I radicali tornano a farsi vivi con la loro consueta strategia referendaria che, questa volta, ha per oggetto la giustizia:
quesiti 1 e 2: responsabilità civile dei magistrati in caso di errori;
3: ritorno a funzioni giudiziarie dei magistrati “fuori ruolo”;
4: tendente a limitare ed, al limite, escludere la custodia cautelare;
5 abolizione dell’ergastolo;
6. separazione delle carriere di magistratura giudicante e magistratura inquirente.
I primi quattro quesiti sono in sé assolutamente condivisibili: la responsabilità civile del magistrato non è assolutamente sanzionata dal nostro ordinamento, nonostante il referendum del 1987 (dove votò per il Si oltre l’80% degli elettori) e la legge che ne scaturì (l.13 aprile 1988 n. 117) fu semplicemente una legge truffa, che non ha affatto risolto il problema. Anche lo scandalo dei magistrati “fuori ruolo” deve cessare senza starci troppo a pensare: in un paese dove c’è un arretrato mostruoso di processi e dove una sentenza civile ci mette mediamente 8 anni per arrivare in porto, ci permettiamo il lusso di centinaia di magistrati collocati fuori ruolo, perché applicati presso i ministeri o perché eletti in Parlamento o per cento altre strane ragioni. Bisogna stabilire una volta per tutte che i magistrati possono candidarsi solo dopo essersi dimessi dalla magistratura (ed ovviamente non rientrarci dopo). Quanto a quelli applicati presso i ministeri, appare evidente quanto sia inopportuno questo intreccio fra esecutivo e giudiziario, anche sul piano della separazione dei poteri, così spesso invocata a proposito ed a sproposito.
Sull’ergastolo direi che è un referendum sostanzialmente inutile perché già oggi non esiste di fatto, ma eliminare quel residuo che ancora c’è non è cosa che ci trovi contrari.
Più cauto sarei sugli altri due quesiti: per la custodia cautelare, potrebbe bastare un’ applicazione corretta di quanto stabilisce già oggi il Cpp, mentre ho molti dubbi sull’opportunità di abolire del tutto questo strumento.
Per quanto riguarda poi la separazione delle carriere fra giudicante ed inquirente, la cosa in sé è del tutto ragionevole, dato che, ad esempio, oggi può capitare che in appello un imputato si trovi nella Corte il Pm di primo grado e questo non è simpatico. Così come non appare accettabile che una delle parti del processo sia un collega del giudicante, con il quale condivide l’associazione ed il voto per il Csm. Peraltro è il passaggio stesso dal rito inquisitorio a quello accusatorio (il “processo all’americana” che piacque tanto a tutti sul finire degli anni ottanta…) a spingere in questa direzione. Dunque, ci sono buone ragioni per separare le carriere, però dobbiamo capirci su cosa fare dopo. Se qualcuno pensa di sottoporre l’inquirente al Ministro di grazia e giustizia non se ne parla nemmeno. Nei paesi dove vige il sistema accusatorio (come gli Usa) il Procuratore è eletto periodicamente. Personalmente trovo la cosa molto pericolosa in un paese come l’Italia dove mi chiedo chi sarebbe eletto in Sicilia, in Calabria, in Campania ed in Puglia (tanto per fare qualche esempio) e, per la verità, anche negli Usa questa soluzione non è immune da rischi del genere e mi pare che ci siano precedenti espliciti… Comunque le soluzioni possono essere diverse e se ne può parlare.
Comunque, nessuno dei quesiti in sé è scandaloso ed almeno tre sono del tutto condivisibili.
Ciò non di meno si tratta di una solenne porcheria che va boicottata.
Quello che conta è il senso politico dell’operazione che, detto papale papale, è solo un assist a Berlusconi. E non stupisce affatto che gli esponenti del Pdl siano in prima fila a sostenere questa nobile causa “libertaria”. Così come non è che si richieda nessun particolare genio per capire a cosa serve la campagna sull’amnistia tirata fuori dai radicali in sinergia con i referendum: potete immaginare un’ amnistia che escluda i reati del Cavaliere? Ma, si dirà, le carceri scoppiano. Giusto! Allora facciamo un indulto anche molto generoso, ma che non tocchi l’interdizione dai pubblici uffici che non c’entra nulla con l’affollamento delle carceri. Anzi: ci sarebbe più spazio in Parlamento…
La cosa è costruita con abilità, perché nessuno dei quesiti referendari è funzionale direttamente alle esigenze immediate del Cavaliere, ma è evidente che, in primo luogo, le firme raccolte servirebbero a “spingere” il Parlamento ad occuparsi della “Riforma della Giustizia” che, ovviamente, servirebbe a ben altro che la materia dei quesiti. Se poi consideriamo che dall’altra parte ci sono quei calabraghe del Pd, c’è da inorridire al pensiero di cosa verrebbe fuori. Sanciremmo solo la fine dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Se poi si andasse al referendum sarebbe ancora peggio: comunque andasse, sarebbe una sconfitta per la democrazia. Se vincono i Si, è la delegittimazione della magistratura che ha condannato il Cavaliere e, per la proprietà transitiva, la ri-legittimazione di esso a furor di popolo. Se vincessero i No, peggio ancora, perché sarebbe la sacralizzazione dei Magistrati, eroi eponimi della lotta al berlusconismo.
La democrazia in questo paese ha due nemici: il partito degli imputati guidato dal Cavaliere e la corporazione giudiziaria. Bisogna fare i conti con tutti due, ma… una cosa alla volta! Adesso togliamoci dai piedi questa banda di malfattori (anche se avremmo preferito che questo avvenisse per via politica e non giudiziaria, ma, d’altra parte, questi i reati li hanno fatti davvero e mica pochi). Dopo, a questione sistemata con il partito degli imputati, penseremo anche alla corporazione giudiziaria.
Quanto a quegli sporcaccioni dei radicali: si capisce perché dico che, da trenta anni, sono uno dei fattori più pestilenziali della nostra vita politica?
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