Il portavoce dell'istituto centrale tedesco: "In Germania 10 anni fa avevamo 5 milioni di disoccupati, molti pensavano che per i giovani non ci sarebbe stato futuro e che il Paese era spacciato. Oggi non abbiamo abbastanza giovani per coprire tutti i posti di lavoro qualificati che abbiamo da offrire".
“Il ritorno alla Lira sarebbe un disastro per l’Italia, provocherebbe un’inflazione pazzesca. Per andare avanti vi servono riforme strutturali,
vi serve una classe politica capace di guardare avanti di 20 anni”.
Chiacchiere da bar, al tavolino di Villa Vigoni (centro Italo-Tedesco
per l’eccellenza europea), dove questo fine settimana si è svolto un
seminario sulla Germania, raccontata da alcuni esponenti di spicco del
mondo politico, culturale ed economico. La tappa italiana dell’euro tour
tedesco avviene ad un paio di mesi dalle elezioni che si terranno in
Germania il prossimo 22 settembre, quando si decideranno le sorti di Angela Merkel
e del suo governo. Gli analisti teutonici, senza lasciarsi andare a
previsioni, assicurano che in tema di politiche comunitarie nulla
cambierà, qualunque dovesse essere la coalizione chiamata a governare.
Lo ha puntualizzato il professor Eckart Stratenschulte,
direttore dell’Europaische Akademie Berlin: “I partiti anti euro non
hanno attecchito in Germania, l’Afd probabilmente non riuscirà nemmeno a
superare lo sbarramento. I principali partiti dei due schieramenti Cdu,
Fdp, Spd e Grune sono tutti sulla stessa posizione nei confronti
dell’Europa, quindi su questo fronte dopo il 22 settembre non cambierà
nulla, comunque vadano le cose”. Una cosa è chiara: la Germania non
vuole rinunciare all’euro e all’Europa, facendone quasi una ragion di
stato. Un proposito difficile da mettere in atto quando ci si deve
confrontare con l’opinione pubblica. I tedeschi non
vogliono pagare il prezzo della difesa dell’euro, vittime forse del
complesso dei primi della classe, convinti di essere gli unici a tirare
il carretto mentre italiani, greci, spagnoli e portoghesi stanno in
spiaggia a tirare sera.
Allora la ricetta è quella presentata da Michael Best, portavoce del presidente della Deutsche BundesBank,
che ha tenuto un intervento sul tema “Salvare l’euro, ma come?
Posizioni tedesche sul futuro dell’Unione monetaria”. Posizioni che sono
tutte rigore e disciplina e che non lasciano spazio a
sguardi compassionevoli verso gli Stati in difficoltà. Ma è a margine
che emergono le valutazioni più sincere, meno formali e meno ingessate
di quelle pronunciate al microfono del convegno: “In Germania 10 anni fa
avevamo 5 milioni di disoccupati, molti pensavano che
per i giovani non ci sarebbe stato futuro e che il Paese era spacciato.
Oggi non abbiamo abbastanza giovani per coprire tutti i posti di lavoro
qualificati che abbiamo da offrire. Alla base della crescita ci sono le
riforme strutturali, noi abbiamo saputo farle, ora tocca anche a voi. Il
rigore da solo non basta. Non serve a niente mettere nuove tasse
se non agisci sulle politiche del lavoro, sulle politiche industriali,
sulla formazione e la giustizia. Per fare crescere il Paese bisogna
guardare avanti di anni”.
Insomma, secondo la BundesBank, la banca federale tedesca, non tutto è perduto in Italia, nemmeno con l’enorme gap di credibilità
dovuto ad una classe politica troppo impegnata a parlarsi addosso per
accorgersi che il Paese, per tornare a respirare, ha bisogno di un
impulso forte: “Il vostro problema più grosso è proprio la politica –
continua Best – ma non può arrivare nessuno da Bruxelles o da
Francoforte a fare le riforme per voi. È a Roma che devono capire quali
sono le priorità e prendere delle decisioni che
sappiano ridare credibilità al vostro Paese e alla vostra economia”.
Decisioni prese oggi per il bene di domani, non semplici toppe per
coprire le falle provocate in decenni di gestione allegra, ma riforme
per crescere.
In senso più generale il destino dell’euro, secondo
la posizione ufficiale della Banca federale tedesca, è legato al
consolidamento del trattato europeo e all’irrigidimento delle regole di
bilancio che in passato sono state interpretate troppo generosamente:
“Bisogna rompere il legame tra le banche e gli Stati ed
eliminare la garanzia implicita di cui godono le banche, definendo una
chiara cascata delle responsabilità. Se una banca fallisce non possono
pagare i contribuenti, ma azionisti e creditori devono
farsi carico delle perdite e se una banca non riesce a stare in piedi è
giusto che esca dal mercato”.
Per stabilizzare l’Unione monetaria
bisogna seguire esclusivamente il principio della responsabilità.
Ciascuno deve essere responsabile delle proprie azioni e la forza delle
decisioni. Banche o Stati che siano. “Nella zona euro non c’è sempre
stato questo equilibrio tra responsabilità e decisioni – ha continuato
Best -. Le perdite di molte banche sono state sostenute dai contribuenti
di molti Paesi”. Una regola aurea, che deve valere sempre: “Ogni paese
membro deve provvedere autonomamente a che la propria economia sia
produttiva e competitiva e che le finanze statali siano solide nel lungo
periodo. Ogni paese deve essere in grado di assorbire con le proprie
forze gli shock congiunturali. Sono obiettivi ambiziosi che dovrebbero
esser ovvi. L’euro potrà avere vita lunga solo quando ogni paese
garantirà da solo i presupposti della propria adesione”.
Fonte
I soliti discorsi da paraculi che vogliono far sembrare l'UE un sistema che offre a tutti i paesi membri le medesimo opportunità. Peccato che le basi di partenza dei singoli stati siano estremamente diverse e l'unione europea sia costruita per evitare qualsiasi forma di armonizzazione tra realtà tanto discordanti. Al capitalismo tedesco tutto questo viene ovviamente benissimo,visto che la Germania sguazza nel dividi et impera.
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