di Mario Lombardo
Un clamoroso
scandalo fatto di corruzione e fondi neri rischia di travolgere il
governo conservatore spagnolo dopo la pubblicazione avvenuta qualche
giorno fa di nuove prove che documentano l’avvenuto pagamento di ingenti
somme di denaro a favore di politici di spicco del Partito Popolare
(PP) al potere a Madrid, tra cui lo stesso primo ministro Mariano Rajoy.
Alcuni media e i principali partiti dell’opposizione hanno chiesto le dimissioni del premier dopo che il quotidiano El Mundo
ha mostrato le copie originali di documenti redatti a mano e firmati
dall’ex tesoriere del PP, Luis Barcenas, nei quali sono elencati
pagamenti illegali destinati a svariati membri del partito.
Le carte pubblicate martedì indicano due pagamenti di oltre diecimila
euro fatti a beneficio di Rajoy nella seconda metà degli anni Novanta,
quando era ministro nel governo conservatore di José Maria Aznar.
Lo scandalo era in realtà già esploso nel gennaio scorso, quando fotocopie degli stessi documenti erano state pubblicate da El País.
In quell’occasione, i vertici del PP avevano messo in dubbio la
veridicità delle copie dei pagamenti in nero perché non originali.
Lo stesso Barcenas aveva negato di aver gestito un fondo segreto
destinato ai suoi colleghi di partito, mentre domenica scorsa in
un’intervista a El Mundo ha cambiato completamente la sua
versione, confermando di avere deliberatamente mentito per proteggere i
membri del suo partito coinvolti nello scandalo.
Poco prima di
tornare in carcere, l’ex tesoriere del PP ha infatti lanciato accuse
pesantissime contro il suo partito, sostenendo che i dirigenti hanno
violato le leggi spagnole sul finanziamento ai partiti per oltre due
decenni. Barcenas ha poi confermato l’originalità dei documenti
pubblicati da El Mundo, aggiungendo che essi sono solo una
piccola parte del materiale a sua disposizione che, se reso noto,
farebbe crollare il governo Rajoy. Dopo queste dichiarazioni, i suoi
legali hanno abbandonato l’incarico a causa di “divergenze” nella
strategia difensiva.
I
guai giudiziari di Barcenas erano iniziati dopo le accuse sollevate nei
suoi confronti per avere accumulato fondi neri per 48 milioni di euro
su conti esteri grazie alle donazioni di imprenditori edili e di altri
settori, da elargire in contanti ai politici del PP.
Nelle fotocopie dei documenti pubblicati a gennaio da El País,
l’attuale premier Rajoy risultava essere il beneficiario di 35
pagamenti per un totale di oltre 322 mila euro tra il 1997 e il 2008.
Per cercare di limitare i danni, il primo ministro aveva reso note le
sue dichiarazioni dei redditi, senza però soddisfare l’opposizione e i
cittadini spagnoli.
Gli esponenti di spicco del Partito Popolare
coinvolti sono comunque numerosi. Tra gli altri, ci sono ad esempio l’ex
ministro dell’Economia, successivamente passato al Fondo Monetario
Internazionale, Rodrigo Rato, e la segretaria generale del PP, María
Dolores de Cospedal, la quale avrebbe ricevuto una tangente in cambio di
un appalto della regione Castiglia-La Mancia di cui è presidente.
Nonostante le dichiarazioni esplosive dell’ex tesoriere e i documenti originali pubblicati da El Mundo,
il Partito Popolare ha continuato a negare ogni responsabilità, con la
segretaria Cospedal che nella giornata di martedì ha definito le più
recenti accuse di corruzione “completamente false, come tutte quelle
precedenti”.
L’opposizione, da parte sua, come aveva già fatto dopo le rivelazioni di El País
a gennaio, ha chiesto nuovamente a Rajoy di dimettersi. La
vice-segretaria del Partito Socialista (PSOE), Elena Valenciano, ha
affermato che “tutto sembra indicare come il PP sia implicato in un
sistema di finanziamenti illegali”, mettendo poi in dubbio anche la
“correttezza delle elezioni”.
Il
PSOE, assieme a Sinistra Unita (IU) e al partito catalano Convergenza e
Unione (CiU), ha inoltre chiesto al premier di rispondere in parlamento
alle accuse, anche se la maggioranza detenuta dal PP potrebbe
consentire a Rajoy di evitare un’imbarazzante apparizione pubblica.
Lo
scandalo che sta scuotendo il governo Rajoy, in ogni caso, ha suscitato
una nuova ondata di indignazione verso l’intera classe politica
indigena tra la popolazione spagnola, già costretta a fare i conti da
anni con le politiche di devastazione sociale messe in atto sia dal
Partito Popolare che, in precedenza, da quello Socialista.
Secondo
alcuni recenti sondaggi, perciò, il gradimento del PP appare oggi
virtualmente dimezzato rispetto al 44,6% incassato nelle elezioni del
2011, vinte soprattutto grazie all’avversione diffusa per le misure
“anti-crisi” adottate dal governo Zapatero e puntualmente proseguite
dopo il voto.
Già gravato da una crescente impopolarità a causa
delle politiche economiche messe in atto con la collaborazione delle
autorità di Bruxelles, il primo ministro spagnolo rischia così di
trovarsi in una posizione insostenibile dopo il coinvolgimento nella
vicenda rivelata dai giornali spagnoli.
Alla luce soprattutto dei
contraccolpi che i problemi del governo di Madrid potrebbero avere
sull’immagine del paese iberico e su una situazione economica già
estremamente precaria, è tutt’altro che improbabile che le pressioni su
Rajoy aumenteranno in maniera sensibile nel prossimo futuro, fino forse a
convincerlo a farsi da parte per evitare un’esplosione del malcontento
popolare che metterebbe a rischio la relativa “stabilità” richiesta
dagli ambienti finanziari domestici e internazionali.
Fonte
Questo articolo fa il paio con quello dedicato a Junker e dimostra che ormai il problema non sono i partiti ma il contesto in cui sono inseriti. Un contesto di rincorsa perenne ed ossessiva al profitto munto dalla mammella pubblica e accumulazione di ricchezza tra pochi e per pochi soggetti. Capitalismo di rapina, insomma, che non si riforma standoci dentro, ma va demolito da fuori.
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