Nella foga di giustificare il “mandato d’arresto” statunitense contro lo scienziato iraniano Abedini, rivestendo di pseudo argomentazioni giuridiche la “legalità” di un gesto coloniale arbitrario, i media italiani si sono quasi sempre dimenticati del fatto che Abedini è anche cittadino svizzero.
Ossia di un paese storicamente tutto interno all’Occidente – e al suo sistema bancario – ma anche politicamente neutrale in tutte le guerre che hanno insanguinato la “civile Europa” che pretende ancora di dar lezioni al resto del mondo.
Ma le cose stanno peggiorando drasticamente anche al di là della ben nota (agli evasori fiscali) frontiera di Chiasso. Autorità politiche e media mainstream hanno rapidamente introiettato i format sfornati dal “grande fratello” statunitense. Anche se qualcuno, fortunatamente, non china la testa e controbatte con coraggio.
Ossia di un paese storicamente tutto interno all’Occidente – e al suo sistema bancario – ma anche politicamente neutrale in tutte le guerre che hanno insanguinato la “civile Europa” che pretende ancora di dar lezioni al resto del mondo.
Ma le cose stanno peggiorando drasticamente anche al di là della ben nota (agli evasori fiscali) frontiera di Chiasso. Autorità politiche e media mainstream hanno rapidamente introiettato i format sfornati dal “grande fratello” statunitense. Anche se qualcuno, fortunatamente, non china la testa e controbatte con coraggio.
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A Malpensa, su ordine del governo statunitense, è stato fermato nei giorni scorsi il cittadino svizzero di origine iraniana, Mohammad Abedini Najafabadi, con l’accusa di traffico d’armi. Egli avrebbe presuntamente fornito al governo dell’Iran informazioni sui sistemi di navigazione di droni tramite una sua società con sede presso il campus del Politecnico federale di Losanna (EPFL).
L’accusa è, per dirla con le parole del giornalista Paolo Di Mizio, “farlocca senza alcuna base giuridica”. Questo perché, se davvero l’ingegnere lavora per lo Stato iraniano e se quest’ultimo vende armi a un paese terzo, ciò potrà essere eticamente discutibile ma certamente non costituisce il reato di “traffico d’armi”: è semplicemente un libero commercio garantito dalle leggi e dalla stessa World Trade Organisation (WTO).
Infatti non ci risulta che i rappresentanti dell’industria degli armamenti americani in Svizzera ed Europa vengano arrestati con questa accusa...
Le sanzioni contro l’Iran sono invenzioni della Casa Bianca!
Certo, vi sono delle sanzioni contro l’Iran per impedire che questo paese sviluppi la propria difesa militare. Ma si tratta di sanzioni politiche imposte da un governo nemico di Teheran, appunto quello USA.
Esse sono insomma prive di mandato dell’ONU e quindi da un punto di vista legale siamo di fronte al nulla: è un arresto squisitamente politico! Gli USA comandano, l’Italia ubbidisce, la Svizzera sta zitta anche se un suo cittadino viene arrestato abusivamente all’estero.
Il giornalista Di Mizio dice bene: “la verità è che gli americani vogliono interrogare, con le buone o con le cattive, l’ingegnere iraniano per conoscere i segreti dei droni iraniani, come li fabbricano, dove, se li vendono alla Russia, ecc. Questa è la vera ragione. L’arresto dell’ingegnere è un sequestro di persona, non un arresto: è un atto di pirateria di Stato”.
Il giornalismo ticinese ripete quello che dicono Israele e USA
Tutto questo non interessa al portale di informazione TicinOnline, il quale intervista lo storico Daniel Rickenbacher. Quest’ultimo – dando per buona solo una campana, ovviamente quella statunitense – spara a zero sia contro l’EPFL sia contro i Servizi di Informazione della Confederazione per aver presuntamente banalizzato i rischi e invitandoli a stravolgere le procedure di sicurezza.
Lo storico lamenta, peraltro con un linguaggio ben poco scientifico, che la Confederazione “non persegue una politica estera anti-islamista” e chiede che le università elvetiche assumano esse stesse “compiti di intelligence”.
Visto però che gli atenei sarebbero incapaci di svolgere tale funzione “hanno bisogno del sostegno dei servizi segreti e forse anche di altre autorità”.
In pratica questo professore chiede una tutela politica delle alte scuole e legittima un’ingerenza anche della polizia sulla ricerca. Dichiarazioni di una gravità inaudita poiché affossano per sempre il principio di libertà accademica, ma i giornalisti si guardano bene dall’approfondire o dal sentire un secondo parere.
Peraltro se c’è qualcuno che ha agito contro le derive terroristiche dell’islamismo in Medioriente negli ultimi vent’anni è stato proprio l’Iran sciita.
