L'analisi del “piano casa” del governo Renzi illumina un pasticcio affaristico-autoritario che ha sicuramente una chiara direzione di marcia, ma poco leggibile se non dall'alto.
I movimenti per l'abitare hanno colto soprattutto il lato repressivo, com'è giusto. Il divieto posto ai comuni di concedere la residenza agli “occupanti senza titolo”, congiunto al divieto alle municipalizzate di concedere gli allacci per acqua, luce e gas, non ha alcun contenuto economico: solo quello “politico” di rendere impossibile la vita agli occupanti. Ancora più chiara è l'intenzione della norma – aggiunta nelle ultime battute – per cui se l'immobile occupato è pubblico scatta un automatica esclusione dalle liste dei richiedenti alloggio per cinque anni.
Il “principio” concretizzato da questo codicillo è semplice: chi lotta per avere la casa viene escluso dalla possibilità di averla legalmente. Il tutto aggravato dalla pretesa governativa di poter far valere la norma anche retroattivamente, contro coloro che a questo punto sono magari “legittimi assegnatari”. Lasciamo perdere i vizi di costituzionalità pur evidenti, perché questo governo e l'arco delle forze che lo sostiene – Berlusconi compreso – si muove consapevolmente fuori e contro la Costituzione repubblicana per imporre un nuovo regime, con altri fondamenti. Quel che c'è da mettere in luce è invece proprio il principio “punitivo” nei confronti di chi esercita il normale conflitto sociale per estendere o difendere alcuni diritti (acquisiti o da conquistare). Se lotti per i diritti non potrai averli. Al fondo, ci pare evidente, c'è una “filosofia costituente” da ancien regime, o da Statuto albertino, secondo la quale i diritti sono una “benevola concessione” del sovrano. Che nel frattempo non esiste più, visto che persino le funzioni base della “sovranità” (il potere di bilancio) sono state trasferite a un'entità multi e sovranazionale assolutamente inattingibile dalla volontà popolare.
L'estensione di questo principio ad altri campi della vita sociale è da brividi. Per esempio, gli operai che scioperano per aumenti salariali potrebbero venire esclusi dal godimenti degli aumenti, ove conquistati. E così via.
Il resto del decreto è ordinaria amministrazione affaristica. In linea generale si procede allo smantellamento dell'edilizia residenziale pubblica, con due disposizioni convergenti allo scopo. La prima favorisce la vendita a riscatto del patrimonio esistente agli inquilini residenti, la seconda “recupera” il patrimonio immobiliare privato invenduto (una marea di case, di questi tempi) a fini sociali.
Conviene entrare nel dettaglio per non farsi coglionare. La vendita a riscatto avrebbe una sua logica se il ricavato dalla vendita venisse finalizzato alla costruzione di nuove abitazioni da destinare ai senza casa (650.000 famiglie iscritte nelle liste dei richiedenti alloggio presso i comuni italiani). Ma non essendo previste nuove costruzioni questa è un'alienazione pura e semplice, appena temperata dal fatto di essere riservata agli attuali assegnatari (ci saranno certamente molti problemi con quanti non possono procedere all'acquisto a causa dei redditi bassi o dell'età troppo avanzata).
La mossa di “recupero” del patrimonio privato invenduto è invece chiarissima. Gli appartamenti vuoti potranno essere assegnati a “canone concordato” a famiglie richiedenti casa, con un contributo dello Stato (che però poggia su un fondo assolutamente insufficiente). Può sembrare una mossa “populista” (“diamo casa a chi ne ha bisogno”), in realtà garantisce introiti certi a imprenditori privati che avevano sbagliato l'investimento e si ritrovano palazzine invendute.
L'obiettivo è ancora più scoperto quando si scopre che la norma vale anche per le grandi lottizzazioni che non erano neppure iniziate proprio a causa della crisi di mercato. Se qualche palazzinaro aveva insomma ritardato l'avvio dei lavori per non fare la stessa fine degli incauti concorrenti, ora potrà darsi da fare: lo Stato – Renzi e Lupi – gli garantisce che avrà comunque un guadagno. Così come a chi aveva puntato speculativamente sull'eplosione del prezzo dei terreni nel passaggio da agricolo a "edificabile". Il tutto, naturalmente, a spese di un territorio già troppo cementificato...
Stessa logica per l'acquisto di mobili in seguito a ristrutturazioni edilizie (in questo caso è stato persino cancellato l'unico limite previsto: che il costo dei mobili non superasse quella della ristrutturazione), in pratica uno sconto a chi – di questi tempi – può permettersi di spendere cifre molto consistenti.
Profitti privati e repressione. La regola aurea per il “ridisegno” del modello sociale indicata dall'Unione Europea.
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