti sono già nati e vivono in condizioni di blocco. Pertanto, ciò ha avuto un impatto diretto sulla popolazione cubana.
Concettualmente, cosa difende il governo degli Stati Uniti rispetto alla distruzione della Rivoluzione cubana? Esiste un riferimento noto come Memorandum Mallory, basato su ciò che scrisse un funzionario del Dipartimento di Stato negli anni ’60 in una valutazione su Cuba. Disse che, dato il livello di appoggio popolare che aveva la Rivoluzione, il percorso per rovesciarla era l’asfissia economica, cercando di fare tutto il possibile affinché il popolo soffrisse di stenti, carestie e che questo portasse alla rottura con la Rivoluzione e, quindi, si provocasse un’esplosione sociale che avrebbe portato alla caduta della Rivoluzione.
Questa è stata la politica, questo è stato il riferimento, il concetto fondamentale, ed è quello che stanno facendo con l’intensificazione del blocco. In 60 anni non sono riusciti a piegarci, ed è per questo che sono andati a intensificalo per piegarci. Ma non ci spezzeranno neanche così!
Io continuo a credere nella capacità di risposta, nell’eroismo di questo popolo e nella “resistenza creativa” di cui ti ho parlato. Ora, con questa intensificazione del blocco, abbiamo avuto la coincidenza di diversi fattori: blackout prolungati, problemi di trasporto, carenze nella vita [quotidiana], problemi nel garantire il paniere di base, problemi con il cibo, problemi con i farmaci. Quando ci sono blackout la fornitura d’acqua ne risente, perché le fonti di approvvigionamento idrico funzionano anche con l’energia elettrica.
A questo proposito, ora abbiamo fatto un investimento molto importante per trasformare anche i sistemi di pompaggio in sistemi fotovoltaici, e questo fa parte delle cose che stiamo facendo per superare questa situazione. Ad un certo punto si sono verificati anche in alcuni luoghi e con una certa partecipazione, direi, più partecipata dei fatti dell’11 luglio 2021; meno partecipata di quella del 17 marzo 2023, anche se i media l’hanno presentata come “molto di massa” come parte dell’altra componente di questa politica aggressiva di massima pressione nei confronti di Cuba, che è l’intossicazione mediatica con cui si tenta di screditare la Rivoluzione cubana, e dove c’è una Cuba virtuale e una Cuba reale.
Quindi ci sono state, in un gruppo di luoghi, delle proteste popolari. Che caratteristiche avevano le proteste? La maggior parte di queste proteste sono avvenute in una situazione di rivendicazioni pacifiche, dove la maggioranza della popolazione che è andata a protestare chiedeva spiegazioni. Queste non sono richieste di rottura con la Rivoluzione, la gente è andata alle istituzioni del Governo o alle istituzioni del Partito per chiedere spiegazioni, per chiedere conferma se la situazione è dovuta a determinate circostanze.
E chi sono quelli che ci hanno messo la faccia? Chi sono coloro che hanno parlato con quel popolo, perché fanno parte di quel popolo? Sono stati proprio i dirigenti del Partito, i dirigenti del Governo e delle amministrazioni di quei luoghi, e senza repressione poliziesca, senza repressione di alcun tipo.
In queste proteste ci sono stati anche piccoli gruppi che non si sono comportati in modo pacifico ed è una delle cose che i media tossici supportati dall’impero cercano di mistificare. Molte di queste persone sono state finanziate da progetti sovversivi del governo degli Stati Uniti e ricevono sistematicamente denaro per approfittare di situazioni del genere e manifestare contro la Rivoluzione. Anche se, pur manifestando contro la Rivoluzione, non ricevono una risposta repressiva.
In queste proteste ci sono anche persone che dicono: “Aspettate, quello che vogliamo noi è parlare con il Governo e parlare con il Partito”, e non hanno permesso loro di gridare slogan controrivoluzionari o altri tipi di cose. Ma anche l’opinione che può avere chi non è con la Rivoluzione non viene repressa.
Quello che succede è che molte volte, poiché fa parte della stessa piattaforma di sovversione, coloro che protestano in questo modo contro la Rivoluzione, che sono la minoranza, commettono atti di vandalismo e attaccano la proprietà statale, la proprietà sociale, alterano l’ordine pubblico, e questo poi porta ad una risposta che non è dovuta a un’ideologia, è una risposta giudiziaria, una risposta legale come farebbero in qualsiasi altro paese, perché disturbano l’ordine pubblico, disturbano la tranquillità dei cittadini, commettono misfatti o stanno commettendo atti di vandalismo.
Il fatto è che questo non viene presentato così nei media internazionali, viene presentato in un altro modo, perché c’è un copione, una guida per la Guerra Non Convenzionale che propone: in primo luogo, l’esplosione sociale, rivendicazioni o proteste; secondo, la menzogna della repressione poliziesca; terzo, la menzogna dei prigionieri politici, cioè la repressione con i prigionieri politici tra virgolette; poi dimostrare che, a causa di queste cose, esiste uno Stato fallito, e poi i presunti aiuti umanitari e il cambio di regime.
Questo è il copione e la guida della Guerra Non Convenzionale che si applica oggi contro Cuba, che si applica contro il Nicaragua, che si applica contro il Venezuela. Quindi c’è una distorsione e, direi, quel tipo di proteste che sono esistite a Cuba, come dici tu, che è un fatto relativamente nuovo – è cambiato anche il mondo, è cambiata la nostra società, anche le condizioni causate dalla recrudescenza del blocco cambiano le nostre vite – ce ne occupiamo, spieghiamo, e non provoca una rottura tra il popolo e la Rivoluzione, perché, inoltre, abbiamo anche una modalità di lavoro per cui siamo costantemente nei luoghi e parliamo con la popolazione, forniamo informazioni su questi problemi.
Perché non si parla delle proteste negli Stati Uniti, che generalmente si concludono con la brutalità della polizia, soprattutto contro persone afrodiscendenti o umili? Perché non si parla della brutalità della polizia durante le proteste che si sono verificate in questi giorni negli Stati Uniti, nelle università, che sono state pacifiche, totalmente pacifiche, a favore della causa palestinese e contro il genocidio che commette Israele, sostenuto dagli Stati Uniti? Uniti, contro il popolo palestinese.
E quale è stata la risposta che il governo degli Stati Uniti ha dato a questi avvenimenti? Repressione poliziesca, maltrattamenti agli studenti, maltrattamenti anche agli insegnanti, con gli stivali sul collo della gente. Abbiamo visto scene di una professoressa, una persona già anziana, sottomessa, ridotta e umiliata sul pavimento. Questo non succede a Cuba, questo non succede a Cuba!
Ti dico, per esempio, che il 17 marzo eravamo in contatto diretto con i tre luoghi in cui si sono verificate le proteste sociali, verso le sette di sera era tutto in perfetto ordine, e inoltre quel giorno nel Paese si svolgevano le attività diverse tipiche della domenica, e ancora all’una di notte le piattaforme mediatiche d’intossicazione dicevano che “in tutta Cuba” c’era una protesta massiccia. Una menzogna totale, una calunnia.
Dico, Ramonet, cosa puoi aspettarti da un governo della principale potenza mondiale che attacca un Paese il cui unico peccato forse è quello di volere l’autodeterminazione, l’indipendenza, la sovranità e di voler costruire un modello diverso da quello che le vuole imporre il governo degli Stati Uniti vuole imporre, che, come parte della sua politica egemonica, potenzia e acuisce un blocco brutale per tanti anni e che per rovesciare la Rivoluzione deve ricorrere alla menzogna? È così perverso, quelle costruzioni sono così volgari...
Io dico: se abbiamo così torto, se siamo così inefficienti, se davvero siamo così falliti, non applicatemi alcuna sanzione, lasciatemi cadere. Ma no, so che l’esempio di Cuba, e te lo dico senza alcuna espressione di vanteria e, tanto meno, senza alcuno sciovinismo cubano..., sappiamo che rappresentiamo un esempio per l’America Latina, i Caraibi e il mondo, perché vediamo costantemente quante persone nel mondo hanno fatto della solidarietà con Cuba il centro della loro vita.
