Solo tre candidati su 24 sono stati giudicati idonei e sono
ufficialmente in corsa per la presidenza della Siria. Ad annunciarlo è
stata ieri la Suprema Corte Costituzionale, che ha svelato i nomi dei
tre sfidanti: oltre allo scontato Bashar al-Assad, ci saranno Hassan bin Abdullah al-Nouri, 54enne uomo d’affari di Damasco e Maher Abdul-Hafiz al-Hajjar,
43 anni, candidato comunista di Aleppo. Premessa prevedibile per
un’elezione, quella del prossimo tre giugno, che quasi sicuramente
porterà la riconferma di Assad e che l’Occidente e i ribelli siriani
hanno già bollato come farsa.
L’opposizione armata ha già gridato all’illegittimità del voto sostenendo che, seppure
i due candidati siano definiti “dell’opposizione”, Al-Nouri ha
ricoperto la carica di ministro senza portafoglio pochi mesi prima della
morte di Hafez al-Assad e Maher Hajjar, un passato nel partito
comunista e anch’egli parlamentare sotto gli Assad, tiene un bel
ritratto di Bashar al-Assad nel suo ufficio.
A meno di un mese dalla data, poi, ci si chiede come, dove e quando
sarà possibile votare. Con alcune aree ancora in mano ai ribelli dove ci
si aspetta che non siano permesse le operazioni di voto, le zone
riconquistate dall’esercito siriano sono invece a rischio attentati: per
questo i servizi di sicurezza siriani avrebbero già consigliato a
Hajjar di non farsi vedere troppo fuori casa. Il bollettino di guerra,
poi, è tragico: negli scontri tra gruppi islamici rivali nelle provincie
orientali, lungo il confine con l’Iraq, sono morte 62 persone negli
ultimi quattro giorni, come ha annunciato ieri l’Osservatorio siriano
per i Diritti umani. Migliaia di persone sono state costrette a lasciare
le loro case nei villaggi della provincia di Deir el-Zor, mentre è
ancora incerta la possibile evacuazione degli abitanti di Homs,
assediata e giunta al terzo giorno di un fragile cessate-il-fuoco tra
esercito governativo e ribelli.
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