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20/05/2014

Iraq - Elezioni vinte da Al-Maliki

Come era prevedibile, la coalizione del premier iracheno uscente ha vinto le elezioni parlamentari. Tuttavia al-Maliki avrà bisogno di allearsi ad altri gruppi per avere una solida maggioranza di governo.

Le parlamentari del 30 aprile sono state le terze da quando è caduto il regime sunnita di Saddam Husseini in seguito all’invasione occidentale del marzo 2003. Il momento che vive il Paese è drammatico: l’Iraq, infatti, è dilaniato dalle violenze come nel tremendo biennio 2006-2007. Soltanto lo scorso anno 8.800 persone sono state uccise in attentati e negli scontri armati con le forze governative. Da gennaio le vittime delle violenze sono già più di 3.500. Ad aggravare la già gravissima situazione – alimentata dal settarismo del governo – è la guerra civile siriana: nel vuoto istituzionale che si è creato nell’area orientale della Siria, ne ha approfittato il gruppo islamico fondamentalista Isil (Fronte islamico di Iraq e Levante). L’Isil domina un territorio molto vasto che si estende dalla città siriana di Raqqa fino a Falluja nella provincia di al-Anbar nel nord ovest dell’Iraq.

Più di 9.000 sono stati i candidati che hanno preso parte alle parlamentari del 30 aprile. L’affluenza del 62% (22 milioni sono stati gli aventi diritto al voto) ha eguagliato quella della precedente tornata elettorale del 2010. Nonostante si siano verificati diversi casi di aggressione nei confronti dei candidati, le parlamentari sono state definite un “successo” dalla comunità internazionale.

I risultati delle elezioni – il cui annuncio è stato a lungo posticipato a causa dei tanti reclami presentati – sono stati comunicati soltanto ieri dall’Alta Commissione Elettorale. Successo netto e prevedibile per la coalizione di al-Maliki “Stato di Legge” che ha conquistato 92 seggi (su 328 complessivi) vincendo in 10 su 18 province. Il premier uscente dovrà, però, allearsi con altri gruppi per raggiungere i 165 seggi necessari per potersi riconfermare alla carica del Paese.

Maliki sarà costretto, per forza di cose, a coalizzarsi con le altre compagini sciite. Tra queste vi sono il blocco al-Muwatin del religioso sciita ‘Ammar al-Hakim (29 seggi, seconda forza del Paese) e al-Ahrar di Muqtada al-Sadr (28). Due piccoli partiti sadristi hanno ottenuto 6 seggi e molto probabilmente si uniranno al blocco di al-Ahrar per formare una coalizione più ampia.

Tra i sunniti, invece, è stato Muttahidun del Presidente del Parlamento Osama al-Nujaifi ad ottenere più seggi (23) seguito subito dopo (21) da al-Wataniyya dell’ex premier Ayad Allawi. Molto distanziata (10 posti parlamentari) la lista al-Arabiya del vice primo ministro sunnita Saleh al-Mutlaq.

I due principali partiti curdi, l’Unione patriottica del Kurdistan e il Partito Democratico Curdo hanno conquistato lo stesso numero di seggi (19). Peggiore è stato il risultato del partito curdo riformista Goran (9).

Fatta l’elezione facciamo il governo.

Più facile a dirsi che a farsi. Le negoziazioni per la formazione di un nuovo governo possono durare settimane se non mesi in Iraq. Il precedente storico non è incoraggiante: nel 2010 ci sono voluti 9 mesi per dare vita ad un nuovo esecutivo. Nonostante la lunga gestazione, però, i parlamentari non sono riusciti a trovare un accordo su chi dovesse essere a capo dei Dicasteri della Difesa e degli Interni. Il fatto che quest’ultima carica sia stata mantenuta fino ad oggi dallo stesso Premier Maliki la dice tutta sulle difficoltà avute.

Secondo la costituzione irachena, il Presidente chiederà al nuovo Parlamento di riunirsi entro 15 giorni dalla ratifica dei risultati elettorali. L’attuale Presidente iracheno, Jalal Talabani, ha avuto un ictus nel 2012 e da allora le sue apparizioni pubbliche sono drasticamente diminuite. Tuttavia, secondo gli analisti, non dovrebbero esserci ritardi perché il suo ruolo è perlopiù cerimoniale.

Quando i parlamentari si riuniranno, dovranno scegliere non solo il Primo Ministro ma anche un Capo di Stato e un Presidente del Parlamento.

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