di Giovanni Gnazzi
In mutande i
maschi, in mutande e reggiseno le donne, insomma mezzi nudi alla meta,
pochi giorni orsono alcune centinaia di giovani si sono accampati fuori
dai negozi della catena Desigual in attesa di entrarvi all’apertura dei
saldi. In palio, per un certo numero di ingressi, c’era la possibilità
di scegliere dei capi con i quali coprirsi (o vestirsi, a seconda del
gusto) gratuitamente. Una trovata geniale dal punto di vista del
marketing pubblicitario, (benché non nuova, ma ormai solo una riedizione
annuale) quella della catena d’abbigliamento spagnola. Certo, avere
gratis jeans, magliette o camicie è stimolante.
Quello che però intristisce e non poco è assistere allo spettacolo
poco edificante delle file di seminudi allegri davanti
all'ingresso del negozio. Entusiasti di essere in fila seminudi, gioiosi
all’idea di venir fotografati, affatto turbati dal dover semmai
spiegare a casa o agli amici come sia possibile diventare ridicoli di
fronte ad un acquisto, i protagonisti della sit-commedy italiana hanno
deciso di farci cominciare l’anno con sufficiente mestizia.
Cosa
non si farebbe ormai pur di essere visti, possibilmente fotografati e
meglio ancora ripresi dalle telecamere? Si balla sui cubi dimenandosi,
ci si cala qualunque porcheria o si grida qualunque fesseria pur di
farsi notare, pur di ricordare a tutti e tutte che sì, io c’ero, non mi
hai visto? Si sommano i like facendo finta di essere popolari,
si twitta qualunque imbecillità per ricordare di esserci, ci si scanna
in televisione per opinioni prive persino del supporto della sintassi
del pensiero oltre che di quella della parola. Ma l’importante è gridare
che si vive, che si esiste, caso mai qualcuno non se ne fosse accorto e
non fosse rimasto francamente stupito di tanta energia vitale.
L’esibizionismo,
è ormai accertato, è una delle principali leve della comunicazione, sia
fisica che verbale, con le quali si caratterizza il sistema di
relazioni umane in vigore. Vista la difficoltà seria del bisogno di
essere qualcuno prima di qualcosa, si è ormai affermato senza più rivali
il bisogno di apparire. Dove, quanto tempo, perché e per dire cosa è
questione secondaria, l’importante è poter dire a se stessi e agli altri
“sono in tv”. Il cogito ergo sum è stato seppellito dal “mi
vedete, quindi sono”. Le famiglie a casa che registrano affannose e poi
rivedono in salotto le performances dei familiari a favore di telecamera
sono il risultato finale di un malcelato senso dell’informazione dal
basso.
Ma se la sottocultura che c’invade è ormai difficile
persino da denunciare, è assistere alle carezze che i media gli offrono
che crea amarezza. Non si tratta di democratizzazione della
comunicazione, della generazione di citizen journalism che
dovrebbe ribaltare la gerarchia del potere nelle notizie da offrire,
niente affatto. Non c’è una informazione di regime ed una alternativa, o
anche solo diversa nel grande circo Barnum del mercato della
circolazione delle idee. Tutto nuota a favor di corrente.
Si
tratta semmai di seppellire definitivamente il bisogno di conoscere con
quello di produrre idiozia a basso costo e ad alto rendimento. A questa
crescente degenerazione di una professione e alla ormai inarrestabile
caduta della capacità collettiva di giudicare, ha contribuito il
giornalismo dell’antefatto e del retroscena, delle macchiette e delle
scenette, delle corse dietro al personaggio del momento per poter
solleticare il pettegolezzo pubblico, ben più pericoloso dell’omonimo
debito.
Quell’intruglio di voyerismo e cinismo che porta colleghi
(per modo di dire) a piazzare obiettivi e microfoni sotto le facce di
chi niente ha da dire e niente ha da fare, destinato a rispondere con
idiozie a domande idiote, è stato l’apripista di questo nuovo modo di
costruire comunicazione, sempre più simile alla autogenerazione di un
evento che all’informazione di fatti. E dunque perché stupirsi se i
principali quotidiani mettevano in prima pagina le foto degli idioti in
fila a celebrare l’evento e la propria partecipazione? La questione
antica tra il modo di offrire informazione e la domanda della stessa è
ormai definitivamente iscrivibile all’antica questione dell’uovo o della
gallina.
Nello specifico, di fronte all’informazione che destina
le sue prime pagine alle file urlanti di mezzi nudi senza sentire il
bisogno di scrivere parole severe al riguardo, o anche solo di porre
domande circa il dove si stia precipitando, spinge a pensare che quelle
righe non scritte al pari delle banalità scritte, stiano proprio in
sintonia con le file entusiaste di seminudi sui marciapiedi. A
dimostrare che i coglioni, purtroppo, non stanno solo nelle mutande.
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