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02/10/2013

Pdl. Prove tecniche di scissione

Il 25 luglio del Pdl arriva il primo giorno d'ottobre. È presto per scrivere la parola fine - Berlusconi in fondo non è ancora finito in galera, e i domiciliari ha scelto di farseli a palazzo Grazioli, non ad Arcore né in Sardegna - ma quello di poco fa sembra un deciso passo avanti verso la scissione del Pdl e l'esclusione di Berlusconi dal futuro politico della destra italica.

Con un insolita durezza - quando parla del Cavaliere è in genere ossequiente oltre ogni imbarazzo - persino Angelino Alfano sembra aver gettato il dado traendone la più logica delle conclusioni: "il vecchio dal culo flaccido" è definitivamente fuori gioco, non vale la pena di proseguirne oltre il calvario. E perciò ha invitato "tutto il partito" - ovvero tutti i senatori - a votare la fiducia a Letta, domani, tenendo così in vita il governo che Il Detenuto vuole far crollare. Al suo fianco ministri in carica, "trattativisti" come Cicchitto, Sacconi o Giovanardi, peones alla loro prima legislatura (e quindi lontani dall'aver maturato il diritto alla pensione da parlamentare), "responsabili" di professione come Scilipoti o "la banda dei siciliani" (che la dice lunga su quanti poteri si siano sganciati dall'ex fuhrer mediatico).

Del resto, a parte gli incontri burrascosi della mattinata tra via del Plebiscito, il Quirinale e Palazzo Chigi, si erano fatti sentire sia gli Stati Uniti che i grandi organismi economici internazionali, e naturalmente anche l'Unione Europea, con il presidente del parlamento europeo, Martin Schulz, che concedeva una tempestiva intervista all'Ansa: "Una caduta del governo creerebbe enormi turbolenze politiche e sui mercati finanziari" non solo in Italia ma in tutta Europa". Di più: "Faccio un appello ai colleghi del Parlamento: riflettano bene, abbiamo tutti insieme una responsabilità verso l'Europa". "Letta ed il suo governo hanno avuto grande successo per riconquistare la fiducia verso l'Italia, soprattutto sui mercati finanziari. Non bisogna giocarsi, a causa di interessi molto particolari, quello che il governo ha riconquistato".

Il cerchio a quel punto si chiudeva. Qualunque cosa possa fare in Italia, il mondo intero rifiuta di avere rapporti con lui e "preme" perché si faccia da parte. I suoi ex scudieri hanno una sola possibilità di farsi riciclare nel nuovo gruppo dirigente nazionale: rompere il partito-azienda e mettersi a disposizione.

Del resto lo stesso Letta l'aveva fatto capire, sostenuto da tutto il Pd: solo un "fatto politico nuovo" avrebbe potuto tenerlo a palazzo Chigi, con una maggioranza "non fatta di frattaglie". Un "fatto nuovo" è la rottura del Pdl. E sta avvenendo.

Alle 18 Silvio ha riconvocato a casa sua i parlamentari e i ministri teoricamente ancora alle sue dipendenze (hanno rassegnato dimissioni-scherzo nelle sue mani, mica alle Camere o al Presidente del Consiglio). Può ancora accadere di tutto, certo, ma siamo a un punto di svolta vera.

Domanda: a questo punto "la via maestra" di Landini e Rodotà da quale incrocio passa? Senza più l'impresentabile a far da spauracchio, "contro chi" si scende in piazza per difendere la Costituzione?

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