Con 13 voti contro 2 (quello dei giudici Julia Sebutinde, ugandese, e Aharon Barak, israeliano), la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha ordinato ieri a Israele di sospendere l’operazione militare in corso a Rafah.
Il presidente della Corte, Nawaf Salam ha dichiarato in aula che Israele deve “immediatamente fermare la sua offensiva militare e qualsiasi altra azione nell’area di Rafah che possa infliggere al gruppo palestinese condizioni di vita che potrebbero portare alla sua distruzione fisica in tutto e in parte”. La Corte ha anche ordinato a Israele di consentire l’ingresso a Gaza di tutti gli aiuti umanitari necessari.
“La Corte non è convinta che gli sforzi di evacuazione e le relative misure che Israele afferma di aver intrapreso per migliorare la sicurezza dei civili nella Striscia di Gaza, in particolare nei confronti delle persone sfollate di recente dal governatorato di Rafah, siano sufficienti ad alleviare l’immenso rischio a cui la popolazione palestinese è esposta a seguito dell’offensiva militare a Rafah”.
In risposta all’ordine della Corte Internazionale di Giustizia che chiede di fermare le operazioni a Rafah per non mettere in pericolo i civili palestinesi, le autorità e la politica israeliane, in modo bipartisan, hanno accusato il tribunale dell’Aja addirittura di antisemitismo e sostegno al terrorismo.
“Ci dovrebbe essere una sola risposta all’ordine irrilevante del tribunale antisemita dell’Aja: l’occupazione di Rafah, l’aumento della pressione militare e la completa sconfitta di Hamas”, ha twittato il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir. “Il nostro futuro non dipende da ciò che diranno i gentili (i non ebrei, ndr), ma da ciò che faranno gli ebrei”, ha aggiunto Ben Gvir.
Ma se gli estremisti messianici della destra israeliana tuonano contro la Corte Internazionale, anche l’opposizione moderata non è da meno.
“Come ho avvertito, la decisione del governo israeliano di comparire davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia è stata un grave errore”, ha detto il capo di Yisrael Beytenu, Avigdor Liberman. “La decisione odierna della Corte dimostra che varie istituzioni delle Nazioni Unite e anche la Corte Penale Internazionale dell’Aia sono diventate aiutanti dei terroristi in tutto il mondo e il loro intero ruolo è quello di scoraggiare i paesi democratici nella loro lotta contro le organizzazioni terroristiche”.
“Israele è quello che è stato brutalmente attaccato da Gaza e ha dovuto difendersi da un’orribile organizzazione terroristica che ha ucciso bambini, stuprato donne e ancora lancia razzi contro civili innocenti”, ha affermato il leader dell’opposizione Yair Lapid.
Hamas ha accolto con favore la decisione del tribunale dell’Aja. In un comunicato, afferma che si sarebbe aspettato però che la Corte Internazionale di Giustizia “emettesse una decisione per fermare l’aggressione e il genocidio (di Israele) contro il nostro popolo in tutta Gaza, non solo a Rafah”.
L’organizzazione palestinese ha invitato “la comunità internazionale e le Nazioni Unite a fare pressione sull’occupazione (Israele, ndr) affinché si impegni immediatamente a rispettare questa decisione e a procedere in modo reale e serio alla realizzazione di tutte le risoluzioni Onu che costringono l’esercito di occupazione sionista a fermare la guerra genocida che ha commesso contro il nostro popolo per più di sette mesi”.
Israele condannata dalla Corte Internazionale già venti anni fa
Pochi o nessuno ricordano però che già il 9 luglio 2004 la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) emise una sentenza – consultiva – sul Muro che Israele stava costruendo nella Cisgiordania occupata, e che coinvolgeva anche Gerusalemme est.
All’epoca la Corte Internazionale aveva concluso che il Muro fa parte dell’illegale sistema israeliano di insediamenti e annessioni ed aveva chiesto a Israele di cessarne la costruzione, abbattere le sezioni già costruite e pagare risarcimenti per i danni causati alla popolazione palestinese.
La sentenza della Corte Internazionale dell’Aja del 2004 aveva affermato che il diritto internazionale obbliga la comunità internazionale a non riconoscere, aiutare o dare assistenza nel mantenimento della situazione illegale creata da Israele con il Muro e con il regime associato di leggi, ordinanze e provvedimenti amministrativi. La Corte Internazionale di Giustizia aveva inoltre invitato la comunità internazionale ad adottare ulteriori misure volte a porre fine a questa situazione illegale e a garantire che Israele rispetti la Quarta Convenzione di Ginevra.
Ma già nel 2004 Israele disattese completamente la sentenza della Corte Internazionale sul Muro, proseguì e concluse la sua costruzione, aumentò gli insediamenti coloniali sui Territori Palestinesi occupati. Senza subirne né pagarne le conseguenze.
Ed è proprio in risposta a questa impunità che nacque nel 2005 la campagna internazionale di Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni (Bds) contro Israele.
Venti anni dopo la situazione internazionale appare però completamente diversa e per Israele, abituato all’impunità, quanto sta accadendo anche sul piano internazionale è decisamente un trauma politico imprevedibile e imprevisto.
I dirigenti israeliani e i loro apparati ideologici di stato diffusi nella diaspora mostrano supponenza e aggressività verso tutto e tutti: dai palestinesi a Gaza e in Cisgiordania ai giudici Corte Penale e alla Corte Internazionale, dalle Nazioni Unite ai governi che riconoscono lo stato palestinese, dagli attivisti della campagna Bds agli studenti delle università di mezzo mondo.
Tutti antisemiti? No, una indignazione incubata e intimidita per anni è finalmente venuta alla luce esplodendo un po' ovunque, e stavolta Israele non se la può cavare con i soliti mezzi e la dottrina del “cane pazzo” a cui si deve lasciar fare di tutto e di più.
Qui il testo integrale della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del 2024.
Qui il testo del parere della Corte Internazionale di Giustizia del 2004
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