E questo non è per piacere, ma perché c’è un esempio, perché c’è fiducia, perché c’è una luce che ci guida, con la quale ci assumiamo un impegno enorme, e perché non possiamo deludere. Questa è l’unica cosa che spiega perché un governo potente come quello degli Stati Uniti debba ricorrere a queste pratiche per cercare di sottomettere un piccolo paese.
Presidente, affrontiamo il secondo blocco della nostra intervista. Sono quattro domande sull’economia. La prima: vorrei sapere che valutazione fa dello stato attuale dell’economia cubana e quali misure sta adottando il suo Governo per affrontare alcune delle sfide attuali – oltre ovviamente al blocco – come, ad esempio, l’inflazione; la parziale dollarizzazione che si sta producendo, e anche la mancanza di investimenti diretti esteri significativi?
Ramonet, penso che abbiamo già anticipato la risposta a una parte della domanda quando descrivevamo cosa significava il blocco oggi, perché è proprio quel blocco che condiziona la nuova situazione economica. Cosa faremo per superare questa situazione?
Innanzitutto, è stato progettato un Programma di Stabilizzazione Macroeconomica che sarà sviluppato per un periodo prolungato, diciamo, fino al 2030, e che dovrà essere adattato per raggiungere, nel più breve tempo possibile, gli equilibri macroeconomici di cui il paese ha bisogno.
Lì si affrontano i problemi dell’inflazione, del mercato dei cambi e, ovviamente, del tasso di cambio; si affronta la politica monetaria, la politica fiscale, gli incentivi per la produzione nazionale e le esportazioni. Porta con sé anche elementi relativi a salari, pensioni, occupazione e tutta la riorganizzazione che dobbiamo fare del sistema economico, e le politiche che hanno a che fare con l’uso delle nostre finanze, con l’assegnazione delle risorse, con il ruolo dell’impresa statale, con il rapporto tra l’impresa statale e il resto degli attori economici.
Ora, questo si basa su diverse premesse. Una premessa è che stiamo cercando modi in cui stimolare la produzione nazionale. Perché stimolando la produzione nazionale otteniamo la sovranità economica e possiamo anche soddisfare i bisogni interni del Paese, così che il mercato interno diventi una fonte di sviluppo.
Pensa soprattutto all’agricoltura, ad esempio, rispetto alla sovranità alimentare?
Stiamo parlando proprio di lei. Possiamo produrre una parte importante degli alimenti di cui il Paese ha bisogno e importare meno alimenti. Oggi dobbiamo disporre più di 2 miliardi di dollari per importare alimenti.
Inoltre, da questo aumento della produzione nazionale e dall’efficienza di quella produzione nazionale, dobbiamo anche ottenere competitività nelle esportazioni per far entrare valuta estera e rendere sostenibile quella produzione nazionale. Questo concetto di incentivazione della produzione nazionale e, soprattutto, dell’agricoltura, lo stiamo portando non su scala nazionale, ma piuttosto su scala locale.
Ogni municipio ha un programma di autosufficienza municipale, e ogni provincia ha un programma provinciale di autosufficienza. Vogliamo che tutti questi sforzi e tutta questa costruzione da parte della comunità, del quartiere, del municipio, della provincia raggiungano il paese e stabilizzino la situazione alimentare del paese. Per questo abbiamo sviluppato una Politica di Sovranità Alimentare ed esiste una Legge sulla Sovranità Alimentare.
Sta dando risultati? Vedi i risultati?
Ho un’esperienza. Da gennaio stiamo ricorrendo, ogni mese, tutte le province del Paese e in ogni provincia visitiamo ogni mese un comune diverso. Cosa abbiamo osservato? Abbiamo osservato buone esperienze in cui collettivi operai e di lavoratori, con la leadership di cui dispongono, fanno le cose in maniera diversa e in condizioni di “blocco intensificato”, trovando risposte per ciò che dobbiamo realizzare, molte delle quali anche a livello della produzione alimentare. Ho visto cose molto interessanti in questo senso.
Ciò potrebbe essere esteso ad altre località del Paese?
Esatto, ma diciamo che oggi sono eccezioni. Quindi abbiamo visitato altri luoghi dove le performance non sono adeguate, e dove i gruppi sono forse più sopraffatti dal peso delle restrizioni del blocco e non dal pensiero che vogliamo sviluppare, che è il pensiero di “resistenza creativa”. “A causa del blocco, sono colpito in questo e questo, ma in condizioni di blocco posso fare questo, questo, questo e superare e avanzare.”
Ciò che vogliamo è che questi siano fonte di ispirazione. E quelli, ispirati dall’esempio di chi fa le cose diversamente, acquisiscano quell’esperienza e raggiungano prestazioni migliori. E allora quella che oggi è l’eccezione diventa la regola.
C’è una cosa interessante, perché, ti dico, queste convinzioni e questi criteri che sto condividendo con te non sono un appello e nemmeno una nostra propaganda. È una convinzione che viene proprio da ciò che si sta apprezzando durante quelle visite in ogni parte del Paese.
Quindi, ad esempio, nei giri dello scorso marzo e aprile, cosa abbiamo iniziato a osservare? che i luoghi che hanno chiuso nel 2023, lo scorso anno, con performance improduttive, non redditizie, inefficienti, cominciano a lasciarsi alle spalle questa situazione e cominciano ad avvicinarsi a questo nuovo modello.
Ora, cosa dobbiamo realizzare? Rendere questa trasformazione sostenibile nel tempo. Penso che le risposte ci siano, noi stessi le abbiamo. Cosa diremo loro dopo, quando lo condivideremo con i responsabili dei territori? Dobbiamo ricondurre chi non fa bene le cose ai concetti di chi le fa bene.
L’esperienza è proprio lì. È molto stimolante vedere come, in ogni parte del Paese, ci sono cose che ancora non hanno i livelli produttivi di attività, di contributi di cui abbiamo bisogno. Ma ci sono anche delle luci in quegli esempi.
Da parte dello Stato, sono state fatte le riforme legislative necessarie per agevolare una nuova produzione?
Dobbiamo ancora garantire che l’azienda statale possa operare nelle stesse condizioni in cui lavora il settore non statale, ma oggi l’azienda statale ha un insieme di poteri che le sono stati attribuiti. Anche se non sempre vengono utilizzati bene. Nella stessa misura in cui se ne trarrà vantaggio con una cultura aziendale più avanzata e più flessibile, avrà senza dubbio un impatto.
Quindi, un concetto fondamentale: scienza e innovazione. Un Paese povero come il nostro, con poche risorse naturali ma con molto talento, sa che le risposte ai nostri problemi vanno trovate nella ricerca scientifica, portando tutto questo verso l’innovazione. Ecco perché abbiamo optato per un Sistema di Gestione Governativa basato sulla Scienza e sull’Innovazione da applicare in tutti i settori.
È così che abbiamo affrontato il Covid-19 e ora lo stiamo portando al settore agricolo, nell’ambito dell’industria, alla questione della produzione alimentare. C’è anche attenzione alle persone e alle famiglie in condizioni di vulnerabilità.
Ognuna delle misure che applicheremo deve avere un trattamento in modo che le persone vulnerabili e le famiglie in situazioni di vulnerabilità non vengano colpite, perché il nostro scopo non è creare ulteriori disuguaglianze, al contrario, si tratta di ridurre il gap delle disuguaglianze e di essere in grado di produrre, consapevoli che la ricchezza che siamo in grado di generare è quella che possiamo distribuire e che la distribuiremo con giustizia sociale.
Signor Presidente, tra i cambiamenti avvenuti nell’economia cubana negli ultimi anni compare uno spazio di economia di mercato. In particolare, questa si è ampliata recentemente con lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese, ovvero le MPMI. Come valuta questo fenomeno che sta trasformando il tessuto economico di Cuba?
Credo che vadano fatte alcune precisazioni. Innanzitutto, noi abbiamo un’economia pianificata che tiene conto dei segnali del mercato, ma non è un’economia basata sulla pura economia di mercato. Esiste un concetto di giustizia sociale in cui le leggi del mercato non sono il motore dello sviluppo economico, perché si pensa soprattutto in funzione delle persone.
