È un massacro quello che si è consumato fino alle prime ore di questa mattina in Egitto. Oltre 130 persone
sono state uccise e circa 4.500 sono rimaste ferite al Cairo
nell'assalto delle forze di sicurezza al sit-in di protesta dei
sostenitori dell'ex presidente Mohamed Morsi, deposto il 3 luglio scorso
dalle Forze armate. Almeno otto morti nella città di Alessandria.
Il bilancio, fornito dalla Fratellanza, non è confermato dalle autorità egiziane, che invece parlano di alcune decine di morti.
Ma la maggior parte delle vittime sono state trasportate all'ospedale
da campo vicino al teatro delle violenze, l'area nei pressi della
moschea di Rabaa Al-Adawyia, nel distretto nord-orientale di Nasr City.
Qui si erano radunati decine di migliaia di sostenitori di Morsi sin da
3 luglio, per chiederne il rilascio e il ritorno alla presidenza. La
notizia, di venerdì, che l'ex presidente è stato indagato per avere
contattato Hamas per commettere "atti ostili" sul territorio egiziano ha
portato nelle piazze d'Egitto migliaia di persone. Oggi il ministro
dell'Interno, Mohamed Ibrahim, ha detto nel corso di una conferenza
stampa che Morsi sarà trasferito nello stesso carcere in cui è detenuto
Hosni Mubarak.
Le violenze sono iniziate all'alba, al termine di un venerdì di protesta
che ha visto nelle strade della capitale egiziana i sostenitori di
Morsi e suoi oppositori. Circa 24 ore prima dell'assalto delle forze di
sicurezza, in centinaia di migliaia erano scesi in piazza per dare il
loro appoggio al generale Abdel Fatah Sisi, che mercoledì scorso aveva
chiesto il sostegno del popolo alla battaglia contro il "terrorismo". È
questo il termine che anche parte della stampa egiziana ha utilizzato
per definire i sostenitori di Morsi. Sisi ha praticamente chiesto l'autorizzazione popolare a reprimere nel sangue una protesta pacifica,
che va avanti dal 3 luglio in tutto il Paese con sit-in e
manifestazioni. Due settimane fa un'altra manifestazione pro-Morsi era
stata soppressa da polizia e militari: 51 i morti. E dal 3 luglio le vittime dei disordini sono state almeno duecento, la maggio parte tra i sostenitori dei Fratelli musulmani.
Il portavoce della Fratellanza, Gehad El-Haddad, ha accusato le
forze di sicurezza di avere "sparato per uccidere" i manifestanti che
hanno riportato ferite d'arma da fuoco "alla testa e al torace". E
mentre l'Egitto pare essere ripiombato nel caos, con un massacro che
ricorda quello dei manifestanti che nel 2011 chiedevano la cacciata di
Mubarak, dai Paesi occidentali arrivano le prime dichiarazioni di
condanna delle violenze. Quella di Catherine Ashton, capo degli Affari esteri della Ue, e del ministro degli Esteri britannico, William Hague,
che ha stigmatizzato la violenza con cui le autorità egiziane hanno
risposto alle proteste. Hague ha anche auspicato il rilascio degli
esponenti della Fratellanza incarcerati per ordine dei militari dopo il 3
luglio, sono circa 300.
Fonte
Dopo questi fatti, sarà ben dura per la stampa occidentale dipingere le forze armate egiziane come i garanti della rivoluzione popolare.
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