Una classe dirigente può esser tale senza avere nessuna delle caratteristiche minime per esercitare dignitosamente questo ruolo? Sicuramente ci si può trovare davanti ad una ruling class inadeguata, ma questo comporta che il Paese disgraziatamente sotto il suo potere sia condannato allo sfacelo.
La giornata di ieri ha mostrato un mosaico di avvenimenti che danno la misura effettiva della nullità – capitalistica, morale, economica, politica, culturale, ecc. – di chi controlla questa sfortunata provincia dell’Impero.
Andiamo con ordine, prendendo i titoli dal giornale che pretende di essere ancora “il salotto buono della borghesia italiana”.
Il quale, fin da ieri mattina, ci invita a spargere lacrime simpatetiche con “il povero” Luciano Benetton, che si è accorto solo ora – 89enne, al momento di ritirarsi in dolce attesa – che il suo gruppo ha registrato perdite choc: «In pochi mesi da 13 a 100 milioni, ora il rosso sarà di 230».
Il tutto preceduto da una addolorata intervista in cui Benetton viene presentato quasi come un vecchio pensionato raggirate da fanciulle disinvolte – «Sono stato tradito» La denuncia: le verità dei bilanci nascoste dai manager – con toccante foto in prima pagina mentre raggiunge forse la sua solita panchina ai giardinetti.
È appena il caso di ricordare che l’ex “re del maglioncino” è stato a capo di un piccolo impero economico multinazionale, “a gestione familiare”, che ha responsabilità dirette nella repressione dei Mapuche in Patagonia, nel crollo del Ponte Morandi a Genova per risparmiare sulla manutenzione (43 morti), accarezzando nel frattempo anche qualche giovane virgulto “democratico” in vena di arrampicate...
Il “povero pensionato” accusa naturalmente l’ultimo amministratore delegato da lui stesso scelto con toni entusiatici, e ora se la vedranno con gli avvocati in tribunale.
Secondo capitolo. “Morto nel suv con la fascetta al collo. Giallo sul marito di Francesca Donato”. L’eurodeputata un tempo leghista, quando ci istruiva in ogni talk show circa le virtù salvifiche del neoliberismo condito con privatizzazioni e taglio delle tasse a ricchi ed imprese, nonché del complottismo novax, ha immediatamente sentenziato “Me l’hanno ucciso”.
E noi stavolta – l’unica – le crediamo. Angelo Onorato, imprenditore ed ex candidato alle regionali con la DC di Totò Cuffaro (formazione cui è approdata anche l’eurodeputata) è stato infatti trovato morto strangolato alle tre del pomeriggio dentro la sua auto, sulla parallela dell’autostrada per l’aeroporto di Palermo.
Modalità e luogo dell’omicidio lasciano un portone spalancato a ogni ipotesi che riporti alla mafia (anche se i media sono molto cauti in merito, in queste prime ore).
Ma la cronaca nera politico-imprenditoriale ci continua a sottoporre i tormenti del “povero Giovanni Toti”, tuttora presidente della Regione Liguria nonostante sia agli arresti domiciliari, descritto con umana compassione dal Corrierone: “Toti, la vita ai domiciliari: l’ansia nella casa di Ameglia con la moglie convalescente e il cane Arold”.
Le accuse di corruzione, le intercettazioni, i soldi di Spinelli... Tutto nelle righe dell’articolo, ma è il titolo che deve restare nella testa dei lettori, no?
Ci sarebbe da fare qualche domanda anche sulla morte del rettore dell’università Cattolica di Milano, suicida (ma non viene quasi mai ricordato, tanto meno nei titoli) e senza alcuna spiegazione apparente. Riserbo massimo, nessuna ipotesi, parce sepulto…
Si potrebbe andare avanti a lungo, ma ci sembra più interessante l’unica notizia di critica sociale verso uno degli esponenti peggiori di questa classe dirigente. A Marina di Pietrasanta, titola sempre il Corsera, “Irruzione degli attivisti al Twiga, ombrelloni piantati fra le tende dei vip: «La spiaggia è di tutti»”.
Ma chi sono questi attivisti? Di chi è il Twiga?
Bisogna andare a spiluccare nelle pagine interne... e allora si viene a sapere che i primi fanno parte del coordinamento ‘Mare Libero’, che dal 2019 si batte contro la privatizzazione delle spiagge e per “restituire il mare alla collettività”. Hanno montato ombrelloni e sdraio, steso gli asciugamani tra i lettini dello stabilimento, solitamente meta di vip, calciatori e politici. E lì sono rimasti, tra le proteste di alcuni clienti che hanno rivendicato la “proprietà privata” della spiaggia.
Mal gliene è incolto, però, visto che come spiegano i ragazzi “Piantiamo i nostri ombrelloni in questa spiaggia tornata libera perché le concessioni sono tutte scadute il 31 dicembre 2023. Lo ha deciso il Consiglio di Stato in attesa, come stabilito anche dall’Unione Europea, delle gare”.
Quanto ai proprietari del Twiga, beh, sono storicamente gli stranoti Flavio Briatore e Daniela Santanché, ora ministro del turismo. Che è poi la ragione per cui ha venduto le sue quote al socio, anche se un’inchiesta de Il Domani ha verificato che continua a incassare profitti dal Twiga tramite una società creata ad hoc, la Ldd Sas, ditta creata ad aprile 2023 e controllata al 90% da Immobiliare Dani, a sua volta al 95% di Daniela Santanché.
Scatole cinesi, azzeccagarbugli da commercialisti, rapporto osè – mortiferi – con la grande criminalità organizzata, truffe pure e semplici, amministratori pubblici a busta paga...
In mano a questi stanno le nostre vite. È proprio il caso di scendere in piazza a migliaia subito, già sabato prossimo a Roma...
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