A volte si critica l’efficienza dell’economia cubana da una concezione puramente economicista, ma io dico: questa economia bloccata, che ancora non soddisfa tutti i nostri bisogni, mantiene importanti conquiste sociali che oggi, a Cuba, si assumono come un diritto; ma in molti luoghi non sono ancora una conquista. Quindi, credo che ci sia anche un certo livello di ingiustizia nel valutare esattamente il comportamento dell’economia cubana.
Da un lato si tratta di un’economia pianificata, ma che tiene conto e riconosce i segnali e le leggi del mercato. D’altro canto, il settore delle MPMI.
In primo luogo, ci sono MPMI statali e ci sono MPMI non statali, private, cioè non è solo un campo del settore privato. E il settore privato esisteva già a Cuba, solo che si è ampliato, perché una parte importante della produzione agricola e zootecnica è nelle mani di contadini privati e di cooperative agricole.
C’era il lavoro autonomo, quello che è successo è che non avendo lo sviluppo delle MPMI, nel lavoro autonomo si confondeva il lavoro stesso e già generava certe articolazioni o certi rapporti che erano più del lavoro autonomo e diventavano organizzazioni.
Erano già piccole aziende con dipendenti.
Aziende di quelle che, pur non essendo riconosciute, funzionavano così. In altre parole, quello che credo è che abbiamo fatto un aggiornamento della situazione che avevamo. E si è proposta una cosa molto coerente: sfruttare tutte le potenzialità che ha il Paese. Si tratta quindi di un’impresa statale che deve svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione socialista, ma che ha come complemento dell’attività economica un settore privato.
Cosa rappresenta attualmente questo settore privato?
Oggi quando si parla delle dinamiche delle MPMI si dice: “No, ma crescono molto”. Stanno crescendo, è un processo relativamente nuovo, e diciamo che abbiamo già circa 10.000 MPMI.
Ma uno dei nostri concetti, come parte della costruzione socialista, è che i principali mezzi di produzione sono nelle mani dello Stato e sono rappresentati da aziende statali. Pertanto, il peso maggiore dell’economia è nel settore statale, senza negare questo importante contributo del settore non statale.
Penso che sia stato anche un ambito relativamente nuovo nel miglioramento del nostro sistema economico-sociale. Ora dobbiamo correggere alcune distorsioni che esistono nei rapporti tra l’impresa statale e gli enti statali con gli enti non statali, in modo tale che ognuno, come parte di un insieme di attori economici nella nostra società, contribuisca e sia inserito nel Piano Nazionale di Sviluppo Economico e Sociale.
Ed è per questo che, con lo scambio con questo settore non statale, con lo scambio con il settore imprenditoriale cubano, stiamo aggiornando tutto un insieme di norme affinché funzioni con più coerenza e migliori davvero l’economia del paese grazie al contributo dello Stato e dal contributo di questo settore non statale.
Qui stiamo anche insistendo affinché molte di queste imprese si formino a partire dal concetto di impresa ad alta tecnologia e di impresa innovatrice, e possiamo averle nel settore statale. Perché una delle caratteristiche delle MPMI, siano esse statali o private, è che sono imprese che, per la loro concezione, per il modo in cui operano, si adattano più rapidamente ai cambiamenti e hanno più capacità di innovazione. Sono più piccole, funzionano in modo più flessibile e, pertanto, i contributi e le dinamiche che possono apportare all’economia sono molto importanti.
Crede che questo settore continuerà ad espandersi?
Credo che questo settore continuerà ad espandersi, continuerà a far parte della nostra rete di attori economici e sarà un settore che non sarà nemico della Rivoluzione. È un settore che darà un contributo perché, inoltre, è un settore che è stato creato nelle condizioni della Rivoluzione.
Anche se c’è una pretesa molto diretta, che conosciamo, da parte del governo degli Stati Uniti di cercare di trasformare questo settore in un settore di opposizione alla Rivoluzione. Adesso c’è un’enorme contraddizione, ci sono senatori, deputati, opinionisti negli Stati Uniti, che dicono che si devono sostenere e investire denaro nelle MPMI per trasformarle in agenti di cambiamento.
Altri sostengono che le MPMI, poiché sono mostruosità dello Stato cubano per ottenere una certa facciata, devono essere eliminate. Anche loro stessi hanno una contraddizione. Contraddizione che a Cuba non si genera. A Cuba fanno parte di un tessuto imprenditoriale necessario per continuare ad avanzare nella costruzione socialista, coinvolti e impegnati nel Piano Nazionale di Sviluppo Economico e Sociale e attenti a garantire che non ci siano distorsioni in questo impegno.
Presidente, parleremo di Covid-19, anche se lei ha già detto prima alcune parole importanti; Ma ricordiamoci che Cuba, grazie ai suoi scienziati, grazie alle sue industrie biofarmaceutiche, è stato uno dei pochi paesi al mondo che ha potuto vaccinare tutta la sua popolazione con i propri vaccini. Un’impresa eccezionale soprattutto nel contesto di un Paese bloccato e con risorse limitate. Quali lezioni ha imparato da quella crisi? E soprattutto, quali nuovi contributi Cuba potrebbe dare al mondo in termini di salute?
Ramonet, per prima cosa penso che dobbiamo parlare del fatto che il mondo è stato scosso dal COVID-19 e che il mondo deve trarre lezioni dal COVID-19. Credo che la prima lezione che il mondo dovrebbe imparare dal COVID-19 è che dobbiamo dedicare più risorse, più finanziamenti, più denaro per realizzare, in tutti i paesi, sistemi sanitari potenti, pubblici e resilienti a beneficio di tutti e non a beneficio di una minoranza. D’altronde è importante la cooperazione internazionale sul Covid-19 e non l’egoismo.
Io, forse un po’ idealisticamente – ha a che fare con le convinzioni che si hanno, con la formazione all’interno della Rivoluzione – aspiravo a che dopo il COVID-19 il mondo fosse più solidale, il mondo cooperasse di più, il mondo si complementasse meglio, ed è successo il contrario: il mondo è andato alla guerra, all’aumento delle sanzioni, ai blocchi, alla costruzione di muri per risolvere i problemi internazionali.
Tutta la questione dei social network dove ci sono omicidi di reputazione, bullismo, cattiverie, bugie, calunnie e, soprattutto: quell’incitamento all’odio, quel discorso volgare, quel discorso banale che non aiuta un migliore rapporto a livello internazionale. Questo ci dimostra che abbiamo bisogno di un Nuovo Ordine Economico Internazionale che sia inclusivo, che garantisca equità, che sia giusto, che sia solidale, il che è l’opposto dell’attuale Ordine Economico Internazionale.
Cosa abbiamo imparato noi dal COVID-19? Un primo insegnamento ha a che fare con quello che abbiamo imparato dal Generale d’Esercito Raúl Castro. Il Covid-19 girava il mondo, cominciavano già le prime notizie del Covid-19, ma a Cuba non c’erano ancora casi – parliamo di gennaio 2020 –, e Raúl ci ha detto: dobbiamo studiare immediatamente cosa sta succedendo mondo e preparare un piano nazionale per affrontare l’epidemia.
In altre parole, abbiamo imparato che dovevamo avere la capacità di progettare una strategia per affrontare il COVID-19 che coinvolgesse tutte le istituzioni statali, e anche le istituzioni sociali e il settore non statale dell’economia. In definitiva, come Paese, dovevamo assumere una piano nazionale che ci consentisse di prevenire e di preparare le condizioni per affrontare tale situazione.
Questo è un primo insegnamento, perché noi, grazie a quel piano, a quella strategia, siamo stati in grado di andare avanti.
Voi avete iniziato, in una certa misura, prima che il COVID-19 si diffondesse nel mondo.
Per prepararci prima che arrivasse il primo caso. Ciò ha significato formare il nostro personale nelle esperienze che c’erano nel mondo, studiare la malattia e ad altre cose che ora ti spiego, che sono anch’esse esperienze e che derivano da quella. Ma il concetto che più ingloba ciò che abbiamo fatto e ciò che abbiamo imparato è quella visione di Raúl, che diceva: preparate una strategia, preparate un programma, preparate un piano per affrontare la malattia.
