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25/07/2013

Hezbollah in lista "terroristi": regalo europeo a Usa e Israele?

Il passo compiuto ieri dai ministri degli esteri dei 28 viene dopo la decisione europea di abolire ogni cooperazione con le colonie israeliane.

Con una evidente compensazione volta a placare la rabbia israeliana per le recenti direttive anti-colonie prese dall'Ue, ieri i ministri degli esteri europei riuniti a Bruxelles hanno deciso di inserire il braccio armato del movimento sciita libanese Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche. Enorme la soddisfazione di Tel Aviv - avversaria storica di Hezbollah, contro cui ha combattuto la guerra del 2006 in Libano - per questo passo dell'Europa.

«Saluto questo annuncio dell'Ue. Finalmente, dopo anni di delibere, l'affermazione secondo la quale Hezbollah è un partito politico legittimo è giustamente fallita. Ora è chiaro al mondo che Hezbollah è un'organizzazione terroristica», ha commentato la ministra della giustizia, Tzipi Livni, incaricata dalla prossima settimana di negoziare con i palestinesi.

Simile il giudizio del capo di stato israeliano Shimon Peres, secondo il quale il provvedimento «necessario e saggio manda un messaggio di determinazione alle organizzazioni terroristiche e agli stati che nei propri territori garantiscono loro protezione». È deluso invece Avigdor Lieberman, leader del partito ultranazionalista Yisrael Beitenu. «Come al solito gli europei si accontentano di fare la strada a metà, adottando una decisione parziale e insoddisfacente. L'ala politica e quella militare sono due volti della stessa moneta. A comandarle è sempre lui, Hassan Nasrallah», ha commentato Liebeman, destinato ad occupare di nuovo la poltrona di ministro degli esteri israeliano non appena risolverà i suoi problemi con la giustizia.

Che si tratti di un regalo a Israele (e agli Usa) e di una punizione inflitta a Hezbollah per la sua decisione di combattere in Siria assieme all'Esercito governativo contro i ribelli anti-Assad, lo dimostrano le forti perplessità che alcuni paesi europei hanno avuto nei confronti della decisione presa dai 28 ministri degli esteri. A cominciare dall'Italia che a Bruxelles non ha voluto, almeno così ha fatto sapere in qualche modo il ministro degli esteri Emma Bonino, «bloccare l'unità» europea sul tema e che ha ritenuto importante il mantenimento degli aiuti finanziari, umanitari e il dialogo politico col partito sciita (è prevista una clausola di revisione tra sei mesi), per evitare che eventuali sanzioni possano portare a una rottura e destabilizzare gli equilibri interni al Libano.

L'inserimento nella blacklist comporta, di fatto, solo il congelamento dei beni del gruppo e, per ora, non c'è un bando sui visti per i loro leader. Tuttavia il passo europeo potrebbe intensificare, in una fase molto delicata, le pressioni delle forze politiche libanesi filo-occidentali (fronte 14 marzo) che da lungo tempo vogliono il disarmo della guerriglia di Hezbollah.

Nel sud del Paese dei Cedri, quasi completamente amministrato da Hezbollah, opera peraltro la missione Unifil (Onu), a cui l'Italia partecipa con circa 1.200 uomini. Un generale italiano, Paolo Serra, ne assicura il comando. Il mese scorso in un breve colloquio con il manifesto, Serra aveva sottolineato l'assenza di problemi nei rapporti tra l'Unifil e Hezbollah. Anche Malta e Irlanda si sono mostrare riluttati di fronte alla determinazione di Francia, Gb e Germania, che hanno fatto pesare il presunto coinvolgimento di Hezbollah nell'attentato compiuto a Burgas, in Bulgaria, il 18 luglio 2012, in cui morirono sette persone, tra cui cinque israeliani.

di Michele Giorgio - Il Manifesto

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