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20/05/2014

Rohani, la real politik passa per i social network

Con l’insediamento alla presidenza della Repubblica Islamica Iraniana, successo elettorale che ha undici mesi di vita ed è giunto per la fiducia concordatagli da una parte dell’opposizione inizialmente orientata al boicottaggio, l’ayatollah Hassan Rohani avrebbe avuto un anno di tempo per ottenere risultati tangibili. Fra essi l’uscita dall’isolamento e dalla strozzatura delle sanzioni che creano non pochi problemi alle casse dello Stato e a quelle dei singoli cittadini. Il count-down sarebbe sostenuto da chi l’ha eletto, i tanti giovani sia dell’ex ‘onda verde’ sia d’altra estrazione seppure prevalentemente urbana, e dagli stessi suoi avversari: una parte dell’ala conservatrice del clero che dialoga col partito combattente, creatrice del ruvido Ahmadinejad. Bruciato l’ingegnere basij, archiviata la sua esperienza politica il potente gruppo dei Pasdaran non ha rinunciato a smanie di potere e d’interesse, ma ha dovuto subire il cambiamento Rohani e accettare l’approccio diplomatico del neo presidente. Praticando una specie di tregua e restando a osservare gli eventi. Due fidi collaboratori di Rohani, agli esteri Zarif e al petrolio Zanganeh, sono navigati politici d’era riformista, già coinvolti nell’esperienza presidenziale di Khatami. Tutt’oggi nessuno di loro può vantare enormi conquiste per il governo iraniano, ma il Paese ha registrato due momenti favorevoli.

Nello scorso settembre reggendo l’offensiva diplomatica a sfondo militare degli Stati Uniti in Siria, con la minaccia d’un intervento delle forze Nato tramite raid aerei su Damasco, e l’ipotetico correttivo verso Teheran sognato da qualche suggeritore israeliano. Quella retromarcia è passata per colloqui moscoviti, però la sottile diplomazia dello staff di Rohani ha fatto la sua parte. A novembre il dibattito sul nucleare, che pur continua a essere in sourplace, ha offerto un respiro dopo anni di linea dura occidentale. Ovviamente quel che più interessa all’Iran è la contrazione delle sanzioni, penalizzanti sul mercato interno, e sugli introiti delle risorse energetiche concretamente piazzate ai due giganti dell’economia mondiale: Cina e India. Per meccanismi spesso pilotati i guadagni di queste commesse vengono congelati dalla rete di talune banche internazionali con conseguenze spiacevoli per le finanze iraniane. Gli Stati Uniti hanno aggiunto un ulteriore motivo per tenere l’Iran ai margini del mercato energetico mondiale (che invece potrebbe trarre un enorme vantaggio dalla riabilitazione del ciclopico fornitore): favorire il commercio dello shale gas, di cui gli Usa posseggono ampie riserve, e proporlo come  alternativa al metano. Nel merito Obama ha strizzato l’occhio a tutta l’Unione Europea sfruttando ulteriormente la crisi ucraina. Sulla pericolosità per l’ecosistema della pratica di frantumazione delle rocce in cui lo scisto è trattenuto dovrebbe intervenire la comunità internazionale.

Ma come per altre catastrofi in corso (emissioni di gas serra e buco dell’ozono, inquinamento terrestre e marino, sparizione della foresta Amazzonica e tant’altra distruzione) ahinoi non accadrà nulla. Il filo con cui Rohani tiene in vita il proprio disegno politico sul duplice fronte estero e interno, rappresenta una scommessa che potrebbe ricevere la definitiva scossa temporale riservatagli da sostenitori e avversari. Ogni occasione diventa motivo per tenere accesa l’attenzione e l’acuto Rohani cerca di coglierle. Rivolto al mondo giovanile, zoccolo duro del suo elettorato, il presidente è di recente intervenuto a favore di un aumento della velocità dei collegamenti Internet così da migliorarne l’accesso e l’uso. A suo vedere Facebook, You Tube e altri luoghi virtuali in cui soprattutto i ragazzi fanno circolare notizie e punti di vista spesso spinosi e critici verso l’establishment politico non sono da demonizzare e proibire. Anzi. Mossa populista o realismo politico? Probabilmente entrambi, ma ulteriore dimostrazione di come questo chierico non sia chiuso come altri ayatollah e certi colleghi che in vari Paesi islamici attaccano libertà d’espressione e strumenti tecnologici. Che a una parte della politica iraniana questa linea non piaccia lo dimostra l’annullamento del riepilogo del discorso presidenziale, cancellato dal responsabile della televisione di Stato Zarghami. Uno dei rappresentanti di quel conservatorismo sempre presente e tuttora potente.

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