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21/05/2024

Mandati di cattura per Netanyhau e i vertici di Hamas

Il procuratore capo della Corte penale internazionale ha chiesto alla Camera preliminare del Tribunale di emettere mandati di arresto contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu e il suo ministro della Difesa Yoav Gallant per “crimini di guerra e crimini contro l’umanità” compiuti nella Striscia di Gaza a partire dall’8 ottobre 2023.

Lo stesso procuratore ha chiesto anche di emettere mandati di arresto nei confronti dei leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, nonché per Mohammed Deif, Ismail Haniyeh e Diab Ibrahim Al Masri per “crimini di guerra e crimini contro l’umanità” commessi in Israele e nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023.

Il mandato dovrà ora essere ratificato dalla Corte, visto che si tratta – equiparando le istituzioni giudiziarie con le nostre – di una “richiesta dell’accusa”.

Ma è evidente che anche la sola richiesta, benché ancora priva di effetti concreti, sancisce la fine dell’“eccezionalismo” dello Stato israeliano, che per 75 anni ha potuto commettere qualsiasi crimine di guerra senza mai essere oggetto di una decisione legale così potente.

Una impunità totale nonostante Israele abbia da sempre disatteso qualsiasi risoluzione delle Nazioni Unite, ossia condanne “politiche” della comunità mondiale che sono state in altri casi più che sufficienti a scatenare guerre devastanti, anche in presenza di prove completamente false.

Basti pensare alle “armi di distruzione di massa” che solo gli Stati Uniti avevano “visto” in Iraq...

Sul piano della legalità internazionale – e quindi anche sul piano politico ed ideologico – si apre ora una fase piuttosto complessa, in quanto è scontato che ci saranno pressioni Usa ed occidentali perché siano effettuati gli arresti contro i capi di Hamas. Ma, al tempo stesso, si cercherà di delegittimare gli identici provvedimenti nei confronti dei vertici di Tel Aviv.

Ma è indubbio che diventa molto difficile inventarsi una “narrazione” secondo cui alcuni mandati sono “sacrosanti” mentre altri, della stessa identica Corte, sarebbero “inaccettabili”. Tanto più se i brutali dati numerici riferiscono di circa 1.200 vittime israeliane il 7 ottobre (alcune centinaia della quali militari in servizio attivo, il resto civili), mentre ad ora le vittime accertate palestinesi a Gaza superano i 36.000, oltre un terzo dei quali donne e bambini.

Una sproporzione abnorme, tale da far impallidire persino il ricordo – e il paragone – con le rappresaglie naziste durante la seconda guerra mondiale.

Il procuratore della Cpi – ben consapevole dell’immenso significato politico della sua decisione, ancor prima di assumerla – ha annunciato che, “come ulteriore salvaguardia” degli imputati, aveva chiesto la consulenza di “un un gruppo di esperti di diritto internazionale“, che ringrazia per il sostegno.

“Ho convocato un gruppo imparziale per sostenere l’esame delle prove e l’analisi legale in relazione a queste richieste di mandato d’arresto“, dice Karim Khan nelle motivazioni della richiesta alla Corte. Il gruppo è composto da esperti “di immensa levatura nel diritto umanitario internazionale e nel diritto penale internazionale“, tra cui Sir Adrian Fulford, la baronessa Helena Kennedy, presidente dell’Istituto per i diritti umani dell’International Bar Association, Elizabeth Wilmshurst, ex vice consigliere giuridico presso il Foreign and Commonwealth Office del Regno Unito e Danny Friedman.

Non solo. In aggiunta figurano due dei consiglieri speciali di Khan, “Amal Clooney e Sua Eccellenza il giudice Theodor Meron“.

“Questa analisi di esperti indipendenti ha sostenuto e rafforzato le richieste presentate oggi dal mio Ufficio: sono grato anche per il contributo di alcuni altri miei consiglieri speciali a questa revisione, in particolare Adama Dieng e il professor Kevin Jon Heller“. Un battaglione di giuristi che nessuna bestia ideologizzata può accusare di “antisemitismo”...