Smascheriamo Daniel Rickenbacher!
In Svizzera ci sono decine di migliaia di storici che potrebbero essere intervistati e molti non la pesano certo come questo loro collega, che però gode del privilegio di finire mediatizzato.
TicinOnline non dice a che titolo intervista Rickenbacher, però lo legittima: fa passare di fatto le sue opinioni – espresse senza alcun contraddittorio – come se fossero una verità scientifica assoluta.
Questo modo di pubblicare interviste è una forma di propaganda, atta a far credere al popolo che quanto sta leggendo è l’opinione di una persona competente e apparentemente “super partes”.
Come vedremo, questo storico, più che un accademico minimamente obbiettivo, è in realtà un ricercatore schieratissimo! Potremmo dire che sembra un militante politico più che uno scienziato...
Ovviamente, come tutto nella società umana, anche gli storici sono di parte e rispondono a specifici interessi. Il che è legittimo, purché lo si dica in modo trasparente e non si faccia passare per “neutrale” qualcosa che è invece di parte.
Daniel Rickenbacher, infatti, è un ex-insegnante alla cattedra di studi strategici dell’Accademia militare svizzera presso il Politecnico federale di Zurigo (ETH), è stato ricercatore – guarda un po’ che caso – presso l’Università Ben Gurion di Tel Aviv e oggi è ricercatore presso il Concordia Institute for Canadian Jewish Studies. Entrambe istituzioni accademiche di orientamento sionista, quindi prevenute nei confronti dell’Iran.
Come se non bastasse il professore intervistato su TicinOnline è pure collaboratore del portale di informazione filo-atlantista AudiaturOnline, edito dalla Fondazione Audiatur, un think tank filo-sionista e filo-NATO fondato da Josef Bollag, già vice-presidente della Federazione Svizzera delle Comunità Israelite presieduta oggi dal deputato UDC Alfred Heer, che già si era fatto notare per aver attaccato l’ambasciatore svizzero Jean-Daniel Ruch, “colpevole” a suo dire di essere troppo tollerante con i palestinesi.
Siamo quindi di fronte a una persone schierata da sempre con Israele, cioè il nemico principale dell’Iran, e quindi palesemente di parte.
Non è illegale esserlo, ma i giornalisti avrebbero dovuto dirlo ai loro lettori: questi ultimi invece sono stati indotti a credere che le opinioni faziose di Rickenbacher abbiano una qualche valenza universale della comunità scientifica, invece è solo l’opinione di un privato cittadino politicamente attivo al fianco del sionismo internazionale, che ha insegnato come tanti in un’accademia svizzera.
Il Partito Comunista denuncia: “Vogliono militarizzare le università!”
Rickenbacher insiste nel criticare la Svizzera che “ha mantenuto per decenni stretti rapporti di ricerca con l’Iran e svolge un importante ruolo di mediazione tra Stati Uniti e Iran”.
Cosa dovrebbe fare un paese neutrale se non “mediare”? E perché mai le università svizzere dovrebbero rifiutare la cooperazione scientifica con l’Iran quando la mantengono anche con il regime sionista di Israele, le cui istituzioni di ricerca sono tutte dipendenti dall’esercito che sta oggi compiendo un genocidio in Palestina?
Perché Israele sì e l’Iran no? Solo perché a Washington hanno deciso così? Solo perché Rickenbacher è un professore che fa da megafono per i suoi amichetti sionisti?
L’unico partito politico svizzero ad essersi finora schierato è il Partito Comunista: già alcuni mesi fa i deputati Massimiliano Ay e Lea Ferrari avevano protestato con la rettrice dell’Università di Friburgo per l’attitudine repressiva dimostrata contro studenti e docenti critici verso il regime genocida di Tel Aviv.
Oggi ancora sottolineano: “vogliono limitare la libertà accademica svizzera e militarizzare la ricerca universitaria così da renderla al servizio della NATO e dei sionisti: noi invece dobbiamo restare un Paese neutrale nelle cui università viga un effettivo pluralismo”.
CIA e Mossad hanno campo libero nelle accademie svizzere
C’è anche un pericolo che le università svizzere promuovano il pensiero unico liberal-atlantista e di fatto impongano ai loro studenti un’unica storiografia: non a caso nei giorni scorsi anche l’ETH di Zurigo ha ammesso di voler introdurre forme di selezione discriminatoria per evitare che vi siano troppi studenti cinesi, evidentemente considerati spie del Partito Comunista Cinese.
Gli studenti israeliani spie del Mossad e i professori americani che lavorano con la CIA invece possono continuare a dettare legge nel nostro Paese.
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