Il passo compiuto ieri dai ministri degli esteri dei 28 viene dopo la decisione europea di abolire ogni cooperazione con le colonie israeliane.
Con una evidente compensazione volta a placare la rabbia israeliana per
le recenti direttive anti-colonie prese dall'Ue, ieri i ministri degli
esteri europei riuniti a Bruxelles hanno deciso di inserire il braccio
armato del movimento sciita libanese Hezbollah nella lista delle
organizzazioni terroristiche. Enorme la soddisfazione di Tel Aviv -
avversaria storica di Hezbollah, contro cui ha combattuto la guerra del
2006 in Libano - per questo passo dell'Europa.
«Saluto questo annuncio dell'Ue. Finalmente, dopo anni di delibere,
l'affermazione secondo la quale Hezbollah è un partito politico
legittimo è giustamente fallita. Ora è chiaro al mondo che Hezbollah è
un'organizzazione terroristica», ha commentato la ministra della
giustizia, Tzipi Livni, incaricata dalla prossima settimana di negoziare
con i palestinesi.
Simile il giudizio del capo di stato
israeliano Shimon Peres, secondo il quale il provvedimento «necessario e
saggio manda un messaggio di determinazione alle organizzazioni
terroristiche e agli stati che nei propri territori garantiscono loro
protezione». È deluso invece Avigdor Lieberman, leader del partito
ultranazionalista Yisrael Beitenu. «Come al solito gli europei si
accontentano di fare la strada a metà, adottando una decisione parziale e
insoddisfacente. L'ala politica e quella militare sono due volti della
stessa moneta. A comandarle è sempre lui, Hassan Nasrallah», ha
commentato Liebeman, destinato ad occupare di nuovo la poltrona di
ministro degli esteri israeliano non appena risolverà i suoi problemi
con la giustizia.
Che si tratti di un regalo a Israele (e agli Usa) e di una punizione
inflitta a Hezbollah per la sua decisione di combattere in Siria assieme
all'Esercito governativo contro i ribelli anti-Assad, lo dimostrano le
forti perplessità che alcuni paesi europei hanno avuto nei confronti
della decisione presa dai 28 ministri degli esteri. A cominciare
dall'Italia che a Bruxelles non ha voluto, almeno così ha fatto sapere
in qualche modo il ministro degli esteri Emma Bonino, «bloccare l'unità»
europea sul tema e che ha ritenuto importante il mantenimento degli
aiuti finanziari, umanitari e il dialogo politico col partito sciita (è
prevista una clausola di revisione tra sei mesi), per evitare che
eventuali sanzioni possano portare a una rottura e destabilizzare gli
equilibri interni al Libano.
L'inserimento nella blacklist comporta, di fatto, solo il congelamento
dei beni del gruppo e, per ora, non c'è un bando sui visti per i loro
leader. Tuttavia il passo europeo potrebbe intensificare, in una fase
molto delicata, le pressioni delle forze politiche libanesi
filo-occidentali (fronte 14 marzo) che da lungo tempo vogliono il
disarmo della guerriglia di Hezbollah.
Nel sud del Paese dei
Cedri, quasi completamente amministrato da Hezbollah, opera peraltro la
missione Unifil (Onu), a cui l'Italia partecipa con circa 1.200 uomini.
Un generale italiano, Paolo Serra, ne assicura il comando. Il mese
scorso in un breve colloquio con il manifesto, Serra aveva
sottolineato l'assenza di problemi nei rapporti tra l'Unifil e
Hezbollah. Anche Malta e Irlanda si sono mostrare riluttati di fronte
alla determinazione di Francia, Gb e Germania, che hanno fatto pesare il
presunto coinvolgimento di Hezbollah nell'attentato compiuto a Burgas,
in Bulgaria, il 18 luglio 2012, in cui morirono sette persone, tra cui
cinque israeliani.
di Michele Giorgio - Il Manifesto
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