Una missione della Nato a tempo indeterminato, pattuglie e check point
in tutta la Cisgiordania, a Gaza e a Gerusalemme est. E il ritiro
graduale delle forze di occupazione israeliane entro cinque anni. In
un'intervista rilasciata ieri al quotidiano New York Times, il
presidente dell'ANP Abu Mazen ha esposto il piano proposto al segretario
di Stato americano John Kerry per una risoluzione del conflitto
israelo-palestinese e la nascita di uno stato palestinese entro i
confini del 1967.
"Al termine dei cinque anni il mio Paese sarà libero dall'occupazione.
La terza parte può restare. Per rassicurare gli israeliani, per
proteggere noi" ha detto il presidente dell'ANP, stretto tra le
polemiche scatenate dalla sua dichiarazione di una settimana fa, in cui
si diceva disposto ad accettare una presenza militare israeliana nella
Valle del Giordano, a ridosso del confine con la Giordania, nei tre anni
successivi alla firma dell'accordo di pace. Una presenza che, secondo i palestinesi, maschererebbe e perpetuerebbe l'occupazione odierna.
Secondo la proposta di Abu Mazen, il futuro stato di Palestina sarebbe demilitarizzato: nessun
esercito nazionale, solo una forza di polizia. Il controllo delle
frontiere verrebbe consegnato quindi alla missione Nato, che sarebbe
responsabile anche della prevenzione del terrorismo. "La terza parte
- ha dichiarato Abu Mazen - può restare per molto tempo, dove vuole:
non solo lungo i confini orientali, ma anche lungo quelli occidentali.
Credete che viviamo nell'illusione del fatto che possiamo avere
sicurezza se Israele non si sente sicuro?"
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha già rifiutato
categoricamente una presenza straniera all'interno dei confini
palestinesi, non si è ancora espresso sulla proposta di Abu Mazen. Nei
giorni scorsi Netanyahu ha ripetuto che Israele accetterà solo un
accordo che preveda la presenza a lungo termine delle truppe israeliane
nella Valle del Giordano e che la precondizione necessaria a tale
accordo è che l'ANP riconosca Israele come Stato Ebraico. Una
clausola - rigettata però dalla parte palestinese - la quale non solo
nega il diritto al ritorno dei profughi e condanna la minoranza
palestinese in Israele, ma di fatto non è stata contemplata da nessun
precedente accordo di pace firmato da Tel Aviv: come ha fatto notare Abu
Mazen, infatti, la dicitura non è presente né nell'accordo con la
Giordania né in quello con l'Egitto.
E mentre il presidente dell'Anp ripete che "la chiave della pace è nelle mani di Netanyahu", il tempo stringe: la scadenza per la firma di un accordo quadro è infatti il mese di aprile.
Troppe le divergenze tra le parti, troppe persino le spaccature
all'interno del parlamento israeliano, per un accordo che appare sempre
più impossibile da realizzare. E nell'annunciare la "liberazione
dall'occupazione entro 5 anni" Abu Mazen ha dimenticato un piccolo
particolare: a discapito di qualsiasi accordo verrà mai firmato, le
colonie potranno essere smantellate solo con una votazione all'interno
della Knesset.
Fonte
Bah, la trovo una proposta delirante.
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