di Carlo Musilli
Se i nemici giurati del popolo greco fossero ordinati in una
classifica, a questo punto la Troika sarebbe davanti anche agli eserciti
persiani dei re Dario e Serse. Forse era proprio questo primato
l'obiettivo di Ue, Bce e Fmi, perché ad Atene e dintorni sono in pochi a
vedere il nesso fra la mattanza sociale evidentissima e il presunto
salvataggio. L'ultimo colpo del macellaio-creditore è arrivato ieri,
quando il Parlamento greco ha approvato di misura (153 voti favorevoli
su 300) la riforma della pubblica amministrazione tanto invocata da
Bruxelles.
La legge prevede la nascita di una società in cui
saranno trasferiti 25 mila lavoratori, che si cercherà di ricollocare
nei prossimi otto mesi, periodo durante il quale le persone coinvolte
avranno lo stipendio ridotto al 75%. Quattromila dipendenti pubblici,
per lo più poliziotti locali e insegnanti, perderanno subito il lavoro. E
non saranno certo gli ultimi, visto che il governo ellenico si è
impegnato a tagliare entro il 2015 ben 150 mila posti pubblici.
Il
colpo di machete è l'ennesima condizione posta dai creditori
internazionali per continuare a pagare il debito pubblico greco. In
particolare, nei prossimi mesi dovrebbe arrivare ad Atene una tranche di
aiuti da 6,8 miliardi, di cui 2,5 a fine luglio. Soldi con i quali
potremo continuare a fingere che prima o poi il Paese sarà in grado di
tornare a finanziarsi autonomamente sul mercato. Una prospettiva quanto
mai onirica, anche perché due giorni fa Bruxelles ha annunciato che
l'anno prossimo, alla fine del programma di aiuti, nei conti ellenici
potrebbe rimanere un buco finanziario compreso tra i 2,8 e i 4,6
miliardi di euro. Un'altra stima interna alla Commissione europea parla
di 4,9 miliardi. Notare la precisione dei calcoli.
Intanto, la
rabbia popolare continua a crescere. Mentre il Parlamento si produceva
nell'ennesimo voto suicida dopo giorni di manifestazioni e scioperi,
nelle strade della capitale ellenica sono andate in scena nuove proteste
organizzate da migliaia di docenti, agenti della polizia municipale e
altri dipendenti pubblici. Ma non li hanno ascoltati. La riforma è stata
varata dai due partiti al potere, i conservatori di Nea Dimokratia e i
socialisti del Pasok (gli stessi che negli anni passati hanno truccato i
bilanci, gettando le basi per la successiva catastrofe). Nelle scorse
settimane proprio la riforma della pubblica amministrazione aveva
provocato la fuoriuscita dalla maggioranza di Dimar, la sinistra
democratica.
Il premier Samaras, dopo il voto, ha provato a
rivendicare un risultato positivo ottenuto nelle trattative con la
Troika, ovvero la riduzione dell’Iva sui ristoranti e i prodotti di
ristorazione dal 23 al 13%. Il provvedimento potrebbe aiutare il
turismo, ma è davvero poco per far dimenticare la sequela di
umiliazioni subite in silenzio dal governo. A riportare giustamente
l'attenzione sul diluvio di licenziamenti che getterà sul lastrico
migliaia di famiglie ci ha pensato Alexis Tsipras, il leader della
sinistra radicale, che ha parlato di "sacrificio umano", definendo il
progetto "un disastro".
Ai
greci non rimane quindi che scendere in piazza per esprimere quantomeno
il proprio dissenso. "Una polemica di dignità", per dirla con il poeta.
Almeno questo sarà concesso, giusto? Sbagliato.
Ieri nel centro di Atene sono state vietate le manifestazioni per
evitare scontri in occasione della vista del ministro tedesco delle
Finanze. Il rigorosissimo Wolfgang Schaeuble - che si fa notare anche
per il tempismo delle sue apparizioni - si è naturalmente sperticato in
lodi per la nuova riforma, sottolineando che il settore pubblico greco
era eccessivamente ampio per risultare sostenibile.
"Se nel 2014
la Grecia avrà rispettato i propri impegni e se avrà ottenuto un avanzo
di bilancio primario - ha aggiunto Schaeuble -, allora si apriranno le
trattative per un eventuale nuovo taglio del debito, ma anche per nuovi
aiuti economici. Come concordato, siamo pronti a discutere ulteriori
misure alla fine del programma attuale. Ora però dobbiamo fare tutto
quello che è necessario".
Il dramma vissuto dalla gente comune,
come sempre, viene liquidato con frasi concessive. Qualcosa del tipo
"non si può fare altrimenti, anche se sarà difficile dal punto di vista
sociale". Poche ore prima la stessa Commissione europea aveva
certificato che in Grecia una famiglia su cinque vive sotto la soglia di
povertà. Ma sono statistiche che non interessano a nessuno, nemmeno ai
persiani.
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