Un ex dirigente CIA ora scaricato dalla Casa Bianca ha rilasciato un’intervista al quotidiano britannico The Times, criticando la strategia stelle-e-strisce sull’Ucraina. Le sue parole smascherano definitivamente una delle ultime narrazioni propagandistiche ancora ripetute a pappagallo dai media nostrani: le armi inviate a Kiev servono a dissanguare i contendenti, non a spostare gli equilibri della guerra.
Dopo la chiusura dell’accordo sui minerali tra Stati Uniti e Ucraina, e dopo che l’amministrazione Trump ha riaperto all’invio di armi alle forze ucraine, il governo statunitense dice di volersi tirare indietro dalla mediazione tra Mosca e Kiev. Il tycoon era alla ricerca di buoni affari commerciali, e quelli che ha portato a casa sembrano soddisfarlo, per ora.
Gli USA hanno ottenuto il controllo di riserve sostanziose di materie prime e che le armi si paghino, hanno ottenuto che la UE continui a pagare a caro prezzo il gas naturale statunitense, e probabilmente freneranno sul togliere le sanzioni ai russi a meno che non chiudano un accordo favorevole al capitale statunitense anche sulla riattivazione dei gasdotti Nord Stream.
L’attività di “paciere” non si addice agli Stati Uniti, e anche questa volta hanno mostrato che gli obiettivi erano quelli di mantenere una leva e una posizione di vantaggio su tutti gli altri attori globali. Anche per questo la figura di Ralph Goff, fermo sostenitore di un maggiore impegno per l’Ucraina (in linea con la gestione Biden), non era quella adatta al ruolo di vicedirettore operativo della CIA.
Si tratta di un ruolo fondamentale e tra i più importanti, in quanto gestisce le attività clandestine dell’agenzia, e il posto sembrava dovesse andare a Goff, il quale ha oltre 30 anni di esperienza nell’intelligence statunitense: ha servito più volte con ruoli dirigenziali in Europa, nel Medio Oriente e in Asia, ed è stato anche a capo delle operazioni per l’Europa e l’Eurasia.
A inizio aprile il giornale Politico aveva riportato fonti interne alla CIA secondo cui Goff avrebbe dovuto essere nominato a breve, ma alla fine l’amministrazione Trump aveva bloccato il tutto. Goff era in pensione da ottobre 2023 e da allora aveva moltiplicato le dichiarazioni a favore di Kiev, recandosi anche personalmente in Ucraina, in qualità di “consulente indipendente”.
Non sorprende quindi che abbia deciso di esporsi con un’intervista, così come non sorprende che ad accogliere le sue parole sia stato un quotidiano britannico, ovvero di un paese appartenente allo schieramento europeo della guerra a tutti i costi. Ad ogni modo, l’ex CIA ha rivelato al Times qualcosa che non può che mettere in imbarazzo anche l’amministrazione Biden e le stesse cancellerie europee.
Innanzitutto, già nel 2014 Goff afferma di aver messo in guardia sul fatto che “si stavano piantando i semi della Terza guerra mondiale nel Donbass”, e che doveva essere fatto qualcosa al riguardo. Ma anche che le priorità della Casa Bianca erano altre, rivelando poi che nel 2022 la strategia adottata dall’Occidente sull’invio di armi ha tenuto fortemente in considerazione gli equilibri nucleari.
Nulla di nuovo e che nessuno con un po’ di onestà e lucidità non avesse già detto: nelle relazioni internazionali a tenere banco non sono le questioni morali, né la millantata “difesa della democrazia”, ma gli equilibri concreti a livello geopolitico. Se il confronto poi è tra potenze con armi atomiche, è il pericolo di un’escalation nucleare a dettare la linea.
Il timore che, di fronte a una sconfitta strategica con la NATO, Mosca rispondesse con l’opzione nucleare ha spinto sin da subito Biden a scegliere la fornitura di armi che permettessero agli ucraini di combattere, ma non di ottenere alcun concreto vantaggio sul campo. Goff ha così sintetizzato: “abbiamo dato all’Ucraina abbastanza armi per sanguinare, non per vincere”.
Insomma, lo scopo era logorare la Russia, anche senza mai davvero creare le condizioni necessarie affinché perdesse (e magari decidesse l’uso dell’arma atomica). L’Ucraina era l’agnello sacrificale da mettere in mezzo a una guerra che era tra l’alleanza atlantica e il Cremlino, la carne da cannone da usare per incancrenire un conflitto per il quale la finestra di tempo utile per agire in modo dirimente a favore di Kiev si è chiusa.
“Se avessimo equipaggiato l’Ucraina con le armi giuste fin dall’inizio forse avrebbero potuto cacciare i russi dal paese. Ma abbiamo scelto di non rischiare” che la guerra precipitasse verso scenari “non convenzionali”. Goff, insomma, non è un pacifista; anzi la sua intervista ribadisce che, a suo avviso, l’Occidente si è mosso in modo troppo prudente, spaventato da una guerra nucleare che lui (e Biden) avrebbe rischiato senza preoccuparsi troppo.
Un ‘apprendista stregone’ in piena regole, che però rivela in maniera incontrovertibile un fatto: USA e UE hanno sostanzialmente puntato a usare gli ucraini contro la Russia, rendendo il loro paese un tritacarne. Per questo non hanno mai neanche davvero fatto in modo che Kiev potesse “vincere” (si sapeva che non era materialmente possibile), limitandosi a farla dissanguare il più a lungo e lentamente possibile.
Bella prova “democratica”, no?
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