“Tirato giù a forza dal treno e trascinato, braccia dietro alla schiena, al posto di polizia ferroviaria dove sono stato trattenuto senza motivo per una notte intera”. Un vero e proprio incubo che ricorderà a lungo quello vissuto da un giornalista polesano la notte del Redentore. Dopo una giornata a Venezia ed aver assistito con alcuni amici al celebre spettacolo pirotecnico nel bacino di San Marco, arriva alla fine il rientro in stazione, a S. Lucia, per prendere il treno. Qui, però, accade un episodio che mai si sarebbe aspettato: senza motivi apparenti, se non quello di aver scattato una foto con il cellulare alle centinaia di persone presenti che a frotte prendono d’assalto i convogli, il giornalista viene puntato da un poliziotto impegnato nel cordone di filtraggio della folla verso i treni. Sono le due del mattino, il giornalista sale su un vagone e viene seguito dall’agente che si precipita sul mezzo a chiedergli i documenti.
“In pochi istanti vengo trascinato a forza giù dalla carrozza sulla quale sono salito regolarmente munito di biglietto, – racconta il giornalista – vengo bloccato con il braccio torto dietro la schiena, e sono accerchiato da quattro poliziotti che cominciano a insultarmi e a minacciarmi pesantemente, vengo trascinato a forza e senza nessun motivo verso il posto di polizia mentre il treno, ormai perso, prende la via di Adria”. Questa dinamica è riportata anche nella denuncia che il giovane sporge qualche giorno dopo ai carabinieri.
“La situazione già di per sé paradossale, degenera del tutto all’interno dell’ufficio – continua il racconto – sempre col braccio bloccato dietro la schiena mi rovesciano le tasche, mi buttano il portafogli a terra, mi fanno togliere le scarpe come se fossi stato un delinquente e soprattutto dopo altri insulti e altre minacce mi mettono in cella di sicurezza dove pretendono le mie scuse nei confronti della polizia”.
“Ad un tratto, la follia degli agenti pare placarsi” racconta il giovane che in cella di sicurezza ha modo di pensare ai casi Aldovrandi e Cucchi. “Rimango ancora scalzo, senza aver potuto avvisare nessuno e senza che nessuno mi abbia detto per quale motivo sono trattenuto contro la mia volontà”. Senza un goccio d’acqua per lunghe ore, soltanto qualche minuto prima delle cinque del mattino, tre ore dopo il fermo, viene prodotta una documentazione che il giornalista si rifiuta di firmare. “Al di la’ degli orari sballati – nelle carte si legge che il rilascio avviene tra le 2.30 e le 3 – mi ritrovo sanzionato per ubriachezza manifesta senza essere stato sottoposto a nessun alcoltest ma soprattutto denunciato penalmente per resistenza o oltraggio a pubblico ufficiale”. Per questa accusa sarà chiamato a difendersi in un’aula di tribunale.
Tornato a casa il giornalista si è presentato al Pronto soccorso, dove gli è stato diagnosticato un trauma distorsivo al braccio sinistro con prognosi di tre giorni e non ha esitato a sporgere una contro querela ai danni degli agenti che lo hanno “sequestrato” per tre ore.
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