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08/01/2014

Desigual, mezzi nudi alla meta

di Giovanni Gnazzi

In mutande i maschi, in mutande e reggiseno le donne, insomma mezzi nudi alla meta, pochi giorni orsono alcune centinaia di giovani si sono accampati fuori dai negozi della catena Desigual in attesa di entrarvi all’apertura dei saldi. In palio, per un certo numero di ingressi, c’era la possibilità di scegliere dei capi con i quali coprirsi (o vestirsi, a seconda del gusto) gratuitamente. Una trovata geniale dal punto di vista del marketing pubblicitario, (benché non nuova, ma ormai solo una riedizione annuale) quella della catena d’abbigliamento spagnola. Certo, avere gratis jeans, magliette o camicie è stimolante.
Quello che però intristisce e non poco è assistere allo spettacolo poco edificante delle file di seminudi allegri davanti all'ingresso del negozio. Entusiasti di essere in fila seminudi, gioiosi all’idea di venir fotografati, affatto turbati dal dover semmai spiegare a casa o agli amici come sia possibile diventare ridicoli di fronte ad un acquisto, i protagonisti della sit-commedy italiana hanno deciso di farci cominciare l’anno con sufficiente mestizia.

Cosa non si farebbe ormai pur di essere visti, possibilmente fotografati e meglio ancora ripresi dalle telecamere? Si balla sui cubi dimenandosi, ci si cala qualunque porcheria o si grida qualunque fesseria pur di farsi notare, pur di ricordare a tutti e tutte che sì, io c’ero, non mi hai visto? Si sommano i like facendo finta di essere popolari, si twitta qualunque imbecillità per ricordare di esserci, ci si scanna in televisione per opinioni prive persino del supporto della sintassi del pensiero oltre che di quella della parola. Ma l’importante è gridare che si vive, che si esiste, caso mai qualcuno non se ne fosse accorto e non fosse rimasto francamente stupito di tanta energia vitale.

L’esibizionismo, è ormai accertato, è una delle principali leve della comunicazione, sia fisica che verbale, con le quali si caratterizza il sistema di relazioni umane in vigore. Vista la difficoltà seria del bisogno di essere qualcuno prima di qualcosa, si è ormai affermato senza più rivali il bisogno di apparire. Dove, quanto tempo, perché e per dire cosa è questione secondaria, l’importante è poter dire a se stessi e agli altri “sono in tv”. Il cogito ergo sum è stato seppellito dal “mi vedete, quindi sono”. Le famiglie a casa che registrano affannose e poi rivedono in salotto le performances dei familiari a favore di telecamera sono il risultato finale di un malcelato senso dell’informazione dal basso.

Ma se la sottocultura che c’invade è ormai difficile persino da denunciare, è assistere alle carezze che i media gli offrono che crea amarezza. Non si tratta di democratizzazione della comunicazione, della generazione di citizen journalism che dovrebbe ribaltare la gerarchia del potere nelle notizie da offrire, niente affatto. Non c’è una informazione di regime ed una alternativa, o anche solo diversa nel grande circo Barnum del mercato della circolazione delle idee. Tutto nuota a favor di corrente.
Si tratta semmai di seppellire definitivamente il bisogno di conoscere con quello di produrre idiozia a basso costo e ad alto rendimento. A questa crescente degenerazione di una professione e alla ormai inarrestabile caduta della capacità collettiva di giudicare, ha contribuito il giornalismo dell’antefatto e del retroscena, delle macchiette e delle scenette, delle corse dietro al personaggio del momento per poter solleticare il pettegolezzo pubblico, ben più pericoloso dell’omonimo debito.

Quell’intruglio di voyerismo e cinismo che porta colleghi (per modo di dire) a piazzare obiettivi e microfoni sotto le facce di chi niente ha da dire e niente ha da fare, destinato a rispondere con idiozie a domande idiote, è stato l’apripista di questo nuovo modo di costruire comunicazione, sempre più simile alla autogenerazione di un evento che all’informazione di fatti. E dunque perché stupirsi se i principali quotidiani mettevano in prima pagina le foto degli idioti in fila a celebrare l’evento e la propria partecipazione? La questione antica tra il modo di offrire informazione e la domanda della stessa è ormai definitivamente iscrivibile all’antica questione dell’uovo o della gallina.

Nello specifico, di fronte all’informazione che destina le sue prime pagine alle file urlanti di mezzi nudi senza sentire il bisogno di scrivere parole severe al riguardo, o anche solo di porre domande circa il dove si stia precipitando, spinge a pensare che quelle righe non scritte al pari delle banalità scritte, stiano proprio in sintonia con le file entusiaste di seminudi sui marciapiedi. A dimostrare che i coglioni, purtroppo, non stanno solo nelle mutande.

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