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30/05/2024

Le “relazioni pericolose” di Ursula Von der Leyen

Tra circa due settimane ci saranno le elezioni europee. Per i popoli e i lavoratori, l’Unione Europea (UE) è al cuore di una crisi profonda e il loro divorzio si è ormai ampiamente consumato. Il 16 maggio a Montauban in una riunione di militanti della CGT in Tarn et Garonne, Jean-Pierre Page ha parlato in un intervento di Unione Europea, di estrema destra, di fascistizzazione e dei nuovi rapporti di forza internazionali.

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La credibilità politica, economica, sociale e culturale delle istituzioni europee ha regredito considerevolmente. Sono emerse divisioni e spaccature sempre più numerose tra i Paesi membri, in tutti i settori: il sociale, la sicurezza, i rifugiati, quello economico e monetario, ecc..

La corruzione, grazie a migliaia di lobby, colpisce la Commissione di Bruxelles e il suo Presidente quanto il Parlamento stesso. L’UE per esistere cerca di compensare il suo funzionamento antidemocratico ricorrendo all’autoritarismo e attaccando le libertà fondamentali.

Come abbiamo visto in Ucraina, in Medio Oriente e nei confronti della Cina, il suo servilismo nei confronti degli Stati Uniti dà la misura di come questa crisi esistenziale derivi dalla natura stessa dell’Unione.

Come ai loro inizi, le istituzioni europee continuano a sviluppare un legame stretto con le forze politiche più retrograde dell’estrema destra neofascista. L’UE sta crollando sulle sue fondamenta, è isolata e non c’è modo di scommettere sul suo futuro. In realtà, non ha prospettive, e il peggio deve ancora arrivare.

D’altra parte, questo innegabile sviluppo dell’Europa non è indifferente o separato agli inizi di un cambiamento significativo negli equilibri di potere nel mondo a cui stiamo assistendo: anzi, quest’evoluzione ne è un elemento rivelatore.

Dopo più di 30 anni dalla distruzione dell’URSS e dei Paesi socialisti dell’Europa orientale, il potere unipolare stabilito dagli Stati Uniti con l’appoggio dei suoi vassalli europei viene ora messo apertamente in discussione. Il sistema dominante si sta incrinando e dobbiamo prenderne atto.

L’imperialismo oggi è costretto a affrontare un crescente disconoscimento e una messa in dubbio della sua autorità da parte dei popoli e dei lavoratori, compresi quelli del suo stesso campo, in particolare i giovani. Inoltre, molti Paesi in via di sviluppo stanno cercando di liberarsi da questa volontà egemonica che si sta cercando di imporgli a qualunque costo.

L’Occidente cerca di imporre questo soffocante stato di subalternità con tutti i mezzi possibili, comprese le guerre e persino la minaccia di una terza guerra mondiale.

Questo avviene chiaramente nel caso dell’Ucraina, con la guerra contro la Russia, gravida di minacce nucleari e per la quale gli Stati Uniti e l’Europa chiedono di combattere fino all’ultimo ucraino per moltiplicare i profitti del complesso militare-industriale, al prezzo di una regressione sociale e di un costo umano senza precedenti dalla Seconda guerra mondiale.

Infatti, il declino del sistema occidentale dominante continua ad aggravarsi di fronte alla resistenza dei popoli. Il loro ruolo è decisivo per questo cambiamento. Questo è quanto stiamo vedendo in Palestina e attraverso lo straordinario movimento di solidarietà mondiale di cui sta beneficiando la resistenza della nazione palestinese.

Siamo di fronte anche a una nuova generazione di lotte di emancipazione dal colonialismo, osservabili in Africa occidentale, in diversi Paesi dell’America Latina e dell’Asia e più recentemente in Nuova Caledonia, dopo Mayotte, dove l’arroganza neocoloniale e razzista francese è diventata intollerabile.

L’incontro del luglio 2023 del Gruppo di Iniziativa di Baku (Azerbaigian) con il Movimento dei Non Allineati e i 14 movimenti indipendentisti delle ultime colonie francesi, tra cui la Polinesia, che lottano per una vera decolonizzazione e autodeterminazione, ne è un’importante dimostrazione.