La richiesta del mandato di arresto per Netanyahu e Gallant fa riferimento alla violazione degli articoli 7 e 8 dello Statuto di Roma e si sviluppa nei seguenti capi di accusa: «Affamare i civili come metodo di guerra e come crimine di guerra; l’aver causato intenzionalmente grandi sofferenze, o gravi lesioni al corpo o alla salute; trattamenti crudeli come crimine di guerra; uccisione intenzionale o omicidio come crimine di guerra; attacchi intenzionalmente diretti contro una popolazione civile come crimine di guerra; sterminio e/o omicidio, anche nel contesto di morti per fame, come crimine contro l’umanità; persecuzione come crimine contro l’umanità, altri atti inumani come crimini contro l’umanità».

La richiesta di mandato di cattura mette a nudo in primo luogo l’immonda ipocrisia dell’Occidente neoliberista, che ha sempre cercato di ammantare di “legalità” il proprio insopportabile “doppio standard”: feroce con i “nemici”, indulgente con gli “amici”.

La stessa Corte Penale dell’Aja, ricordiamo, quasi un erede diretta del Tribunale di Norimberga, nonostante sia nata con lo Statuto di Roma come organismo sovranazionale per perseguire le violazioni delle convenzioni di Ginevra, i crimini di guerra, i genocidi, e le aggressioni tra Stati, non è stata riconosciuta in primo luogo dagli Stati Uniti, che non ammettono alcuna autorità mondiale al di sopra della propria (nazionale). Seguiti in questo da altri autentici “campioni della democrazia” come lo stesso Israele e l’Ucraina.

La Corte è comunque riconosciuta da ben 124 Stati, i due terzi del componenti dell’Onu, e praticamente da tutti i membri dell’Unione Europea. Mentre ne sono rimasti fuori anche Cina, Russia e India, giganti che non intendono vedere la propria libertà di azione nelle mani di un organismo voluto e strutturato soprattutto dai paesi occidentali.

Se il mandato di cattura sarà effettivamente emesso, insomma, Netanyahu e Gallant potrebbero andare solo nei paesi che non riconoscono la Corte (Usa e Ucraina in testa, insomma, ma anche in Russia e Cina), mentre dovrebbero in teoria essere arrestati se provano e metter piede a Roma, Parigi, Berlino o Londra.

Ovvio che i governi occidentali si guarderanno bene dal “disturbare” la mobilità dei due genocidi alla guida di Israele, ma proprio il disattendere un atto di giurisdizione internazionale sarà elemento di discredito assoluto agli occhi del resto del mondo.

Al di là degli effetti giuridici o “carcerari” insomma, il mandato di cattura devasta la trama delle menzogne suprematiste occidentali, mettendo a nudo la pura e semplice “volontà di potenza” che anima l’imperialismo in questa fase di degrado su molti piani.

Ne è consapevole il vertice di Tel Aviv, che ha reagito immediatamente con rabbia e ben scarsa lucidità: «Mettere i leader di un paese che è andato in battaglia per proteggere i suoi cittadini sulla stessa linea dei terroristi assetati di sangue è cecità morale – ha scritto su X Benny Gantz, che aveva appena minacciato di uscire dal governo Netanyahu – Accettare la richiesta del procuratore generale sarebbe un crimine storico».

Scarsa lucidità, dicevamo, perché la contrapposizione proposta (“leader di un paese” e “terroristi assetati di sangue“) si affida a classificazioni per nulla univoche a livello internazionale.

Ad esempio, addirittura la Turchia di Erdogan, pur essendo membro della Nato, riconosce Hamas come rappresentante – tra gli altri – del popolo palestinese e non come “organizzazione terroristica“.

In effetti, la scelta del Procuratore della Corte Penale mette al centro un principio da cui ogni “liberale” dovrebbe far molta fatica a prendere le distanze: conta quel che fai, non chi sei. Governo o gruppo di resistenza variamente motivato, non è importante.

Una narrazione falsaria è andata in pezzi. Non sarà semplice costruirne una altrettanto credibile...

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