Le parole del segretario della Nato, Jens Stoltenberg, sono sostanzialmente il via libera all’utilizzo delle armi occidentali consegnate all’Ucraina per colpire il territorio russo in profondità. “Negare all’Ucraina la possibilità di usare queste armi contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo rende molto difficile per loro difendersi” ha dichiarato in un’intervista all’Economist.
Ma è anche una dichiarazione che esplicita come la Nato – o parte di essa, in particolare alcuni paesi europei – sia decisa nel muovere contro la Russia, anche a rischio della guerra. Del resto, prima di Stoltenberg era stato un altro “grande boiardo” europeo, Mario Draghi, ad affermare pochi mesi fa che non si può permettere alla Russia di vincere in Ucraina. Il whatever it thakes, questa volta era implicito.
Il rischio concreto è che gli appelli di Stoltenberg preparino il terreno a un intervento più ampio e diretto di Paesi membri della Nato, anche senza il cappello all’Alleanza atlantica.
In realtà gli ucraini già colpiscono in territorio russo dallo scorso autunno, quando era ormai evidente il fallimento della controffensiva, ed hanno colpito con i missili Himars forniti dagli USA obiettivi in Crimea e nei territori russi di Belgorod e Kursk oppure con l’assistenza tecnica di consiglieri militari britannici e francesi sul campo.
Stoltenberg ha valutato le reazioni al suo appello all’escalation e in una intervista successiva a quella all’Economist, ha provato a gettare acqua sul fuoco.
”Non ci sono piani per inviare truppe Nato in Ucraina” perché l’Alleanza Atlantica ”non entrerà a far parte del conflitto” ha dichiarato il Segretario generale della Nato nel corso di un’intervista con il giornale tedesco Welt am Sonntag. ”Mentre aumentiamo il nostro sostegno all’autodifesa dell’Ucraina, non ci sono piani per inviare truppe Nato in Ucraina o per estendere l’ombrello di difesa aerea della Nato all’Ucraina. La Nato non entrerà a far parte del conflitto”, ha affermato Stoltenberg. Di questo si parlerà al vertice della Nato previsto dal 9 all’11 luglio a Washington.
Ma il vaso di Pandora ormai è stato aperto. Colpisce il fatto che in questo tripudio bellicista europeo, appaiano come i più “saggi” il premier ungherese, Viktor Orbán, che si sta già chiamando fuori paventando la spinta alla guerra di una parte dell’Europa, o il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che è stato il primo a mettere la mani avanti sottolineando che le decisioni Nato devono essere collegiali.
Tra i più fomentati guerrafondai in prima fila ci sono i baltici e i polacchi. Ingrida Simonyte, primo ministro della Lituania ha confermato che è pronta ad inviare truppe in Ucraina per esercitazioni e addestramento
Il ministro degli Esteri polacco, Radosaw Sikorski, non vuole rivelare i piani, ma non esclude gli «scarponi sul terreno». Stesso discorso per i finlandesi, che assieme ai baltici studiano di intervenire in Ucraina non come Nato, ma con una «coalizione di volenterosi», bypassando dunque eventuali riluttanze di altri paesi membri dell’Alleanza Atlantica.
I britannici si sentono già in una «situazione di pre guerra», come ha confermato il capo di stato maggiore, Patrick Sanders. E poi c’è stato Macron, il quale ha riaffermato come la Francia sia l’unico paese UE che garantisce una deterrenza nucleare europea e che oggi questa è a disposizione dello scontro con la Russia.
Questi vanno fermati, prima che trascinino l’Europa – e l’Italia – dentro una guerra devastante. Whatever it thakes! La manifestazione nazionale del 1 Giugno a Roma servirà a riaffermare anche questo.
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