Alleanze anti-egemoniche

Questo è anche il caso delle alleanze anti-egemoniche che si stanno formando e che stanno scuotendo la geopolitica. Lo dimostra l’ascesa al potere di diversi Paesi emergenti, con la Cina che svolge un ruolo centrale nell’alleanza politica, economica, finanziaria e presto anche monetaria dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica).

Nel gennaio 2024, questa alleanza è stata rafforzata dall’adesione di cinque nuovi membri, tra cui Iran e Arabia Saudita, mentre altri Paesi come Venezuela e Algeria sono candidati a far parte del gruppo. Sul fronte monetario e commerciale, sono degni di nota anche la tendenza alla de-dollarizzazione, la spettacolare vitalità del mercato dell’oro, il massiccio abbandono da parte della Cina dei buoni del tesoro statunitensi e la creazione di nuove istituzioni internazionali parallele a quelle di Bretton Woods.

Questi sviluppi illustrano la scelta fatta da un numero crescente di Paesi a favore di un nuovo ordine economico internazionale. Molti Paesi vogliono ora affermare la propria indipendenza per poter prendere decisioni sovrane sulle proprie risorse, sulle proprie scelte politiche e sui contenuti del proprio sviluppo economico e sociale.

Dobbiamo quindi chiederci quali siano le cause e il significato profondo di questi cambiamenti senza precedenti. Essi stanno accelerando e determineranno le relazioni internazionali in un futuro molto prossimo. Sono fondamentalmente caratterizzati da contraddizioni internazionali sempre più acute.

Da un lato, il campo occidentale è ostinato e testardo: “se abbassiamo la guardia, il mondo liberale scomparirà” avverte Francis Fukuyama. Dall’altro lato, il vasto mondo che erroneamente chiamiamo Sud globale si sta ribellando, e il sostegno non gli manca!

In questo peggioramento del conflitto globale, la divisione internazionale del lavoro che un tempo prevaleva è diventata insostenibile. Questo è il caso tra dominanti e dominati, tra la necessità di sviluppo e la finanziarizzazione globalizzata, tra la disuguaglianza e l’accumulo di ricchezza e privilegi nelle mani di pochi parassiti, tra le nazioni che hanno una visione di giustizia sociale e di cooperazione win-win e quelle per cui la ricerca del massimo profitto significa distruggere le conquiste sociali ed economiche delle popolazioni.

La causa principale di questa crisi non è tanto la forma che assume, anche se non può essere trascurata, ma piuttosto la sua sostanza e ciò che dimostra sulla nocività di un sistema anacronistico che non è altro che il capitalismo, diventato totalmente obsoleto e incoerente rispetto alle esigenze del futuro dell’Umanità.

Di conseguenza, le prospettive immediate sono un periodo di grande turbolenza dall’esito incerto. Questo violento disordine è destinato a peggiorare. L’iperinflazione, l’indebitamento, le disuguaglianze senza precedenti, le tensioni sociali di ogni tipo, il futuro e lo status dei rifugiati, i conflitti minacciosi e le guerre ad alta intensità contribuiranno a un’instabilità politica cronica.

Questo stato di cose sconvolgerà l’ordine esistente dovunque, e in particolare in Paesi come gli Stati Uniti, dove la società è già estremamente frammentata, come dimostreranno le prossime elezioni presidenziali. Probabilmente si tratta solo della punta dell’iceberg.

Libertà fondamentali minacciate

Di fronte a questa tendenza, la messa in dubbio delle libertà fondamentali che tutti possiamo osservare continua dovunque senza sosta. Anzi, peggiora in modo preoccupante. È una delle caratteristiche della violenza di Stato a cui Emmanuel Macron e il suo governo fanno sistematicamente ricorso.

Si abbatte brutalmente sui lavoratori non appena esprimono le loro rivendicazioni, sui giovani e persino sui parlamentari. Dopo il movimento dei gilet gialli, la polizia ma anche il sistema giudiziario, con la magistratura, hanno mostrato uno zelo degno di qualsiasi regime in cui le libertà democratiche sono state bandite.

È per questo che oggi possiamo affermare che questo neofascismo non ha assolutamente bisogno di bande armate per distruggere le organizzazioni politiche e sindacali, o per farla finita una volta per tutte con le conquiste operaie. Semplicemente per il fatto che i governi che si sono succeduti hanno fatto di tutto per realizzare questo progetto.

