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17/07/2013

Schiavettoni finanziari a Milano

Finisce in manette l'intera dinastia del finanziere Ligresti. Due diverse inchieste indicano bilanci “taroccati” e un patto segreto tra “la famiglia” e il presidente di Mediobanca. Una seria ipoteca sulla fusione tra Unipol e Fonsai e un nuovo incubo sulle operazioni finanziarie targate PD.
Questa mattina l'intera dinastia Ligresti è finita in manette. Il provvedimento ha colpito l'intera filiera del finanziere milanese di origine siciliane: il “vecchio” Salvatore già agli arresti domiciliari, e poi i due figli Giulia e Jonella. Il quarto Paolo Ligresti non è stato arrestato perché al momento risulta essere in Svizzera. La Guardia di Finanza di Torino su mandato della Procura torinese ha arrestato anche gli ex amministratori delegati della società di assicurazioni Fonsai, Fausto Marchionni ed Emanuele Erbetta e l'ex vicepresidente Antonio Talarico. Le ipotesi di reati sono quelle di falso in bilancio aggravato per grave nocumento al mercato e manipolazione del mercato. Per i Ligresti e le altre persone arrestate il reato contestato è quello di false comunicazioni sociali. In realtà la precipitazione delle indagini – con gli arresti – non è un fulmine a ciel sereno. Salvatore Ligresti e i figli Giulia, Jonella e Paolo risultano infatti già indagati nell'inchiesta avviata dai procuratori torinesi Nessi e Gianoglio che accusano i vertici di Fonsai di aver «taroccato» la voce destinata alla cosiddetta riserva sinistri della società assicurativa, alterando in questo modo – tra il 2008 e il 2010 – il bilancio della società dando però comunicazione ai mercati sulla base di notizie false sul bilancio dell'azienda quotata in borsa, alterando così il prezzo delle sue azioni.
L'inchiesta si è arricchita con la scoperta di un buco di seicento milioni di euro che sarebbe stato nascosto dalla voce «riserve sinistri» del bilancio consolidato del 2010. Nascono da qui le ipotesi di reato per falso in bilancio e false comunicazioni al mercato, alle quali si aggiunge l'ipotesi di falso in prospetto, in quanto sulla base del bilancio di tre anni fa era stato predisposto il prospetto informativo che ha portato, nel luglio del 2011, all'aumento di capitale di Fonsai per circa 450 milioni di euro. Già nel febbraio scorso erano stati notificati sette avvisi di garanzia, tre dei quali ai rampolli di Ligresti, ai quali erano state perquisite abitazioni e uffici.

Ma l'inchiesta dei giudici torinesi sui Ligresti non è l'unica. Ce n'è infatti una parallela condotta dal magistrato milanese Luigi Orsi relativa ad alcuni passaggi del piano di salvataggio predisposto dalla Unipol per Fonsai. A mettere in sospetto il magistrato sarebbe stato una sorta di patto occulto siglato da Salvatore Ligresti con Alberto Nagel, il numero uno di Mediobanca. Un patto che avrebbe assicurato alla famiglia del finanziere una buonuscita” dalla Fonsai per circa 45 milioni di euro. La sontuosa '”uscita di scena” dei Ligresti, avrebbe dovuto consentire a Unipol e Fonsai di condurre in porto la fusione delle due compagnie e alla nascita di maxi polo assicurativo Unipol-Sai. Ma adesso, con la scoperta del buco da seicento milioni di euro, sono prevedibili seri rallentamenti dell'ennesima operazione a perdere della finanza targata PD. Non solo, un mese fa Giulia Ligresti aveva lanciato un allarme sul possibile naufragio della fusione affidando le sue esternazioni all'agenzia Adn/Kronos. Avevano cominciato a circolare voci su alcuni derivati finanziari inserita nel bilancio dell'Unipol ritenuto "sufficientemente non chiaro", e capace di avere ripercussioni sul patrimonio netto di Unipol mettendo a rischio la fusione con Fonsai.“La realtà è che Fondiaria Sai doveva salvare Unipol e gli interessi delle banche", aveva affermato Giulia Ligresti.

Nella tormentata vicenda della fusione Unipol-Fonsai non mancano però le omissioni degli organismi di controllo. Il presidente dell'Adusbef, Elio Lannutti, ha puntato nuovamente il dito contro la Consob, che aveva il compito di controllare ed impedire che tali reati si potessero concretizzare. Ad ottobre era finito nei guai anche Giancarlo Giannini, ex presidente dell'Isvap (oggi Ivass), l'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni. I magistrati vogliono capire se nel biennio 2009-2011 l'Istituto di vigilanza fosse stato a conoscenza della situazione di bilancio di Fonsai.

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