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21/05/2014

Come è ridotto questo paese? L'arresto di Paolo Di Vetta davanti a Montecitorio

Ieri a Roma abbiamo assistito ad uno scenario che, se avvenuto in un altro paese, avrebbe suscitato le proteste di molte “anime belle” dei diritti umani.

Un attivista politico partecipa ad una conferenza stampa davanti al Parlamento dove il giorno prima è stata approvata una legge indegna sul problema delle abitazioni. Al termine del suo intervento viene prelevato dalla polizia che gli notifica che deve tornare agli arresti domiciliari – trasformati alcune settimane fa in obbligo di firma – e lo porta via, alla sua casa (occupata) che diventa la sua cella.

L'attivista in questione è un compagno conosciuto: Paolo Di Vetta. Tutto questo è avvenuto ieri pomeriggio davanti a Montecitorio dove per giorni i movimenti di lotta per l'abitare avevano contestato il Piano Casa del ministro Lupi al cui interno c'è un art.5 degno di entrare a far parte dell'apparato legislativo coloniale israeliano nei territori palestinesi occupati. In base a quest'articolo, chi occupa una casa perde il diritto alla residenza, all'iscrizione a scuola dei figli, ai servizi indispensabili come acqua, luce, gas, al permesso di soggiorno se straniero. Su questo rinviamo all'ottima e inquietanti disamina dei giuristi del Forum Diritti Lavoro pubblicato in altra parte del giornale.

Paolo Di Vetta, insieme ad un altro attivista Luca Fagiano, torna agli arresti domiciliari “a causa del suo comportamento”. Perché? Perché dopo la revoca dei domiciliari e la loro sostituzione con l'obbligo di firma, non aveva rinunciato a partecipare attivamente alle manifestazioni e iniziative di lotta per le quali era stato sottoposto agli arresti domiciliari. Qualcuno ha invocato un improprio paragone con la “mordacchia” messa dai magistrati a Berlusconi per rimanere affidato ai servizi sociali piuttosto che agli arresti domiciliari. Ma è un paragone indegno sotto innumerevoli punti di vista. I potenti usufruiscono di provvedimenti restrittivi leggeri, per reati che danneggiano gli interessi popolari e collettivi a fini di interesse privato e hanno residenze principesche.

Gli attivisti dei movimenti sociali finiscono spesso in galera per le manifestazioni, perché organizzano i tanti messi in mezzo alla strada dagli interessi privati di pochi e fanno gli arresti domiciliari in abitazioni dei quartieri popolari della periferia o addirittura dentro le case occupate a rischio sgombero.

La teatralità dell'arresto di Paolo Di Vetta ha il segno evidente e inquietante del segnale, dell'intimidazione, del “guinzaglio corto” in una città dove, sulle opportunità offerte dal Decreto Salva Roma, stanno volteggiando squali e avvoltoi della finanza nazionale e internazionale pronti a gettarsi sulla svendita del patrimonio pubblico al quale viene costretto il Comune. Uno degli ostacoli, al momento, sono le centinaia di famiglie senza casa che hanno occupato edifici pubblici e privati lasciati vuoti dalla speculazione in attesa di far scendere e risalire il settore immobiliare.

Sembra di essere in Turchia o in Brasile, invece siamo a Roma, in Italia... in Europa. E le anime belle dei diritti umani ci assordano con il loro silenzio.

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