Cercare di capire in modo esatto chi detiene il
debito pubblico italiano è un’impresa impossibile. La composizione
esatta del portafoglio degli investitori cambia infatti ogni giorno in
cui i mercati restano aperti.
Eppure conoscere queste informazioni, almeno
in termini generali, consente di comprendere almeno due tendenze: chi
sta comprando o vendendo debito italiano e quali sono i soggetti più
esposti. Se le cose dovessero volgere al peggio (come nel caso di un default)
chi ne detiene in quantità maggiore sarebbe nei guai: i soldi investiti
nei titoli italiani sono infatti composti (anche) dai risparmi delle
famiglie. Il rischio del debito, dunque, si riflette direttamente sui
risparmiatori stessi.
Come ha raccontato Linkiesta, il
2012 è stato l’anno della grande fuga degli investitori esteri dal
debito italiano, che a fine anno ne controllavano soltanto il 35% contro
il 51% del 2011. Un’analisi più dettagliata è stata invece compiuta
dalla European Banking Authority,
che ha condotto uno studio su parte (3.600 miliardi di Euro) dei debiti
sovrani europei per stabilire proprio quali fossero le banche più
esposte.
Queste informazioni non consentono di avere un quadro completo
del debito pubblico italiano, ma ci sono almeno due conclusioni che
saltano all’occhio: il rischio si riflette ormai quasi del tutto
sull’Italia stessa e sulle sue banche. Dei quasi 280 miliardi di debito
analizzati, 184 sono in mano a istituti di credito del nostro Paese.
Seguono le banche francesi (38,6 miliardi), poi quelle tedesche (30,9
miliardi); più indietro ancora il Regno Unito, che possiede 15 miliardi
di euro in titoli italiani, e infine la Spagna e l’Olanda
(rispettivamente con 4,2 e 3 miliardi). Tutte le altre nazioni europee,
nei loro sistemi bancari, detengono quantità di debito poco
significative.
Le cose si fanno più interessanti
quando si scorre l’elenco banca per banca: cinque importanti istituti
italiani risultano tutti nella fascia più a rischio, con esposizioni che
superano il 90% in quattro casi (Banco Popolare, Intesa Sanpaolo, Monte
dei Paschi di Siena, Unione di Banche Italiane), e il 50% in uno
(Unicredit). La frammentazione del sistema bancario tedesco ne rende più
complessa l’analisi: degli 11 istituti presi in considerazione in
Germania, due hanno in pancia più del 16% di titoli italiani, tre
viaggiano fra il 5 e il 15, mentre altri sei possono considerarsi
praticamente al sicuro.
In Francia la situazione è ancora meno rosea: Crédit Agricole e BNP Paribas,
da sole, sono esposte per oltre 25 miliardi: circa un sesto del loro
portafoglio totale di titoli sovrani. Va un po’ meglio per le altre due
banche francesi analizzate, la cui esposizione comunque varia dal 7,6 al
12,87%. Possono stare più tranquille le banche portoghesi, olandesi o
spagnole: solo per il lusitano Banco BPI l’esposizione si aggira sul 13%, mentre appare molto minore in tutti gli altri casi.
I risultati completi dell’analisi sono stati messi a disposizione dal Guardian Data Blog; abbiamo
riportato quelli relativi al nostro Paese in una mappa interattiva che
mostra, in base ai colori delle nazioni, quanto debito è posseduto dai
rispettivi istituti di credito. Le icone delle banche indicano invece il
livello di esposizione ai titoli di stato italiani.
Articolo interessante a livello divulgativo, manca giusto qualche analisi speculativa.
Mi permetto di azzardarne una: avanti di questo passo, cioè proseguendo l'opera di dragaggio del debito italiano da parte degli istituti indigeni, finiremo per non essere più "too big to fail" per i partner europei che contano - blocco centro europeo più Francia - che potranno dunque abbandonarci al nostro destino che si concretizzerà, probabilmente, in una simpatica uscita dall'Euro da destra, perchè una volta mollati gli ormeggi continentali toccherà salvaguardare gli interessi del capitalismo finanziario interno che mal ridotto com'è forse ci farà anche meno sconti rispetto alla tirannica Troika.
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