Il secondo, la cooperazione internazionale. Abbiamo immediatamente inviato brigate mediche cubane in più di 46 paesi, dove in quel momento, in alcuni, si trovava l’epicentro della malattia. In Italia, ad esempio, in Lombardia. Ciò ci ha permesso di sostenere quelle persone, aiutare, collaborare. Ma abbiamo anche imparato. Abbiamo imparato!
Ricordo che avevamo la pratica che, ogni volta che una brigata tornava, ci incontravamo con loro e loro ci riferivano tutte quelle esperienze, e noi incorporavamo tutte quelle esperienze nel piano.
In terzo luogo, sviluppare una rete di laboratori di ricerca di biologia molecolare, che diventino elementi importanti per poter elaborare tutti i campioni che, nei casi di queste epidemie, sono massicci in un determinato momento, soprattutto quando la pandemia raggiunge il picco; ma quando non ci sono picchi pandemici, diventano la possibilità di avere dei riferimenti, dei dati con dei campioni per sapere quali livelli di diffusione ha la malattia.
Il ruolo dell’epidemiologia come scienza all’interno del Sistema Sanitario, perché molte di queste malattie devono essere affrontate anche con una logica epidemiologica: come si taglia la trasmissione, come evitarla, come agire; il lavoro globale di tutte le organizzazioni della società e in particolare il collegamento, nel caso cubano, del Sistema Sanitario – che è un sistema robusto, dobbiamo dire, in mezzo alla situazione attuale, figurati che noi affrontavamo il COVID-19, come vi ho detto, in mezzo al “blocco intensificato” e già inclusi nella lista dei “paesi che sponsorizzano il terrorismo” –, il collegamento e il coordinamento del Sistema Sanitario con l’agenzia cubana di regolamentazione dei farmaci, Cecmed, e con l’industria biofarmaceutica, perché allora questo accorcia i tempi delle sperimentazioni cliniche, ti dà la capacità di fare sperimentazioni cliniche, ti dà la capacità di generare nuovi farmaci o di proporre l’uso di farmaci esistenti per perfezionare i protocolli di cura della malattia.
Il Sistema di Gestione basato su Scienza e Innovazione. Questo ha avuto un ruolo fondamentale, abbiamo sistematizzato un incontro, che ancora oggi manteniamo, generalmente ogni martedì alle tre del pomeriggio, con gli esperti, gli scienziati e le istituzioni che hanno lavorato sul fronte del Covid-19, da qui è venuto fuori un intero gruppo di indagini scientifiche.
Qui c’erano in programma più di mille ricerche scientifiche, temi di ricerca scientifica; valutazione dei risultati di queste ricerche, e da lì è nata la generazione dei nostri vaccini. Ricordo che quando cominciammo ad avere il picco pandemico con il ceppo Delta, e vedevamo che i meccanismi di distribuzione dei vaccini nel mondo erano totalmente ineguali e favorivano i ricchi e non i poveri, abbiamo detto ai nostri scienziati: “Abbiamo bisogno di vaccini cubani per avere la sovranità e affrontare tutto questo”. E tre mesi dopo c’era il primo candidato vaccino.
Conosciamo il resto della storia: cinque candidati vaccini, oggi tre sono vaccini ben collaudati in efficienza ed efficacia; Altri due sono ancora in fase di sperimentazione clinica e saranno vaccini molto promettenti, e da quando abbiamo iniziato ad applicarli...
Ah! questa è un’altra lezione: potresti avere la capacità di generare i vaccini, il che non è molto comune, non più di dieci i paesi sono stati in grado di produrre i propri vaccini, nessuno del Sud. E c’erano potenze che non ci sono riuscite, e noi abbiamo condiviso e trasferito quella tecnologia ad altri paesi e l’abbiamo condivisa con altre nazioni.
Significa avere la capacità di produrre i propri vaccini, ma avere la capacità di poter affrontare una campagna di vaccinazione di massa in breve tempo. Abbiamo somministrato 40 milioni di dosi di vaccini in meno di due anni, per questo bisogna avere un sistema organizzato a livello sociale, a livello comunitario, perché non solo si vaccinava nei policlinici, ma c’erano istituzioni come le scuole dove si organizzavano consultori di vaccinazione dove c’era il personale sanitario, ma insieme alle istituzioni sociali per effettuare questa vaccinazione.
Se non ci fosse stata tutta quella preparazione, non saremmo stati in grado di affrontare tutto questo. E i vaccini hanno salvato il Paese! Quando abbiamo vaccinato con una sola dose più del 60% della popolazione, il picco pandemico è subito crollato. Dopo che abbiamo aperto le frontiere del paese, è entrato il ceppo Omicron, che ha causato picchi pandemici più alti nel mondo, a Cuba un terzo del picco pandemico precedente ed è durato solo due o tre settimane, perché il livello di immunità che aveva il nostro popolo per gli effetti del vaccino erano elevati.
Cuba ha dimostrato o confermato in quel momento che, nonostante tutte le difficoltà di cui abbiamo parlato qui, era una potenza in termini di salute. Quali annunci potresti fare oggi all’umanità riguardo al contributo che potrebbero dare gli scienziati cubani?
In questo momento, sulla base di tutti questi apprendimenti, cosa ci siamo proposti? È stato preparato un intero compendio con tutte le esperienze per includere tutti questi insegnamenti nel nostro Sistema Sanitario.
In secondo luogo, si difende il programma con il concetto di “una sola salute”, che collega tutto, dalla diagnosi, al trattamento d’emergenza e all’analisi completa delle malattie. Il COVID-19 ha confermato quanto siano utili le cure primarie e ora stiamo aggiornando questi insegnamenti che ci vengono dal COVID-19 nell’ambito delle cure primarie. Continuiamo a sviluppare la capacità diagnostica.
Oltre a utilizzare i PCR, siamo giunti a progettare, con nostre istituzioni scientifiche, nostri meccanismi di diagnosi e tecniche diagnostiche di supporto. Abbiamo continuato e possiamo condividere con il mondo gli studi sulle conseguenze lasciate dal COVID-19.
Il problema non era solo affrontare la malattia, non era solo salvare vite umane, ma come garantire la qualità della vita a coloro che erano stati pazienti affetti da COVID-19 e sono sopravvissuti alla malattia. Ci sono importanti progressi. Stiamo lavorando – la nostra popolazione è invecchiata – sui temi dell’Alzheimer, del morbo di Parkinson, su studi su un importante gruppo di malattie degenerative, cioè esiste un’ampia gamma di risultati scientifici che continueranno a rafforzare la qualità della salute cubana, ma anche a livello internazionale.
In questo momento, con le licenze concesse – nell’ambito dell’inasprimento del blocco del governo degli Stati Uniti – stiamo portando avanti, insieme a istituzioni nordamericane, due importanti studi clinici: uno su un vaccino contro il cancro ai polmoni che abbiamo già testato in Cuba, che ha ottimi risultati.
E recentemente è stato autorizzato lo studio di una sperimentazione clinica in relazione al medicinale Heberprot-P, che è un medicinale che aiuta le persone che soffrono di diabete, il trattamento delle ulcere del piede diabetico, a livelli impressionanti, come riesce a curare l’ulcera del piede diabetico ed evita una delle cose più spiacevoli per una persona, ovvero l’amputazione.
Oggi nel mondo un’amputazione costa migliaia di dollari in qualsiasi Paese e, in più, ci sono tanti pazienti affetti da diabete, tanti pazienti la cui soluzione al progressivo avanzamento di questa malattia è purtroppo l’amputazione. Anche questi sono risultati importanti.
Penso che queste parole saranno ampiamente commentate, cioè daranno molta speranza a tante persone nel mondo, e speriamo che la scienza cubana raggiunga questi risultati, Presidente.
E stiamo lavorando anche sulla ricerca per mettere a punto un vaccino contro il dengue.
Esiste già un vaccino giapponese contro il dengue...
Ciò su cui stiamo lavorando qui è un vaccino… Esistono circa quattro ceppi di dengue. Un vaccino che non funzioni solo su un ceppo ma funzioni su tutti i tipi di dengue esistenti.