I partiti sono stati atomizzati, i sindacati sono stati declassati e le istituzioni rappresentative fanno ormai parte dell’Unione Europea, che impedisce loro di pensare in modo critico o di agire in modo indipendente: è così che operano i parlamenti nazionali.

Questo avviene anche nella narrazione mediatica, dove i fatti vengono raccontati attraverso un modello caricaturale di pensiero unico, ripetuto più volte in modo uniforme, nonché attraverso il controllo e la repressione meticolosa sui social network e la pratica sistematica della confusione.

L’obiettivo è quello di imbavagliare tutti gli ambiti della libertà di espressione, come richiesto dalla direttiva emanata dal Commissario europeo Thierry Breton, o come illustrato dal caso di Guillaume Meurice, il comico sospeso da Radio France per aver osato criticare il criminale di guerra Netanyahu.

La maggior parte delle forze politiche e sindacali utilizza la minaccia dell’estrema destra neofascista come spauracchio per mobilitare l’opinione pubblica in termini elettorali e sociali. Ne parlano in modo fine a se stesso, senza alcun rapporto con le cause reali della sua influenza. Non la stigmatizzano; al contrario, la demonizzano, anche rendendola più accessibile e promuovendola nei media.

In Francia, politici, sindacalisti e opinionisti stanno mettendo in atto una forma di Union Sacrée, di governi di unità nazionale. Il suo scopo è quello di essere consensuale, ma non di affrontare le vere ragioni che stanno alla base dei legittimi risentimenti di un gran numero di lavoratori e cittadini, né la necessità di un’autentica alternativa politica.

Quindi, piuttosto che mettere in discussione la sostanza, si preferisce distogliere l’attenzione e parlare d’altro.

A tal fine, si sta costruendo una cortina di fumo sul disastro economico, sociale e politico, sulle minacce alla pace e alle libertà individuali e collettive poste dalle politiche del governo e dell’Unione Europea. In realtà, l’obiettivo è quello di salvare il sistema capitalista in profonda crisi, concedendogli nuovi condoni affinché possa continuare il suo malaffare, se necessario ricorrendo alle peggiori idee reazionarie.

Quali sono i germi dell’estrema destra?

In realtà, per soffocare la resistenza, l’élite al potere in Francia, come nella maggior parte degli altri Paesi europei, ha bisogno di estremisti di destra e neofascisti. Ecco perché la borghesia sta deliberatamente creando questo clima politico oscurantista e arretrato in cui possono crescere i semi dell’estrema destra e del fascismo. Tanto più che in realtà il loro programma è identico.

Infatti, insieme lo mettono in pratica e lavorano a stretto contatto. Questo è più evidente nella brutale repressione dei movimenti sociali e nel rifiuto di tutte le politiche sociali, nello sfruttamento dell’insicurezza, nella persecuzione dei rifugiati o nelle manifestazioni contro il genocidio a Gaza. Questo si può vedere nelle votazioni dell’Assemblea nazionale francese e del Parlamento europeo.

La violenza delle misure anti-immigrazione del governo ha persino portato Marine Le Pen a dichiarare che il governo si era ispirato al programma del Rassemblement National. Per lei si tratta di una vittoria ideologica. Il primo ministro Gabriel Attal si appresta a ripetere questo approccio con una misura autoritaria che prevede il ritiro dei sussidi alle famiglie in nome della sicurezza scolastica.

In queste condizioni, la responsabilità dell’ascesa dell’estrema destra ricade interamente sulle forze politiche ed economiche che attualmente determinano la politica in Francia, così come a livello europeo. Pertanto, l’idea che l’ascesa dell’estrema destra possa essere fermata votando per questi partiti di sinistra, verdi, socialdemocratici o liberali e conservatori è una pericolosa illusione.

La realtà è ben diversa. La lotta contro l’estrema destra non è una questione di aritmetica elettorale, ma di dinamica delle lotte di classe. È questo che ci insegna la storia! Le prime battaglie contro l’occupazione hitleriana della Francia e la collaborazione di Vichy sono state combattute attraverso manifestazioni operaie che chiedevano pane e sapone. Non dimentichiamolo.

Il modo migliore per lottare contro l’estrema destra propagandata dalla partnership tra Emmanuel Macron, Marine Le Pen e i padroni è quello di lottare per le rivendicazioni e per una vera rottura con il capitalismo e la sua ideologia mortale. Ma stranamente le confederazioni sindacali non si vedono.

