Con l’autunno cadono le foglie, ripartono i talk show e, contestualmente, si riapre la stagione della “caccia allo sfigato”. Questa particolare attività venatoria va a coinvolgere anche gli addetti stampa, o almeno quelli ritenuti stanziali nell’habitat delle ambite prede.
Avete presente tutti quei cassaintegrati-licenziati-precari-esternalizzati-sfrattati-esodati-immigrati che, nelle seconde file o arrampicati in qualche piccionaia, intervistati nei servizi - che serviranno poi a fare da semplice spunto ai discorsi dei politici o di altri “volti noti” (questi adunati invece nelle poltronissime); insomma, quegli “sfigati” che di tanto in tanto entrano in scena nei vari salotti della nostra televisione?
Quelle persone a cui nella “migliore” delle ipotesi viene concesso un po’ di sfogatoio ma che, nella più frequente, vanno a incarnare tutta la tristezza del loro essere “casi umani”, davanti ai quali magari siamo pronti ad indignarci e solidarizzare, ma poco indotti a capire ed a tirar le nostre somme.
Quelle donne e quegli uomini che potrebbero parimenti esser vittime di uno tsunami o di un padrone che di notte si è smontato via la fabbrica, tanto è il livello di scontornamento cui sono sottoposti; quelle figurine accasciate in primissimo piano, o costrette ad urlare per tentare di scavalcare il paternalismo ammannito da conduttori ed ospiti di serie A; private di ogni retroterra (storico, politico, sociale), trasformate nei pierrot suicidi del racconto televisivo…
Ecco, tutta questa teoria di “sfigati” viene richiesta anche agli addetti stampa.
Come tutti i mestieri, anche quello dell’addetto stampa ha i suoi pro ed i suoi contro. Fra i numerosi “pro” del gestire l’ufficio stampa di un sindacato di base c’è sicuramente quello di poter intrattenere una costante relazione con un pezzo di Paese reale non rassegnato, che cerca di tener la barra dritta e pratica il conflitto. Fra i molti “contro”, c’è il doversi confrontare altrettanto costantemente con un mondo dei media che il lavoro ed i problemi sociali preferisce non raccontarli per davvero e, quando lo fa, tende a scegliere approcci discutibili, che partoriscono pure la “caccia allo sfigato”.
La caccia si traduce anche nella richiesta di precise “forniture”. I primissimi tempi mi balenava che il mio interlocutore, nella redazione dall’altra parte del filo, potesse aver sbagliato numero: voleva in realtà contattare un’agenzia di casting (di quelle che procacciano attori, figuranti e comparse per fiction o reality tv) ma aveva chiamato – suo malgrado – un sindacato.
Rapidamente mi sono convinta che no, non era un errore. Mi si chiedeva con gran precisione: “una precaria della scuola, fra i 25 e i 30 anni”, “un vigile del fuoco fra i 20 e i 30 anni”, fino ad arrivare alla fornitura di “un’intera famiglia, con genitori impiegati dello stato, che alle precedenti elezioni abbia votato centro-sinistra”.
Giuro: è tutto vero. Di siffatte richieste potrei compilarci un libricino. E non vengono solo dai programmi cosiddetti trash, ma anche da quei talk di “buona reputazione”, quelli che a tanti spettatori appaiono come portabandiera dei problemi veri “della gente”. A volte vengono anche dai colleghi della carta stampata: “Avete qualche precario così e colà, che ci dica questo e quello…” Ma, numi del cielo e della terra, se hai già in mente cosa vuoi sentirti dire, perché scomodare qualcun altro, che magari, proprio in quanto “sfigato”, ha la necessità d'usare il tempo per scopi più sensati ?
In quei momenti mi sento la Maîtresse nel “Gran Bordello degli Sfigati”.
Vagli a spiegare, ai “cacciatori di sfigati”, che i Vigili del Fuoco mediamente oggi stanno sui 50 anni; che se un giovane precario va in tv rischia di non venir mai più richiamato e che la denuncia in pubblico sarebbe meglio la facesse un rappresentante sindacale (…Ma siamo matti? Uno che non è di Cgil-Cisl-Uil-Ugl!!!). Vagli a spiegare che talune persone hanno anche una loro ritrosia; che a tanti non basta essere chiamati in scena se poi non possono dire ciò che veramente gli sta a cuore, se debbono solo interpretare un copione che altri hanno già scritto per loro.
Forse ottusa, continuo a tentare di spiegarlo anche ai “cacciatori di sfigati” - che magari, a loro volta, sono dei precari dell’informazione.
Altra cosa è il giornalismo di inchiesta e, per fortuna, qualche nicchia c’è rimasta persino in televisione.
È un mondo molto, molto strano…un bordello.
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