Presidente, lei è un difensore dell’uso della tecnologia, e sappiamo tutti che la tecnologia, l’intelligenza artificiale, la digitalizzazione stanno trasformando le nostre società. Lei ha optato in particolare per l’informatizzazione della società cubana. Potrebbe dirci come sta procedendo questo progetto e cosa porta l’informatizzazione della società alle cittadine e ai cittadini cubani?
Definiamo tre priorità della gestione governativa, che sono: in primo luogo, l’Informatizzazione della Società, che ora abbiamo avanzato come concetto e lo abbiamo portato a “Trasformazione Digitale della Società”, sembra la stessa cosa ma non lo è. La questione non è solo portare tutto sulle piattaforme digitali ma avere un concetto di vita e un modo di agire digitale.
In altre parole, difendiamo la trasformazione digitale come pilastro della gestione governativa insieme alla scienza, all’innovazione e alla comunicazione sociale. Sono i tre pilastri del governo e sono strettamente correlati. Quindi, direi che la trasformazione digitale della società è una realtà.
Abbiamo 7,7 milioni di persone registrate alla telefonia mobile e circa 8 milioni hanno accesso a Internet. Abbiamo ampliato le reti mobili, anche se dobbiamo ancora raggiungere una maggiore copertura, questo ha anche a che fare con il fatto che richiede investimenti tecnologici e passa per tutti questi problemi, ma siamo riusciti a mantenere un livello.
Oggi siamo al di sopra della media a livello mondiale. Si è svolto un dibattito molto aggiornato sui temi della trasformazione digitale, dell’intelligenza artificiale e dell’economia digitale. Nell’ambito di tutto questo dibattito, abbiamo fondato, alcuni anni fa, l’Unione degli Informatici di Cuba, dove si riuniscono anche tutte le persone, gli esperti di questi argomenti e si promuovono anche molti dibattiti e anche uscite a sostegno dei processi di trasformazione digitale.
Nelle prossime settimane verranno presentati al Consiglio dei Ministri l’aggiornamento della Politica di Trasformazione Digitale del Paese, l’Agenda Digitale del Paese e la Politica per l’Uso dell’Intelligenza Artificiale, qui con un approccio olistico, cioè non vediamo solo l’intelligenza artificiale per i risultati che ci possa dare nei processi produttivi di servizi alla popolazione in termini di efficienza, ma anche in termini etici, e tutto un insieme di elementi di cui bisogna tenere conto sull’intelligenza artificiale.
Stiamo portando avanti la trasformazione digitale e porteremo il contributo dell’intelligenza artificiale anche nei seguenti ambiti: nell’area del settore produttivo di beni e servizi, perché la trasformazione digitale e l’intelligenza artificiale possono aiutarci molto nel raggiungimento dell’efficienza nei processi produttivi e nei servizi, soprattutto quando dobbiamo affrontare una dinamica demografica che vede il Paese sempre più invecchiato, quindi dobbiamo cercare di rendere più efficienti i nostri processi produttivi e di servizio, così che con meno persone abbiamo maggiore produttività al servizio della maggior parte della popolazione, e quindi l’automazione, l’informatizzazione, la digitalizzazione sono strumenti che danno buoni risultati.
La digitalizzazione è stata portata anche nel campo della pubblica amministrazione, perché un elemento importante in cui stiamo sviluppando la trasformazione digitale è il Governo Elettronico, il che significa che c’è interazione tra i cittadini e tutta l’attività di governo, che garantisce anche maggiori spazi di partecipazione dei cittadini nella gestione del governo. Siamo riusciti, ad esempio, a far sì che tutti i comuni del Paese, tutte le province, tutti i ministeri e la maggior parte delle istituzioni dispongano di portali digitali o piattaforme web con cui interagiscono con la popolazione.
Negli ultimi tempi, i progetti di legge che sono stati portati all’approvazione dell’Assemblea Nazionale hanno potuto essere messi prima su piattaforme digitali, sono stati raccolti, mediante l’interazione, i suggerimenti della popolazione e questo ci ha portato all’Assemblea Nazionale con modifiche che rafforzano e perfezionano questo processo di creazione normativa.
Presto presenteremo il Portale del Cittadino Cubano. Sarà una piattaforma dove il cittadino cubano potrà costruire il suo profilo e quindi accedere ad una enorme moltitudine di procedure senza dover passare per gli uffici, senza carta e ciò renderà la sua vita molto più fattibile.
In realtà, molte di queste procedure sono già presenti sulle piattaforme di alcune organizzazioni e istituzioni, ma ora ci sarà un’unica piattaforma e con il tuo profilo hai la possibilità di tutte queste procedure e, inoltre, al suo interno ci saranno molte informazioni alla popolazione. Si può cercare qualsiasi dubbio che si ha su un processo, su un procedimento, su una legge, su un certo problema, puoi lavorarci sopra e sarà un altro salto in questo.
Tutto questo processo di trasformazione digitale e utilizzo dell’intelligenza artificiale lo stiamo supportando con lo sviluppo della cibersicurezza, per evitare gli attacchi informatici, per avere sicurezza su tutte queste piattaforme. In modo molto creativo, e sono una delle cose che impressionano costantemente e soprattutto, per l’attività dei giovani, il nostro paese dispone oggi di tutta una serie di applicazioni informatiche, applicazioni per cellulari sviluppate localmente dai cubani che funzionano perfettamente.
Abbiamo già anche la variante nel nostro negozio, che è un’applicazione chiamata Apklis, dove puoi scaricare applicazioni cubane e applicazioni da altri posti, ma stanno lì, ci sono diverse applicazioni cubane, molte di loro stanno diventando un riferimento per la popolazione. Abbiamo sistemi operativi cubani, abbiamo progettazioni e produzioni ancora limitate per problemi di finanziamento, di attrezzature informatiche cubane, laptop, tablet, PC.
C’è la robotizzazione?
Abbiamo anche esperienze di robotizzazione. Un esempio: ai tempi del Covid-19 volevamo ampliare le sale di terapia intensiva per evitare il collasso degli ospedali. Ogni volta che andavamo in un’azienda a comprare ventilatori polmonari ce li negavano, a causa delle leggi sul blocco.
Abbiamo affidato l’incarico a un gruppo di giovani scienziati di una delle nostre istituzioni, e sono stati realizzati i prototipi che oggi sono ventilatori polmonari ad alte prestazioni, con livelli di digitalizzazione, ti dico, brillanti, eccellenti. Ne è stato confermato l’uso, la qualità da parte dei migliori esperti di terapia intensiva, di anestesia del nostro paese, da parte di personale medico altamente qualificato.
E ti dico che questa è un’altra delle cose che ci rendono orgogliosi come cubani: che si chieda qualcosa al nostro personale scientifico, tra cui i giovani, e che ci siano risposte immediate, ma risposte di alto livello, cioè all’altezza di qualsiasi sviluppo a livello internazionale.
Intelligenza artificiale: state sviluppando applicazioni vostre?
Sì, abbiamo le nostre piattaforme in fase di sviluppo, le nostre applicazioni, i nostri progetti per incorporarli nei processi produttivi e nei processi di servizio.
State lavorando sull’informatica quantistica?
Anche. Certo, l’acquisizione dei computer quantistici passa già attraverso tutti questi problemi, ma noi abbiamo la preparazione, abbiamo specialisti formati, c’è tutto un livello di conoscenza, aggiornamento e scambio internazionale.
Ritiene che, su questi temi in particolare, si possa lavorare nel quadro dell’integrazione latinoamericana?
Credo di sì, era una delle cose che abbiamo proposto. Ora, quando siamo stati all’anniversario dell’ALBA nella riunione dell’ALBA in Venezuela, è stata presentata la necessità di creare piattaforme che integrino l’America Latina e i Caraibi, i paesi dell’ALBA in relazione alla questione della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale. Noi, con modestia, abbiamo detto che eravamo disposti a collaborare con gli sviluppi che abbiamo nel paese.
Anche con unità docenti, università specializzate?