In definitiva, le politiche di Emmanuel Macron, come quelle di Bruxelles e dell’estrema destra, sono al servizio del capitale finanziario globalizzato, la cui funzione è quella di continuare il saccheggio del lavoro e delle risorse naturali in tutte le loro forme sia in Europa che nei Paesi in via di sviluppo e nel resto del mondo.

Lo stesso vale per il debito, che è il mezzo usato e abusato dalle economie occidentali per arricchire ulteriormente la sanguisuga che è diventata il sistema finanziario globale. È per questo motivo, e non per altro, che si vogliono creare le condizioni necessarie per l’instaurazione di uno stato di polizia diretto contro la classe operaia nel suo complesso.

In realtà, la responsabilità dell’ascesa dell’estrema destra nelle elezioni in Francia e in Europa è da attribuire alle politiche attuate dai principali leader europei nei rispettivi Paesi, a prescindere dalla loro affiliazione politica e dalla complicità di cui godono. È spaventoso constatare che nessun sindacato mette in discussione coloro che, attraverso il contenuto delle loro decisioni, sono all’origine dell’influenza dell’estrema destra.

Ursula Von der Leyen complice dell’estrema destra

D’altra parte, è vero che in Europa Ursula Von der Leyen lavora da tempo a stretto contatto con la neofascista Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, nonché Presidente dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), gruppo parlamentare a cui appartengono la maggior parte delle forze politiche di estrema destra.

Von der Leyen ha applicato il recente inasprimento della legislazione europea in materia di asilo, ispirato alle politiche di Giorgia Meloni. Von der Leyen intende addirittura spingersi oltre, adottando il sistema che il primo ministro britannico ha appena messo in atto per respingere i rifugiati in Ruanda, indipendentemente dalla loro nazionalità.

In realtà, gli attuali rappresentanti di spicco della Commissione di Bruxelles e del Parlamento europeo si stanno preparando a collaborare strettamente con i partiti di estrema destra. In questa configurazione, non è più un mistero che questi partiti saranno chiamati a svolgere un ruolo importante dopo le elezioni, sia nel Parlamento europeo che nella Commissione europea.

Il famoso muro contro l’estrema destra, o cordone sanitario, che è sempre stato una finzione, cadrà definitivamente.

Nel frattempo, i media continueranno a intrattenere la galleria con le presunte performance elettorali di una parte o dell’altra, o con la prospettiva di un dibattito Le Pen / Macron. Questi giochi politici servono solo a distogliere l’attenzione della gente. Contribuiscono a riattivare coloro che vengono presentati come avversari, ma che in realtà sono accoliti e associati allo stesso sistema di inganni.

Ursula Von der Leyen, la stessa persona che, al fianco del Cancelliere tedesco, ha ricevuto una lunga standing ovation e il sostegno incondizionato di tutti i delegati al 15° Congresso della Confederazione europea dei sindacati (CES) a Berlino, è il candidata unico dei conservatori del Partito Popolare Europeo (PPE).

Si prepara quindi a essere rieletta a capo della Commissione con i voti degli estremisti di destra. È ovvio che chiederanno un prezzo sotto forma di concessioni politiche e di posti importanti all’interno dell’UE.

Cosa diranno allora coloro che parlano di minaccia fascista ma che in realtà sono gli utili idioti di un sistema che, nel corso della storia e da sempre, si è dimostrato capace di ricorrere alle politiche più estremiste, compresa la guerra, per mantenere l’esercizio del potere totalitario?

In quest’ottica, e per soddisfare la loro sete di profitti, il saccheggio delle materie prime e dei mercati, l’UE e i suoi Stati membri sono ancora una volta pronti a commettere i peggiori crimini, facendo un ulteriore passo avanti nel loro impegno per la guerra in Europa. Come negli Stati Uniti, dove il bilancio della difesa quest’anno si avvicinerà ai 1.000 miliardi di dollari, il complesso militare-industriale occupa un posto centrale nel cuore delle economie europee.

