Ad ottobre era toccato all’attivista italo-palestinese Karem Rohana, aggredito al suo ritorno all’aeroporto di Fiumicino.
Poi c’era stata la “parata in piazza” a Porta San Paolo alla manifestazione del 25 aprile con lanci di petardi e oggetti contro i manifestanti, intimidazioni ai giornalisti, minacce verbali contro le donne che manifestavano per la Palestina.
Poi c’era stato il raid di un commando all’università La Sapienza, a volto coperto, che ha vandalizzato in pieno pomeriggio la targa dedicata al professore Tayeh alla facoltà di Fisica e imbrattato con scritte “Israel” e stelle di Davide il muro all’entrata.
Giovedì mattina ad uno studente di un liceo romano attivo sulla causa palestinese è stata fatta trovare una banconota israeliana davanti la porta dell’abitazione.
Adesso il pestaggio a sangue di Chef Rubio, sotto casa e dopo aver sabotato il cancello d’ingresso per avere la certezza di trovarlo fermo. Una tecnica da terrorismo urbano...
Difficile non prendere in considerazione la creazione di squadre d’azione, appositamente selezionate in base al tasso di fanatismo sionista, tra le comunità ebraiche della diaspora. Proprio quelle pianificate dal ministro della Sicurezza israeliano, Itamar BenGvir, contro gli attivisti palestinesi e filopalestinesi nei paesi dove sono in corso le mobilitazioni.
Le conseguenze le abbiamo cominciate a vedere all’università di Los Angeles, a Science Po di Parigi e in quella di Amsterdam.
Difficile dimenticare quel “vi veniamo a prendere”, facendo nomi e cognomi (lo stesso Chef Rubio – indicato come “cuochi che pubblicano post antisemiti” – e i professori D’Orsi e Orsini) pronunciato da Riccardo Pacifici, esponente di spicco della Comunità ebraica di Roma, e vice-presidente della European Jewish Association, alla manifestazione pro-Israele all’Arco di Tito del 10 ottobre 2023.
Guarda, ascolta e verifica nel video dal minuto 1:20.
Difficile “equivocare”, “estrapolare”, “fraintendere”. Se alle parole di Pacifici seguono atti concreti, proprio contro quelle persone indicate per nome e cognome, in uno Stato normale sarebbe già, quantomeno, tra gli indagati per questa aggressione e delle altre sicuramente in preparazione.
Già negli anni scorsi la Questura aveva ricevuto un – purtroppo – ampio dossier sulle numerose e ripetute aggressioni dei gruppi sionisti a Roma contro palestinesi e attivisti solidali con la Palestina, fino a quella del 25 Aprile 2014, alla partenza dal Colosseo della manifestazione, dopo la quale il movimento per la solidarietà con il popolo palestinesi decise che non avrebbe più permesso intimidazioni in piazza il 25 Aprile senza tenere testa ai sionisti.
Se il ministero degli Interni volesse indagare sulle “fonti della violenza” intorno alle manifestazioni pro e contro la Palestina saprebbe dove cercare, lo ha sempre saputo.
Ma non lo ha mai fatto, praticando anche sul piano interno quella logica dell’impunità di cui Israele ha goduto fino ad oggi sul piano internazionale. Non si vedono peraltro grandi differenze nello schieramento sedicente “democratico” che sta osservando, anche su questa aggressione, il più assoluto silenzio.
E dire che questo agguato – per la tecnica usata, per la notorietà della vittima, per l’entità delle ferite causate – è certamente il più grave atto di “violenza politica” da diversi anni a questa parte.
Per l’establishment l’unico problema sono gli studenti che si mobilitano contro il genocidio dei palestinesi e per bloccare le complicità con lo Stato di Israele. I complici del genocidio si vedono anche da queste “priorità”.
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