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25/05/2024

La guerra sugli assets russi e il suicidio della finanza occidentale

Il Consiglio dell’Unione Europea, martedì 21 maggio, ha approvato una serie di atti giuridici che permettono l’utilizzo dei rendimenti straordinari degli assets russi congelati in Europa per finanziare l’Ucraina.

In pratica, i profitti generati dai beni russi nel Vecchio Continente saranno usati per aiutare Kiev a combattere la guerra contro Mosca.

I depositari centrali di titoli (CSD) che gestiscono attività e riserve russe congelate superiori a un milione di euro, renderanno disponibili gli utili netti prodotti. Questi soldi saranno mandati allo ‘Strumento europeo per la pace’, il fondo dal nome orwelliano con cui vengono finanziate le armi per Kiev.

Nella proposta è previsto che i rendimenti saranno usati al 90% direttamente per aiuti militari all’Ucraina, mentre il 10% residuo sarà  destinato alla ricostruzione del paese alla conclusione del conflitto. Questa distribuzione interna sarà rivista annualmente, a partire dal primo gennaio del 2025.

Anche se utilizzando non le centinaia di miliardi fermi in Europa, ma solo gli interessi da essi prodotti, la UE decide comunque un passo importante nel braccio di ferro con la Russia. Non è ancora quel che vorrebbe l’Ucraina (i più o meno 3 miliardi che guadagnerà basteranno a coprire il fabbisogno finanziario di un mese) e nemmeno quanto vorrebbero gli USA, però è certamente un passo in quella direzione.

Con il decreto a favore dell’Ucraina di fine aprile Washington ha previsto di assegnare a Kiev direttamente tutti gli assets russi che ha congelato, ma si tratta appena di 8 miliardi. In Europa ce ne sono per un valore che è più di 30 volte superiore (ben oltre i 200, insomma).

Al G7 dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali, che si sta svolgendo in questi giorni a Stresa, sul Lago Maggiore, si sono notate alcune divisioni tra UE e USA. La segretaria al Tesoro statunitense Janet Yellen ha ribadito che “è necessario sbloccare il valore degli asset sovrani russi immobilizzati”.

Allo stesso tempo, ha parlato di anticipare gli interessi futuri, rimanendo nel solco della decisione europea. Ma ha rincarato la dose affermando che bisogna lavorare su “opzioni più ambiziose”.

Il ministro italiano Giorgetti ha dichiarato: “molto faticosamente si è trovato un compromesso, una base legale, per l’uso degli extra-profitti di oggi, il problema è come trasferire questa base legale sui futuri proventi finanziari e costruire una sorta di garanzia per un prestito che a questo punto potrebbe essere dei paesi del G7”.

L’incontro a Stresa è servito infatti a preparare innanzitutto il terreno per il vertice del G7 che ci sarà dal 13 al 15 giugno in Puglia. E la preoccupazione principale è appunto quella di costruire una “base legale” solida per operazioni che lo stesso Giorgetti ha detto necessitano di essere “un po’ creative” (arbitrarie e illegali, in altri termini), ma che potranno essere ragionate più tranquillamente dopo le elezioni europee.

Il punto è proprio che il sequestro di assets e titoli e il loro utilizzo, significa mettere in discussione il funzionamento della finanza per come si è configurato da parecchi decenni a questa parte.

Se da un giorno all’altro l’Occidente può decidere di appropriarsi delle riserve depositate da cittadini e istituzioni di altri paesi, designando a propria discrezione un qualsiasi paese come “nemico”, viene meno anche la fiducia nel dollaro e nel sistema finanziario stesso. È come se una banca decidesse che i soldi depositati dai clienti diventano “suoi”...

È una sorta di riflesso finanziario della precipitazione bellica e della frammentazione del mercato mondiale. Ma è anche una mossa tendenzialmente suicida. A perderci è infatti innanzitutto il blocco euroatlantico, e a Mosca lo sanno bene e perciò stanno approntando misure che sono allo stesso tempo ritorsive e caute, adatte alla situazione, dopo le prime già messe in campo.

Il portavoce del Cremlino, Peskov, ha parlato di una violazione delle regole internazionali della finanza da parte della UE. Ma ha detto anche che si tratta di “una decisione temperata in quanto comprendono il potenziale pericolo di tali decisioni e le loro conseguenze”.

Ben diverso è l’atteggiamento verso Washington. Il decreto 442, apparso sul sito del Cremlino, consente la confisca dei beni all’interno della Russia appartenenti agli Stati Uniti, ai suoi cittadini e alle sue aziende, che saranno poi usati per risarcire chi è colpito dalle sanzioni occidentali.

È evidente che Mosca cerca di non esacerbare la situazione con la UE, sperando che non segua fino in fondo l’esempio statunitense. E spera dunque di allargare le divergenze tra gli alleati atlantici, avendo – la sponda europea – davvero poco interesse a tagliare davvero tutti i rapporti con la Russia.

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