L’interventismo di Nato e Ue

L’interventismo della NATO viene incoraggiato ovunque. Ci stiamo preparando a guerre ad alta intensità. Ad esempio, con 172 miliardi di euro, Bruxelles avrà investito più denaro degli Stati Uniti per alimentare la guerra contro la Russia in Ucraina. Inoltre, l’Unione Europea sostiene incondizionatamente Israele e il tragico genocidio a Gaza che Netanyahu sta portando avanti come soluzione finale al problema palestinese.

Insieme agli Stati Uniti, l’UE partecipa all’accerchiamento militare della Cina e al rafforzamento delle alleanze militari nel Sud-est asiatico.

È in questo contesto che Macron, dopo aver ottenuto il sostegno del Parlamento francese per nuovi crediti militari al regime nazista di Kiev, vuole coinvolgere le forze militari francesi nel conflitto ucraino. Intende inoltre condividere e mutualizzare il sistema di difesa nucleare francese con l’Unione Europea, in barba a tutti i principi di sovranità. Lo stesso vale per il seggio della Francia nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

L’Europa, e quindi la Francia, sta scaricando i costi della guerra e del militarismo sulla classe operaia e sui giovani. Questo è un punto importante perché, oltre a sottoporre il mondo del lavoro a nuovi vincoli in nome della cosiddetta solidarietà europea, che significherebbe prepararsi alla guerra, Bruxelles intende alimentare le fiamme del conflitto ovunque nel mondo, al fianco di Washington.

È il caso dell’Ucraina, ma anche di molti Paesi ai confini della Russia – Georgia, Moldavia, Armenia, ma anche Cipro, Serbia e Balcani – e del Vicino e Medio Oriente, dove la posta in gioco economica per il controllo delle fonti energetiche e dei corridoi terrestri e marittimi è evidente.

L’estensione delle prerogative della NATO, l’aumento delle spese militari, l’uso illegale di sanzioni economiche e finanziarie, le innumerevoli misure di coercizione come quelle contro Cuba, Venezuela e Nicaragua costituiscono un altro aspetto di questo arsenale autoritario.

Il sistema delle Nazioni Unite, da parte sua, viene sfruttato, presentato come obsoleto e il multilateralismo e la stessa Carta delle Nazioni Unite vengono messi in discussione. Con ogni mezzo e ad ogni costo, il campo occidentale cerca di destabilizzare attraverso il caos, impegnandosi in interferenze e cambiando direttamente i regimi ovunque il suo potere venga messo in discussione.

Se necessario, lo fa ricorrendo alle forze più estremiste, come la ricetta ultraliberista dei “Chicago Boys” di Milton Friedman. Li abbiamo già visti in passato e li stiamo rivedendo in Argentina, dove stanno ispirando le politiche del neofascista Javier Milei, che fortunatamente si sta scontrando con una forte opposizione popolare.

Il mondo cambia velocemente

Per il blocco occidentale, il problema, si potrebbe dire, è che il mondo sta cambiando velocemente, molto velocemente. Siamo infatti a un punto di svolta che implica altre scelte, quelle a favore dello sviluppo, della giustizia sociale, della cooperazione e della pace. Di fatto, tutto ciò che si oppone alla logica distruttiva e predatoria dell’Occidente capitalista.

Il declino a cui stiamo assistendo è quindi il riflesso di una sfida a un sistema di aggressione e saccheggio che finora ha funzionato all’interno di un equilibrio di potere internazionale che sembrava immutabile, ma il cui potere totalitario viene ora messo apertamente in discussione.

Infatti, gli interessi della maggioranza dei popoli non possono essere compatibili con l’avidità e le aspirazioni imperialiste della classe dominante. Questa è la contraddizione principale.

Per questo motivo è necessario che il movimento operaio, le forze progressiste e il sindacalismo in particolare ne abbiano consapevolezza, per contribuire in modo autonomo a far sì che il popolo, i lavoratori, prendano in mano la situazione e riescano a riappropriarsi di un altro modo di concepire il proprio impegno sindacale e politico. Il lavoro politico deve sostenere tutte le azioni volte a spezzare il potere di banche, multinazionali e istituzioni finanziarie e a indebolire i poteri del sistema imperialista, a partire dal nostro.

Per fare ciò dobbiamo avere l’ambizione di sviluppare una solidarietà internazionalista nel nostro tempo, con tutte le forze sociali e politiche che non solo sfidano il dominio del capitale, ma intendono separarsi da esso.

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