Al bollettino ormai quotidiano di vittime di attacchi e autobombe che arriva dall'Iraq, si sono aggiunti i 42 condannati per "terrorismo" impiccati negli ultimi due giorni (il 10 ottobre ricorreva la Giornata mondiale contro la pena di morte!). Nel Paese la pena capitale è stata applicata 140 volte quest'anno,
ma le sentenza sono state spesso frutto di confessioni ottenute sotto tortura, hanno denunciato molte organizzazioni per i diritti umani.
Il governo di Baghdad usa la pena di morte per contrastare i continui
attacchi terroristici che devastano il Paese, spesso rivendicati da al
Qaeda. Lo scontro tra sciiti, che guidano l'Iraq, e sunniti, che al
tempo di Saddam Hussein erano la classe dirigente, si è acuito da mesi:
attacchi suicidi e autobombe in luoghi frequentati soprattutto dagli
sciiti, hanno fatto centinaia di vittime. Quasi mille morti il mese scorso, oltre 230 dall'inizio di ottobre e quasi seimila dall'inizio dell'anno.
Cifre che fanno tornare alla memoria gli anni dal 2006 al 2008, quando
le violenze settarie fecero decine di migliaia di vittime.
Per diversi analisti, l'Iraq è sull'orlo di una guerra civile e
la politica adottata per evitarla, che tra l'altro include un ricorso
massiccio alla pena capitale, sinora non pare sortire effetti. Il governo ha adottato leggi antiterrorismo che però sono applicate soprattutto contro i sunniti,
lo stesso primo ministro, Nuri al Maliki, al potere dal 2006, è
accusato di alimentare le violenze per emarginare gli avversari.
Il settarismo domina la vita pubblica e non è mai stato realmente tentato un dialogo: da oltre un anno la comunità sunnita ha iniziato un movimento di protesta, ma la risposta di Baghdad è stata la repressione:
ogni forma di opposizione è considerata una insurrezione settaria che
giustifica l'uso della forza da parte del governo. La polizia fa
continui blitz nei quartieri sunniti, arrestando decine di "terroristi" e
alimentando il malcontento della popolazione. Inoltre, molte
organizzazioni per la difesa dei diritti umani accusano le autorità
irachene di ricorrere alla tortura per ottenere confessioni su cui si basano sentenze di condanna a morte. Il governo nega e sostiene di avere giustiziato soltanto "terroristi" colpevoli di avere ucciso innocenti.
"L'aumento delle esecuzioni negli ultimi giorni è allarmante ", ha detto Hassiba Hadj Sahraoui, direttore per il Medio Oriente di Amenesty International. E ieri è intevenuto anche l' Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Navy Pillay, che tramite il suo portavoce ha definito "oscene e disumane" le sentenze di morte eseguite negli ultimi due giorni, sottolineando la loro inutilità nel contrasto al terrorismo.
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