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15/07/2013

Brasile: “Dilma sveglia”, ma lo sciopero generale fa flop

Non è stato proprio un successo lo sciopero convocato giovedì scorso da una decina di sindacati e organizzazioni sociali. Contro le politiche del governo in alcuni casi o per chiedere a Dilma Rousseff più coraggio nelle riforme in altri. La gran folla che aveva manifestato a giugno è rimasta a casa.

Il ‘Giorno nazionale di lotta’ – come era stato ribattezzato dai sindacati lo sciopero generale di giovedì – ha portato in piazza poche decine di migliaia di lavoratori e giovani, che hanno partecipato a manifestazioni, presidi, blocchi stradali in diverse città. Comunque le vie d’accesso ad importanti porti del paese – Santos (San Paolo), Itaguay (Rio de Janeiro) e Suape – sono state sigillate dalla mobilitazione, mentre molte altre importanti vie di comunicazione nazionale sono state bloccate dai manifestanti.

La stragrande maggioranza di coloro che erano scesi in piazza per settimane nel mese di giugno, rivendicando spesso la loro estraneità e la loro lontananza rispetto a partiti elle organizzazioni sociali, anche della sinistra radicale, non hanno partecipato alla storica giornata di mobilitazione convocata da tutti i principali sindacati – Forza Sindacale, Centrale Unica dei Lavoratori (Cut), Centrale dei lavoratori e delle lavoratrici del Brasile (Ctb), Unione Generale dei Lavoratori (Ugt), Nuova centrale sindacale dei lavoratori (Ncst), Centrale Generale dei Lavoratori del Brasile (Cgtb), Centrale Sindacale e Popolare Conlutas, Centrale dei Sindacati Brasiliani (Csb), Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra (Mst) – e organizzata ben 22 anni dopo l’ultimo sciopero generale che contribuì alle dimissioni di Fernando Collor de Mello.

Tra le principali rivendicazioni della giornata la riduzione dell’orario di lavoro da 44 a 40 ore settimanali a parità di salario, aumento degli assegni pensionistici, maggiori investimenti nella Sanità, nell’Istruzione e nella Sicurezza, un trasporto pubblico di qualità e accessibile a tutti ed altre ancora.

Per chiedere l’applicazione di una seria riforma agraria – tante volte promessa e mai attuata dal governo del Partito dei Lavoratori al governo – i militanti dell’MST hanno occupato la sede nazionale dell’Istituzione di Colonizzazione e Riforma Agraria (Incra) a Brasilia. L’MST ha denunciato che in Brasile ci sono ancora ben 150 mila famiglie di agricoltori senza terra, e quindi senza casa, un totale di più di 500 mila persone che chiedono al governo di passare dalle promesse ai fatti concreti. Per perorare la causa della Riforma Agraria l’MST ha annunciato la sua partecipazione alla Marcia Unificata della Classe Lavoratrice organizzata a Brasilia davanti alla sede di alcuni ministeri.

Lo sciopero, dagli esiti non entusiasmanti, ha avuto picchi di partecipazione nell’amministrazione pubblica, nella sanità e nei trasporti. A Belo Horizonte ad esempio tutte le stazioni della metro sono state chiuse, visto che il sindacato del comparto ha deciso di non rispettare la decisione del Tribunale Regionale del Lavoro che aveva imposto l’apertura del servizio durante alcune fasce orarie. A Porto Alegre e in altre città del Rio Grande do Sul sono rimasti fermi quasi il 100% degli autobus, così come a Manaus, nel Nord. I trasporti hanno invece funzionato regolarmente sia a San Paolo che a Rio de Janeiro.

A Curitiba, nel sud, così come a Fortaleza, medici e infermieri hanno bloccato, tranne che in casi di emergenza, l’attività in ospedali e ambulatori.
A San Paolo e nel Sudest lavoratori di differenti comparti hanno bloccato viali e strade statali, tra cui la Avenida Paulista, nel centro dell’enorme città, dalla quale poi è partito un corteo di circa 5000 persone (non il massimo visto che la città conta da sola 20 milioni di abitanti). A Salvador (Nordest) chiuse la maggior parte delle scuole, delle facoltà universitarie e dei negozi. A Manaus centinaia di studenti si sono accampati davanti al palazzo del governo per chiedere trasporti di qualità e gratuiti.

Disaccordo, tra i diversi sindacati, rispetto alla partecipazione dei militanti del partito di governo alle manifestazioni, con i sindacati vicini ai partiti dell’opposizione (Forza Sindacale) contrari e quelli legati al Partito dei Lavoratori (la Cut) a favore.

Scontri e incidenti si sono registrati a Rio de Janeiro, dove la polizia ha attaccato con gas lacrimogeni e pallottole di gomma un gruppo di una cinquantina di manifestanti incappucciati che approfittando di un corteo di alcune migliaia di lavoratori di diverse sigle sindacali avevano bersagliato gli agenti con bottiglie molotov e pietre. Alla fine il corteo è stato bloccato e 12 persone sono state arrestate. Violenti scontri si sono verificati poi di nuovo in tarda serata, sempre a Rio de Janeiro davanti all'ufficio del governatore. Gli agenti in tenuta anti sommossa sono intervenuti con lacrimogeni, spray al pepe e pallottole di gomma, mentre da parte dei manifestanti vi sono stati lanci di sassi e bottiglie molotov. La polizia, che ha effettuato 56 arresti, ha anche fatto irruzione in un vicino ospedale lanciando lacrimogeni. Amnesty International, la cui sede si trova vicino al luogo degli scontri, ha parlato di uso eccessivo della forza, con agenti mal preparati che sembravano agire senza comando.

Scontri si sono verificati anche in una importante autostrada che unisce San Paolo e Curitiba, dove circa 1500 manifestanti hanno eretto barricate poi date alle fiamme, attaccate poi dalla polizia militare a colpi di lacrimogeni e granate assordanti.


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