Non c’è bisogno di andare in Tunisia, o in Turchia, o in Grecia. La periferia dell’Unione Europea, quella dove i capitalisti sperimentano forme semischiavistiche di lavoro, ce l’abbiamo in casa.
La Guardia di Finanza di Palermo, insieme a personale dell'ispettorato provinciale del lavoro, dell'Inps e dell'Inail, ha scoperto un call center, che opera nel settore delle vendite di depuratori d'acqua, in cui venivano impiegati 37 lavoratori, tra i 19 e 50 anni, completamente ''in nero'', il cui lavoro subordinato era stato mascherato con un fittizio contratto a progetto, basato sulla vendita di un quantitativo minimo di prodotti che ciascun operatore telefonico avrebbe dovuto garantire all'azienda ogni bimestre. Ogni lavoratore percepiva una retribuzione ridicola, compresa tra i 2 e i 3 euro per ogni ora trascorsa davanti ad un computer, con cuffie collegate ad una postazione telefonica.
Al momento dell’irruzione le Fiamme Gialle hanno trovato ventidue lavoratori, poi la Finanza è risalita ad altri 15 operatori telefonici che attualmente non sono più in attività all’interno dell’azienda ma che vi avevano lavorato, anche loro completamente in nero nel 2012. Il titolare del call center - che aveva iniziato l'attività il 3 maggio 2012 - utilizzava un escamotage per pagare i dipendenti: a ciascuno, dopo ''l'assunzione'', veniva data o veniva richiesto di procurarsi una carta di debito prepagata del tipo postepay sulla quale poi, mensilmente, venivano fatti confluire i salari ''in nero''. Salari per modo di dire, visto che mediamente i dipendenti utilizzati in condizioni di semi schiavitù percepivano circa 350 euro al mese.
Gli accertamenti dice la Gdf ''hanno permesso di ricostruire l'erogazione di somme verso i lavoratori per un ammontare superiore agli 80 mila euro in soli sei mesi. A fronte di questo, i lavoratori non hanno mai ricevuto una lettera di assunzione, né sottoscritto un contratto di lavoro o firmato quietanze di pagamento''. Il sistema - sostengono gli inquirenti - ha consentito all'imprenditore sia di aggirare i contratti nazionali di settore risparmiando, in soli termini di contrattualizzazione nazionale minima, oltre 40 mila euro, sia di ottenere illeciti risparmi in termini di contribuzione assistenziale e previdenziale. Per le 2.400 giornate lavorative ricostruite dai finanzieri per tutti i lavoratori individuati nell'arco di un semestre, il titolare del call center avrebbe dovuto versare contributi pari a 20 mila euro. Le Fiamme Gialle stanno ora esaminando nei dettagli la contabilità dell'azienda, per contestare le sanzioni amministrative previste che vanno da un minimo di 72.725 ad un massimo di 644.330, e per la ricostruzione dei ricavi sottratti al fisco, dai quali sono state tratte le provviste per pagare in nero i dipendenti.
Già alla fine dell’anno scorso, sempre a Palermo, la Guardia di Finanza aveva scoperto un altro call center che impiegava 20 lavoratori in nero.
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