Unità dicenti, preparazione, partecipazione a progetti congiunti; mettere a disposizione del resto dei Paesi le nostre applicazioni. Questa è una delle cose che sta già avendo effetto. Abbiamo anche avviato un processo bancario, cioè la digitalizzazione del sistema bancario cubano, che ha a che fare con queste cose che stiamo realizzando.
Abbiamo inoltre numerose applicazioni nei sistemi di georeferenziazione dei processi, geolocalizzazione dei processi; il lavoro per la stima dei raccolti attraverso l’utilizzo di queste tecnologie. C’è un enorme desiderio di conoscenza e di sviluppo nei giovani scienziati e professionisti cubani.
Signor Presidente, affrontiamo il terzo blocco di questa intervista, quello sulla politica internazionale. Da anni Cuba riporta una grande vittoria nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite contro il blocco illegale degli Stati Uniti. Ma è evidente che questa vittoria non ha portato a risultati concreti, gli Stati Uniti non cedono e non tolgono il blocco. Quali nuove iniziative potrebbe annunciare per procedere verso la rimozione del blocco? Le chiedo, ad esempio, ha provato a parlare direttamente con il presidente Biden?
Ramonet, la visione che hai sull’argomento è vera, e richiede anch’essa alcune riflessioni. Com’è possibile che la potenza più potente del mondo non riceva quasi alcun sostegno? Tutti gli altri paesi votano a favore di Cuba nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e non vi è alcuna risposta.
Ciò dimostra solo l’arroganza dell’impero e, cosa ancora più grave, dimostra il disprezzo per ciò che pensa il resto del mondo. È per il disprezzo verso i nostri popoli, quando il mondo intero vede come un fatto vergognoso che un piccolo paese sia sottoposto ad un blocco criminale e genocida, come quello del governo degli Stati Uniti contro Cuba, che si facciano orecchi da mercante di fronte a quella richiesta mondiale.
E, attenzione, questa richiesta non si esprime solo nel voto alle Nazioni Unite, ma è sempre più comune il numero di paesi, organizzazioni di paesi, blocchi regionali e istituzioni internazionali che, anno dopo anno, approvano anche risoluzioni contro il blocco. Sempre più leader di paesi si pronunciano esplicitamente contro il blocco.
Ad esempio, nell’ultima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dove è stata discussa la questione del blocco, 44 leader di tutti i tipi di ideologie provenienti da paesi di tutto il mondo si sono espressi contro il blocco. E sono sempre di più gli eventi ormai quotidiani di attività di protesta contro il blocco che giorno dopo giorno, fine settimana dopo fine settimana, si svolgono nel mondo.
Abbiamo comunicato, attraverso mezzi diretti e indiretti, all’attuale Governo degli Stati Uniti che siamo disposti a sederci attorno a un tavolo, in condizioni paritarie, senza imposizioni e senza condizionamenti, per parlare di tutte le questioni che hanno a che fare con la rapporto tra Cuba e gli Stati Uniti, tutti gli argomenti di cui vogliano discutere.
Perché, in fin dei conti, nel blocco esiste un rapporto, diciamo, unilaterale: il governo degli Stati Uniti è stato quello che ha imposto unilateralmente il blocco, quindi il governo degli Stati Uniti è quello che deve, unilateralmente, rimuovere il blocco.
Non chiediamo favori né dobbiamo compiere alcun gesto per far eliminare il blocco, è semplicemente un diritto del popolo cubano. Un diritto a potersi sviluppare in un ambiente di pace, uguaglianza, senza misure coercitive, senza imposizioni, e noi siamo disposti. Ma il governo degli Stati Uniti non ha mai risposto a questo.
Neanche questa attuale amministrazione?
Neanche questa. Siamo convinti che l’attuale amministrazione non abbia alcuna volontà di cambiare la situazione nei confronti di Cuba, soprattutto perché ha dato molta priorità alla sua politica verso gli interessi di una minoranza, che è la mafia cubano-americana che vive in Florida.
Con differenze ideologiche, che avremo sempre, ma potremmo avere un rapporto civile tra vicini, dove ci possa essere cooperazione, scambio economico, commerciale, scientifico, finanziario, culturale, in tutti gli ambiti della vita. Potrebbe essere una relazione normale, come quella che hanno gli Stati Uniti con un altro gruppo di paesi che non condividono le sue posizioni.
Anche con Paesi che sono stati grandi avversari.
Sì, grandi avversari. Allora perché questa crudeltà con Cuba? Inoltre, noi facciamo una differenza, non abbiamo nulla contro il popolo nordamericano, questa è una questione che riguarda il governo degli Stati Uniti.
Come spiega questa posizione del presidente Biden, che era il vicepresidente di Barack Obama quando è cambiata un po’ quell’atmosfera e le relazioni erano state ristabilite?
È inspiegabile. Obama ha iniziato a costruire un rapporto diverso. Ciò spiega solo che, negli Stati Uniti, la questione non riguarda i partiti, democratico o repubblicano. C’è un complesso militare-industriale, dietro di esso c’è un’altra costruzione di potere, nell’ombra, che è quella che decide le posizioni del governo degli Stati Uniti, che sono le posizioni imperiali.
E c’è questa situazione che è la subordinazione di un gruppo di interessi, soprattutto per questioni elettorali, alle posizioni della mafia cubano-nordamericana.
Ha qualche speranza che le prossime elezioni possano cambiare questa situazione?
Magari cambiassero e potessimo avere lo spazio per discutere faccia a faccia tutte le nostre posizioni e che ci fosse un altro tipo di rapporto e che il blocco venisse tolto. Ma la mia convinzione è che dobbiamo superare il blocco da soli, con le nostre capacità, con il nostro lavoro, con il nostro talento, con la nostra intelligenza e con il nostro sforzo.
Questa sarebbe la migliore risposta all’ostinazione nel mantenere per così tanti anni questo blocco genocida contro il nostro popolo.
In particolare, sorprende che Biden abbia mantenuto l’inclusione di Cuba nella lista dei “paesi che aiutano il terrorismo”, decisa da Trump pochi minuti prima di lasciare la Casa Bianca.
Tutto, ha mantenuto tutto. Ma, in più, l’amministrazione Biden ha intrapreso azioni molto perverse contro Cuba. Ti ho parlato dei ventilatori polmonari durante il COVID-19. Durante il COVID-19, il nostro impianto di produzione di ossigeno medicinale è colpito e quando siamo andati a comprare ossigeno medicinale nei paesi dell’area, dove avremmo potuto avere il prodotto necessario nel paese in meno tempo, il governo degli Stati Uniti ha fatto pressione sulle aziende che ci potevano fornire ossigeno medicinale affinché quell’ossigeno non arrivasse a Cuba.
Questa è un’azione totalmente criminale. Immagina nel mezzo di una pandemia, con stanze di terapia intensiva, con persone che hanno problemi respiratori, a quelle persone viene negato il servizio, le stavano condannando a morte. Abbiamo dovuto fare uno sforzo enorme, anche se abbiamo avuto l’aiuto di altri paesi, per superare questa situazione. Questa è una cosa che non si dimentica, Ramonet, è stata un’azione così perversa...
Il modo in cui hanno manipolato la situazione del Covid-19 a Cuba, quando loro avevano una situazione più complessa della nostra. Noi abbiamo gestito la risposta al Covid-19 meglio dello stesso governo degli Stati Uniti, che dispone di denaro e ricchezza. Hanno chiamato un SOS per Cuba, tutta la manipolazione mediatica, tutti gli avvenimenti dell’11 luglio 2021.
Oggi hanno così tanto cinismo che sono capaci di affermare che non sono passati ad un altro momento nelle relazioni con Cuba a causa di quello che è successo l’11 luglio. Questo è un enorme cinismo ed è una colossale menzogna con la quale vogliono giustificare la loro posizione davanti al mondo.
Potrebbe esserci qualche speranza nell’informazione secondo cui il presidente Biden annuncerebbe alle primarie repubblicane della prossima estate chi sarà il suo vicepresidente, che non sarebbe più Kamala Harris, ma Michelle Obama. Pensi che, se confermato, lascerebbe qualche speranza?
