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20/01/2014

Libano, governo vicino. O forse no

Cauto ottimismo in Libano dopo la dichiarazione rilasciata lo scorso venerdì dal leader del movimento "Futuro" Saad Hariri di essere finalmente pronto a partecipare a un governo di coalizione che includa anche il nemico di sempre Hezbollah. Il compromesso è arrivato dopo una settimana di intensi colloqui tra le tre principali forze politiche del Paese per trovare una soluzione definitiva alla crisi politica apertasi lo scorso marzo con le dimissioni del primo ministro Najib Miqati. Cauto, perché se la dichiarazione di Hariri è suonata a molti come la benedizione definitiva alla formula promossa dal blocco centrista di un governo di unità nazionale secondo la tripartizione "8-8-8" degli incarichi ministeriali, sono ancora molte le questioni in sospeso in grado di far nuovamente saltare il tavolo.

In cima alla lista c'è il mantenimento del famigerato trinomio «popolo, esercito, resistenza» nella dichiarazione ministeriale a fondamento del governo a venire. Inserita per la prima volta nel 2009 proprio da Saad Hariri per ottenere la fiducia necessaria a dare il via libera in parlamento all'insediamento di un governo di unità nazionale posto sotto la sua guida e reiterata da Miqati dopo essergli subentrato nel 2011, essa ha fornito di fatto a Hezbollah la legittimazione necessaria per mantenere il pieno ed esclusivo controllo sulle sue milizie e sui suoi armamenti. Una legittimazione alla quale quest'ultimo non intende rinunciare tanto più in virtù del suo coinvolgimento diretto nel conflitto siriano dal maggio del 2013 a fianco delle truppe di Bashar al-Assad, ma che allo stesso tempo rappresenta il limite invalicabile posto dalla coalizione rivale, rigorosamente anti-regime, in nome del rispetto della Dichiarazione di Baabda sottoscritta nel giugno 2012 da tutte le forze politiche che aveva sancito la neutralità dello stato libanese rispetto al limitrofo conflitto.

In secondo luogo c'è la questione dei criteri di assegnazione dei ministeri-chiave tra i tre blocchi politici che entrerebbero a far parte del nuovo esecutivo. La proposta avanzata dalla coalizione del 14 Marzo e ribadita sabato dal leader falangista Amin Gemayel è quella di una rotazione periodica degli incarichi tra i candidati afferenti alle tre coalizioni. Nessun accordo tuttavia è stato raggiunto né sulla rosa di nomi da presentare, né sui tempi che dovrebbero scandire la turnazione dei vari ministeri. L'8 marzo dal canto suo, continua a glissare, subordinando la questione all'accettazione del trinomio da parte della coalizione rivale.

La giornata di oggi potrebbe tuttavia riservare sorprese inaspettate. Proprio oggi infatti scade l'ultimatum lanciato dal presidente della repubblica Michel Sulaiman alle varie forze politiche per trovare un accordo per procedere alla formazione di un governo di unità nazionale. Qualora il termine non venisse rispettato, l'ipotesi del governo di unità nazionale verrebbe definitivamente accantonata in favore della nomina di un governo tecnico interamente di sua scelta.

Difficile capire quanta concretezza ci sia dietro quest'ultima affermazione. Il presidente Sulaiman è infatti perfettamente consapevole che un governo tecnico non otterrebbe mai dal parlamento la fiducia necessaria per poter portare a termine il compito di guidare il paese alle prossime tornate elettorali. Allo stesso modo è perfettamente consapevole che una scelta in tal senso verrebbe interpretata dall'8 Marzo e dai suoi militanti come un imperdonabile ingerenza in favore della coalizione avversa, essendo il governo tecnico il piano A presentato nei mesi scorsi dal fronte del 14 Marzo per isolare definitivamente Hezbollah in patria e neutralizzarne l'influenza negli affari siriani. In ogni caso il sasso è stato lanciato, e qualora venisse davvero seguito dai fatti, rappresenterebbe una minaccia per la legittimità del Partito di Dio ben più grave rispetto alla volontaria rinuncia alla formula «popolo-esercito-resistenza».

Per adesso, mentre le trattative continuano con lo sguardo tra Teheran, Riyadh e Leidschendam a Baabda tutto tace.

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