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17/07/2013

Gli intoccabili: Il razzismo di Sartori.

Esiste una categoria di persone che durante gli ultimi vent’anni sono riuscite a ricostruirsi una verginità politica, erano reazionari, destrorsi portatori delle peggiori nostalgie, amici degli imperialisti, boiardi democristiani. Poi un giorno hanno deciso che a loro Berlusconi stava sulle balle e così si sono conquistati un vitalizio sicuro come Grande Vecchio Intoccabile protetto da tutta la cultura per bene, cioè, da Repubblica e dal Corriere (il Grande Vecchio può essere omesso per chi non abbia ancora superato i 70 anni). Alcuni di questi sono stati talmente abili da aver iniziato la Seconda Repubblica come berlusconiani e poi essersi costruiti un pedigree da antiberlusconiani.

Giovanni Sartori è da tempo diventato un Grande Vecchio Intoccabile. Accantonato lo studio dei sistemi politici, Sartori è diventato un tuttologo il cui parere è richiesto e incontestato su ogni argomento delle scibile umano, e da giornali e tv diffonde il suo senso comune da reazionario senza che nessuno gli dica bah.

D'altronde, qua si tratta di dare del Sultano a Berlusconi, non di mettersi a fare i puntigliosi sul fatto che il suo schema interpretativo dei sistemi politici riporti come “totalitario” il governo nazista di Hitler e solo come “autoritario” quello fascista di Mussolini. Mica che il termine “totalitario” sia stato inventato dagli antifascisti italiani per indicare proprio il Duce, eh…

E come tutti i reazionari, non può farsi mancare quella punta di razzismo spacciata per realismo. Dalle pagine del giornale borghese per eccellenza, il Sartori s’è schierato contro la cittadinanza ai bambini nati in Italia con gli stessi argomenti utilizzati dai peggio leghisti: roba in cui si da la colpa al terzomondismo della sinistra che orfana del Sol Dell’Avvenire si sfoga dando la cittadinanza a chiunque, per poi passare a criticare la retorica sugli imprenditori stranieri perché aprono “un negozietto da quattro soldi” e “poi quanti sono gli immigrati che battono le strade e che le rendono pericolose?”.

Un Bossi qualsiasi non avrebbe detto nulla di diverso. Il suo intervento contro la Kyenge si avventura nel consigliare alla signora ministro di comprare un vocabolario per imparare il significato della parola meticcio. Dice l’illustre vecchio trombone che l’Italia non è un paese meticcio (come sostenuto da Kyenge) perché non si sono mescolate etnie.

Ora, se il pluripremiato vecchio reazionario sapesse qualcosa del dibattito su come diavolo si definisce un’etnia, si terrebbe alla larga da dichiarazioni così perentorie. Esistono almeno una decina di definizioni e molte di essere stabilirebbero l’Italia come paese meticcio. Dovrebbe bastare un solo clamoroso esempio come quello delle popolazioni slave, un pozzo di scienza come Sartori non dovrebbe farsi ingannare dall’italianizzazione forzata imposta dal fascismo, dietro a nomi (e storia, e territorio) italianizzati non dovrebbe essere difficile per nessuno distinguere un’etnia.

Ma non finisce qui.

Sartori si sente anche in dovere di fare un paragone storico con il subcontinente indiano che vale la pena di riportare in toto.

Mai sentito parlare, signora Ministra, del sultanato di Delhi, che durò dal XIII al XVI secolo, e poi dell’Impero Moghul che controllò quasi tutto il continente Indiano tra il XVI secolo e l’arrivo delle Compagnie occidentali? All’ingrosso, circa un millennio di importante presenza e di dominio islamico. Eppure indù e musulmani non si sono mai integrati. Quando gli inglesi dopo la seconda guerra mondiale se ne andarono dall’India, furono costretti (controvoglia) a creare uno Stato islamico (il Pakistan) e a massicci e sanguinosi trasferimenti di popolazione. E da allora i due Stati sono sul piede di guerra l’uno contro l’altro.