Penso che oggi sia tutto puramente speculativo. La situazione che c’è negli Stati Uniti, la situazione interna, non ci consente di prevedere oggettivamente da che parte sarà favorevole o meno il voto della popolazione, che, peraltro, oggi è molto colpita dagli eventi dell’economia interna; argomenti molto domestici come la questione dell’aborto; questioni internazionali come quella della Palestina, la questione della guerra in Ucraina.
In altre parole, c’è tutta una serie di situazioni che fanno parte della vita del popolo americano, e non credo che oggi si possa dire con precisione da che parte potrebbe stare il voto del popolo americano. Ci sono tanti indecisi, ci sono posizioni all’interno dei partiti stessi che si isolano dalla posizione. In ogni caso, una pubblicità di una persona come Michelle Obama potrebbe avere una lettura diversa.
Signor Presidente, lei ritorna da Mosca dove, oltre a partecipare alla cerimonia commemorativa della Vittoria sul Nazismo, ha partecipato anche alla Plenaria del Supremo Consiglio Economico Eurasiatico. Sta cercando nuove alleanze economiche? Cuba pensa di integrarsi, in un modo o nell’altro, nella piattaforma BRICS?
Questo è stato un viaggio molto interessante, perché è stato un viaggio di anniversari, direi in un certo senso, no?, e di eventi importanti. Innanzitutto, siamo arrivati a Mosca nel momento in cui il presidente Putin era presente alla cerimonia di insediamento. Non siamo stati invitati lì, è stata una cerimonia molto intima e privata.
Abbiamo partecipato per la prima volta di persona al Consiglio Supremo dell’Unione Economica Eurasiatica, perché tutte le altre partecipazioni erano state negli anni del COVID-19 e lo avevamo fatto virtualmente. Non si tratta quindi di entrare in una nuova alleanza, è un’alleanza nella quale siamo già da tempo. E sono trascorsi dieci anni dalla costituzione dell’Unione Economica Eurasiatica.
È stato quindi anche un momento di bilancio dei risultati di quell’integrazione regionale nella quale abbiamo lo status di Paese Osservatore. E si stava commemorando il 64° anniversario dell’instaurazione delle relazioni tra l’Unione Sovietica e Cuba, che sono le relazioni che oggi continuano con la Federazione Russa, ma con un elemento importante: i paesi membri dell’Unione Eurasiatica erano ex repubbliche dell’Unione Sovietica.
Credo che in dieci anni l’Unione Eurasiatica abbia dimostrato una capacità di importanti dinamiche economico-commerciali, e che il prodotto interno lordo di questi paesi della regione sia cresciuto molto, e difenda principi molto giusti in relazione allo sviluppo economico e alla complementarità tra questi Paesi.
Per noi è uno spazio di opportunità, perché possiamo contribuire soprattutto in temi come la biotecnologia e l’industria farmaceutica, possiamo sfruttare quello spazio a partire da quando i nostri farmaci saranno riconosciuti dalle agenzie regolatorie di quei paesi, ed anche entrare in un mercato che per noi è più accessibile, perché anche loro hanno intenzioni e bisogno di questi medicinali e del trasferimento di tecnologie e di fare investimenti congiunti.
Apre inoltre uno spazio che permette agli investitori di questi paesi per partecipare a programmi di sviluppo economico e sociale nel nostro paese. Ed è molto attuale condividere con loro il tema della sovranità alimentare, che è uno dei punti dell’intera Unione; e la questione della sostenibilità ambientale, cioè lo sviluppo sostenibile e il rispetto dell’ambiente e lo sviluppo di una cultura della sostenibilità, che è anche un principio di cui teniamo conto nel nostro sviluppo; la sovranità alimentare e lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. Pertanto, per noi è uno spazio importante.
Per quanto riguarda i BRICS, si tratta di una delle alternative che esistono oggi nel mondo, di un blocco di paesi che apre l’aspettativa di rompere l’egemonia nordamericana nelle relazioni internazionali. I BRICS diventano quindi uno spazio alternativo, inclusivo, i BRICS sono aperti ai paesi del Sud.
Si sono ampliati lo scorso 1 gennaio.
Sì, sono stati appena ampliati. I BRICS hanno mostrato la volontà di stabilire relazioni con il continente africano, con l’America Latina e i Caraibi; Si fonda su un rapporto fatto di più consenso, più equità e rispetto. D’altro canto, propongono anche un’alternativa al dollaro e promuovono il commercio con le valute proprie di ciascun paese o un commercio compensato dallo scambio di prodotti e servizi generati da ciascuno dei paesi.
Hanno anche una Banca di Sviluppo presieduta da Dilma Rousseff.
Sì, hanno una Banca di Sviluppo presieduta da Dilma, che è una leader riconosciuta e con una visione politica verso i problemi del Sud. E i cinque paesi fondatori dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) sono paesi che mantengono ottimi rapporti con Cuba. Stiamo studiando, ne abbiamo discusso anche adesso nell’incontro con il presidente Putin, che Cuba ha l’aspirazione di poter entrare nei BRICS.
Il prossimo vertice sarà in Russia, il 22 ottobre, a Kazan, pensa di partecipare?
Tutto ora dipende da come si svolgeranno gli eventi.
Sembra che si voglia creare un nuovo tipo di membro, il membro “socio” o membro associato, così ci sarebbe spazio per Cuba.
Ci sarebbe spazio per Cuba e dipende anche dal consenso raggiunto con i Paesi che hanno la direzione dei BRICS. Per esempio, sono stati molto coerenti e hanno permesso a Cuba di partecipare al Vertice del Sud Africa del 2023 non solo come Paese, ma anche in rappresentanza del Gruppo dei 77+Cina, perché allora avevamo la Presidenza pro tempore, e dobbiamo dire che hanno dedicato tutta la loro attenzione alle proposte del Gruppo dei 77+Cina che Cuba ha presentato in loro nome, e anche alla posizione cubana.
Credo che sia un ambiente molto favorevole per le relazioni Sud-Sud e che apra una nuova prospettiva anche per quel Nuovo Ordine Economico Internazionale che è necessario.
Signor Presidente, siamo arrivati alla fine di questa intervista, è l’ultima domanda e riguarda l’America Latina: le crisi si moltiplicano in America Latina e nei Caraibi – c’è stato l’assalto all’Ambasciata del Messico in Ecuador. Il Comando Sud degli Stati Uniti sta creando basi militari in Guyana, rappresentando così una minaccia al Venezuela e alla sua storica rivendicazione sull’Essequibo. In Argentina, il presidente Javier Milei sta distruggendo decenni di progresso sociale. Ad Haiti le difficoltà non finiscono mai. Che lettura dà di queste situazioni? E in cosa può contribuire Cuba per promuovere in questa regione la sovranità, la pace e il progresso?
Questa è l’espressione di tutte le contraddizioni che esistono a livello globale e che si manifestano anche a livello regionale nel caso dell’America Latina e dei Caraibi. Credo che sia anche un’espressione della tenacia dell’impero nel mantenere la Dottrina Monroe, con quel concetto imperialista di “America per gli americani“, che non è l’America Latina e i Caraibi per tutti noi che viviamo nel continente. L’America Latina e i Caraibi sono subordinati al Nord America e al potere dell’impero.
Pertanto, anche questa è un’espressione della visione nordamericana di disprezzo verso i nostri popoli, e della visione nordamericana dell’America Latina e dei Caraibi come suo cortile. Ora, un’America Latina e i Caraibi che, da un lato, hanno un gruppo di governi che hanno portato avanti processi rivoluzionari sottoposti ai maggiori intoppi, pressioni, sanzioni, insulti, attacchi e ingerenze, come sono: Cuba, Venezuela e Nicaragua.
Tutto un gruppo di governi progressisti che danno anche una correlazione favorevole alle forze di sinistra nella regione dell’America Latina, abbiamo: lo Stato Plurinazionale della Bolivia; Lula, in Brasile; López Obrador, in Messico; Xiomara, nell’Honduras; Boric, in Cile; Petro, in Colombia, che contribuiscono a garantire stabilità e facilità di cooperazione e interscambio.
Ma gli Stati Uniti non stanno tranquilli e cercano costantemente di mobilitare le forze di destra con meccanismi, direi, anche molto sporchi per provocare instabilità in questi paesi, per impedire che processi di sinistra o governi di sinistra si mantengano al potere, per far sì che, laddove la sinistra ha perso potere e si è affermata la destra, quella destra non perde potere.
E che quella destra sia totalmente asservita al governo degli Stati Uniti e al disegno degli Stati Uniti, e alimentano anche conflitti su alcune questioni che hanno una componente storica; incoraggiando rotture, calunnie, alimentando divisioni per causare disunità nella regione.
Ciò spiega perché oggi ci sono alcuni governi che facilitano tutta la politica nordamericana nel continente, persino governi che favoriscono la presenza di truppe NATO nel territorio dell’America Latina e dei Caraibi, governi che negano il diritto alla sovranità e autodeterminazione dei territori del loro stesso paese in cui sono esistite guerre e dove ci sono eroi e martiri che sono morti per l’indipendenza di quei territori, per la sovranità di quei territori, e quello che fanno è adulare le potenze che sono diventate metropoli di quegli spazi geografici che appartengono alla regione, cosa che si può considerare totalmente assurda, irrazionale e antipatriottica.
Governi che, inoltre, hanno una proiezione mediatica in cui esprimono i loro principi, ma in modo totalmente offensivo, con improperi contro noi che la pensiamo diversamente, contro noi che pensiamo di fare le cose in modo diverso o contro chi difende un altro modo di costruire il mondo.
Aspiro sempre a quel mondo migliore che è possibile e al quale Fidel ci ha chiamato. Abbiamo un’etica, non parliamo alle spalle di nessuno, non insultiamo. Quando dobbiamo difendere una posizione la difendiamo a testa alta e quando dobbiamo discutere una posizione la discutiamo a testa alta. Non siamo portati allo spettacolo mediatico, agli improperi, alle offese, a quel tipo, direi, di volgarità politica a cui si prestano altri nel mondo.
Come posizione cubana, manterremo e difenderemo sempre, con i paesi dell’America Latina e dei Caraibi, il rispetto della sovranità e dell’indipendenza di questi paesi; il rispetto per l’autodeterminazione sul sistema sociopolitico che assumono e la disposizione -indipendentemente dai sistemi e dalle ideologie – di avere il rapporto più rispettoso, più solidale e più cooperativo con tutti questi paesi, e lo abbiamo con la maggioranza.
Non rompiamo mai le relazioni con i paesi dell’America Latina e cerchiamo di risolvere, attraverso il dialogo, attraverso la discussione, attraverso l’argomentazione, qualsiasi questione su cui possiamo avere qualche disaccordo o qualche posizione divergente. Credo che le manifestazioni di solidarietà di Cuba con l’America Latina e i Caraibi siano eloquenti della sua coerenza con queste convinzioni.
Abbiamo inviato in diversi paesi dell’America Latina e dei Caraibi medici e insegnanti, collaboratori internazionalisti anche nell’ingegneria e in altri campi dell’economia e della società. Non inviamo soldati o forze armate ad Haiti, né effettuiamo invasioni. Ad Haiti abbiamo brigate mediche. Oggi, nel mezzo di questa situazione ad Haiti, quando molti pensano all’intervento ad Haiti o all’ingerenza negli affari interni di Haiti, noi abbiamo una brigata medica che fornisce servizi al popolo haitiano, un popolo che credo meriti il massimo rispetto per tutto ciò che ha sofferto come conseguenza di essere stata la prima nazione nella regione a sviluppare una rivoluzione.
Abbiamo un rapporto di gratitudine, inoltre, di grande amicizia e fratellanza con il Governo di López Obrador e con il Messico. Il rapporto tra Cuba e il Messico è un rapporto di affetto, storico, è un rapporto di fratelli, è un rapporto familiare. Il Messico è stato l’unico paese che non ha interrotto le relazioni con Cuba quando il governo degli Stati Uniti ha convocato l’intera OEA per rompere le relazioni con Cuba.
Difendiamo la causa del Venezuela, la Rivoluzione Chavista, l’unità civile-militare e sosteniamo il presidente Maduro, che hanno tentato più volte di assassinare. Qualcosa di insolito. Sosteniamo la Rivoluzione Sandinista; reclamiamo l’autodeterminazione di Porto Rico. Difendiamo i principi dello Stato Plurinazionale della Bolivia.
Vediamo con grande interesse il ruolo che Xiomara svolge in Honduras, e anche il ruolo alla guida della CELAC. Al momento manteniamo un rapporto molto stretto con Lula. Con i paesi CARICOM. E, in fin dei conti, con tutta l’America Latina e i Caraibi. Ma sempre sulla base del rispetto, della solidarietà, dell’amicizia e del dialogo per risolvere ogni situazione.
D’altra parte, intendiamo difendere la Proclamazione dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, approvato proprio in un vertice della CELAC all’Avana. Difendiamo anche l’integrazione latinoamericana e caraibica che risponde ai sogni dei nostri avi, risponde ai più alti ideali di integrazione latinoamericana, e penso in questo momento a Martí e Bolívar.
Martí, che parlava sempre con tanto rispetto della Nostra America e stava definendo molto bene cosa fosse la Nostra America; e Bolívar, che condusse tutta una lotta per ottenere l’indipendenza di molti paesi dell’America Latina. Credo che dare l’esempio sia il più grande sostegno che possiamo dare all’unità dell’America Latina.
Che Fidel ha sempre difeso.
Che Fidel ha sempre difeso, e ci ha insegnato a difenderla, e che anche Raúl ha difeso. Ramonet, quando si parla di sogni, di aspirazioni, abbiamo una storia così comune, una cultura così comune, dei popoli assolutamente meravigliosi, industriosi, intelligenti e creativi. Te lo dico, le culture precolombiane dell’America Latina non hanno nulla da invidiare alle culture mesopotamiche o alle culture dell’antica Grecia.
Quelli sono state conosciute prima, ma quando si torna alla storia si vede che le nostre nel loro sviluppo, in come misuravano il tempo, come canalizzavano le acque, come producevano, come si sviluppavano, erano sviluppate quanto quelle, e sono parte delle nostre radici e puoi vederle in tutti i paesi dell’America Latina e dei Caraibi.
La nostra ricchezza culturale, il pensiero avanzato che esiste in America Latina e nei Caraibi, gli approcci dei pensatori latinoamericani, dei filosofi latinoamericani, del settore accademico latinoamericano, sono posizioni avanzate, di molto studio, di molta coerenza, di molta difesa delle radici dell’identità latinoamericana e caraibica e, inoltre, è un continente ricco di risorse, che purtroppo oggi è quello in cui si manifesta il maggior grado di disuguaglianza nei suoi popoli.
Sono convinto che con tutte queste virtù, con tutta quella ricchezza – ed è ciò che sogno – il continente latinoamericano potrà avere un’integrazione tale da essere un esempio per il mondo intero di quanto può contribuire alla condizione umana, al futuro, ai sogni di emancipazione, a porre l’essere umano al vero centro di tutto ciò che è fatto per il mondo.
Credo che questo momento arriverà prima o poi, perché i nostri popoli chiedono molta giustizia perché hanno vissuto molte situazioni complesse: ha vissuto aggressioni, hanno vissuto il disprezzo, hanno vissuto interventi, ha vissuto pratiche di disuguaglianza, sono stati esclusi dai processi, sono stati esclusi dalle possibilità.
C’è ancora molto analfabetismo da eliminare in America Latina e nei Caraibi, c’è molto da fare sui temi di genere, molto deve essere conquistato per l’emancipazione della meravigliosa donna latinoamericana e caraibica, c’è molto da conquistare in termini di uguaglianza per tutti i nostri popoli e nella giustizia sociale.
Ma c’è il potenziale storico, il potenziale culturale. Il desiderio di farlo e credo che continueremo ad avanzare nell’integrazione e questo è il messaggio, la convinzione, il sostegno e l’esempio che Cuba può dare. Un paese latinoamericano non potrà mai percepire Cuba come un pericolo per sé; al contrario, in Cuba troverà sempre sostegno, comprensione e volontà di integrarsi e andare avanti.
Molte grazie, signor Presidente.
La Habana, 11 maggio 2024.
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