Il problema principale sarebbe che certi tipi di identità sono stati introdotti in India solo dal censimento del colonialismo inglese, ragionare come se gli “islamici da integrare” in Italia nel 2013 siano gli stessi dell’Impero Moghul del 1500 è come pensare di avere con i turisti tedeschi in vacanza sul Lago di Como lo stesso rapporto che si aveva coi lanzichenecchi. E d'altronde neanche gli Hindu sono gli stessi di 500 anni fa. Questo, oltre ad essere un errore storiografico, è espressione di quel tipo di orientalismo che vuole proiettare sui paesi orientali le immagini tipiche dell’immaginario orientale, in questo caso l’immagine delle società orientali come società identiche a se stesse nei secoli.

Ma ancora più grave è la ricostruzione delle vicende moderne. Nella foga di dimostrare la non integrabilità delle popolazioni di religione islamica, Sartori addossa tutta la colpa della separazione tra India e Pakistan ai musulmani stessi. I dirigenti della Lega Musulmana, Ali Jinnah in testa, hanno avuto la loro dose di responsabilità ma quello che è successo non sarebbe successo se non fosse stato per la decisione dell’Impero Inglese di disimpegnarsi immediatamente dall’India e di lasciare dietro di se non uno ma due stati. Ma perché venne fatto questo? Perché il nascente Pakistan serviva a fare da contraltare conservatore alle tendenze socialisteggianti che serpeggiavano nell’indipendentismo e che Nehru avrebbe attuato coi piani quinquennali. Inoltre, costituendo il Pakistan su base etnica si creava un cuscinetto col cosiddetto Pakistan Orientale (l’attuale Bangladesh) nei confronti della Cina, dove si cominciava a capire che la guerra civile evolvesse a favore dei comunisti e non dei nazionalisti. In parole povere, gli inglesi non furono obbligati a dividere India e Pakistan. Decisero di farlo.

E tanto per essere precisi, la violenza etnica che si scatenò e che dure tuttora fu tutt'altro che unidirezionale, islamici e hindu si ammazzarono a vicenda e continuano a farlo tuttora. Solo che l’immagine dell’hinduismo come un’estensione del pacifismo gandhiano impedisce agli occidentali di vedere quando sono i nazionalisti hindu a scatenare tremende violenze contro i musulmani.

E non è neanche la prima volta che Sartori produce una performance imbarazzante parlando di India. Già nel 2009, sempre parlando in maniera pacata ed equilibrata dell’integrazione degli islamici, Sartori produceva un’uscita notevole come: Si avver­ta: gli indiani «indigeni» sono buddisti e quindi pa­ciosi, pacifici; e la maggio­ranza è indù, e cioè poli­teista capace di accoglie­re nel suo pantheon di di­vinità persino un Mao­metto.

Cosa Sartori intenda con “indigeni”, è difficile saperlo, ciò che è certo è che di buddisti in giro per l’India all’epoca di cui parla Sartori ce n’erano ben pochi, il buddismo era uscito dal subcontinente indiano e aveva fatto fortuna altrove. Fra l’altro, una delle vie di penetrazione dell’Islam è stata proprio la conversione di parte della popolazione buddista, alla faccia dei luoghi comuni perpetrati da Sartori sull’Islam guerrafondaio e sul buddismo naturalmente pacifista.

Che l’hinduismo possa assumere nel proprio pantheon Maometto è fondamentalmente un’altra fantasia orientalista di Sartori, evidentemente nel suo immaginario una religione politeista è una specie di supermercato dei cinesi in cui trovi un po’ di tutto.

In pratica, il discorso di Sartori è razzista su più livelli. E’ razzista contro il ministro Kyenge che in quanto nera di pelle non saprebbe l’italiano, è razzista verso la popolazione musulmana bollata come “non integrabile” ed è razzista (e ignorante) nella visione della storia dei paesi orientali. Un bel terno per uno che la wikipedia italiana vanta come uno dei maggiori esperti mondiali di scienza politica.


D'altronde, sono i vantaggi di essere intoccabili.

P.s.: tutto questo ovviamente non significa parlare bene della Kyenge ne del governo Letta. Parlerò bene della Kyenge quando avrà abolito la Bossi-Fini e la Turco-Napolitano.

P.p.s.: ovviamente il prossimo post sugli intoccabili sarà dedicato a Emma Bonino.

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