Guido Salerno Aletta, La zavorra parla tedesco, MilanoFinanza 23 agosto 2014.
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Hanno il fuoco sotto il sedere. E gli rode, gli rode tanto. Hanno adottato all’unisono nel 2014 un nuovo verbo: investimenti! Come mai? Operano, secondo loro, dal lato della domanda e dell’offerta al contempo. Ne hanno necessità per un dato: dal 2008 nell’eurozona gli investimenti sono crollati del 20-25%, mai visto dal dopoguerra. Ma, aggiungono, devono essere corredati da “riforme strutturali”, in primis il mercato del lavoro. Sognano, come sognavano nell’estate del 2011. La Germania adottò il Piano Hartz IV del mercato del lavoro nel 2003 con i minijob, la contrattazione aziendale e con una feroce deflazione salariale.
Risultato? La percentuale degli investimenti in rapporto al pil in quel paese non arriva al 18% (esattamente il 17,9%) e lì ci sono 5 mila miliardi di euro di liquidità che non vengono investiti, parcheggiati in depositi e prodotti assicurativi e finanziari a rendimento zero; se lo si rapporta allo stato comatoso dell’economia italiana, dove la percentuale è pari al 17%, ci possiamo rendere conto che sbatteranno contro un muro. Nessuno in Europa ammoderna impianti, aumenta le spese in ricerca e sviluppo, costruisce infrastrutture, investe in alta ricerca: tutti operano in un sistema economico vecchio di almeno 20 anni. In Italia anche peggio: durante le Considerazioni Finali del 2009, quando ancora era governatore della Banca d’Italia, Draghi ebbe modo di affermare che “negli ultimi vent’anni la nostra è stata una storia di bassi consumi, bassi salari, bassi investimenti”. Dalle nostre parti non si investe, quindi, dagli anni ’80... logico che la produzione industriale, dati settembre 2014, sia a livelli del 1988! Ora per questi signori la parola d’ordine è investimenti. Come mai? In tutti i loro discorsi, così come negli eventi di questi anni, c’è un convitato di pietra: la Cina. Siria, Ucraina, Iraq, Libia, la “terza guerra mondiale”, sanzioni, accerchiamento militare, pivot asiatico, trattati di libero scambio transatlantici e transpacifici a guida Usa, il segno è sempre quello, contenere, contrattaccare, impedire il secolo cinese e sbolognare in giro per il mondo moneta fasulla. Il terzo conflitto mondiale è l’altra faccia della bolla del dollaro e del suicidio europeo. Dalla guerra delle monete alla guerra guerreggiata. Primo messaggio: bombardamento americano dell’ambasciata cinese a Belgrado durante la guerra in Jugoslavia. E a Pechino comanda gente che ha una memoria d’elefante...
E’ la guerra tra hausmanizzazione monetaria e lotta di barricata, tra asset inflation (e deflazione salariale) e sterilizzazione monetaria (unita alla reflazione salariale), la guerra è la continuazione della politica monetaria. Negli ultimi tre anni questi signori sono stati spiazzati, è dire che nell’agosto del 2011, dopo la lettera segreta della Bce all’Italia, l’avevamo detto: cari deflazionisti, costruttori del Piano Werner del 1972 a guida Bundesbank, sbatterete contro il muro. In Cina, a seguito dell’adozione della nuova legge sul lavoro del 2008, sono passati dal pluslavoro assoluto al pluslavoro relativo, dove l’apporto di scienza, conoscenza, specializzazione contano molto più dei salari, che tra l’altro quella dirigenza aveva deciso di reflazionare. Cari deflazionisti, da quelle parti è in corso il salto tecnologico, vi sbraneranno, a voi e alla vostra deflazione salariale. E poi, caro Bernanke, la tua immane asset inflation cozzerà con la deflazione salariale che adottate e andrete avanti per bolle. Pochi giorni fa, Il Foglio informava di una riunione segreta quest’estate della Cia sulla crisi: non riescono a spiegarsi come mai dopo 7 anni sono ancora nel guado, i numeri che escono ingannano, la stessa Fed considera 7 milioni di lavoratori part-time come autentici disoccupati tanto prendono poco, e poi il tasso di partecipazione al lavoro è a livelli minimi, un sacco di gente da quelle parti non cerca più un impiego. E poi, gli analisti della Cia sono allarmati da un dato: la Cina fa incetta d’oro (ma va?, che novità...). Se è per questo anche la Russia...
Ma esattamente cosa è successo negli ultimi anni? Un dato: negli ultimi 15 anni la quota di mercato mondiale di beni di alta tecnologia della Cina è passata dallo 0,4% all’11,2%, stanno erodendo quote di mercato a tedeschi, giapponesi, americani nei settori dove gli occidentali credevano di essere irraggiungibili. La spesa in ricerca e sviluppo in Cina è esplosa e nel giro di pochi anni raggiungerà quella americana, per il tanto ha ampiamente superato quella giapponese e tedesca... Gli investimenti in istruzione sono massicci e coinvolgono l’intera popolazione, roba che in Occidente ce la sogniamo. Da 8 anni è in corso da quelle parti una reflazione salariale generalizzata accompagnata da una rivalutazione della moneta dell’ordine del 35%. Risultato? Negli ultimi due mesi le esportazioni sono aumentate mediamente del 10% in un contesto di mercato mondiale stagnante, ciò significa che i cinesi erodono quote agli occidentali, malgrado questi abbiano abbassato i salari a livelli da fame. La chiave di volta, come dicevamo, è il salto tecnologico e un aumento spettacolare della produttività totale dei fattori produttivi legati a massicci investimenti. Già, proprio questi. Ti viene in mente che le banche centrali occidentali, i “centri studi”, gli “editorialisti” dei quotidiani economici accusavano nell’ultimo decennio la Cina di “sovrainvestimenti” e affermavano che sarebbe scoppiata la “bolla degli investimenti”. Si è visto chi aveva ragione. Ora corrono ai ripari, vogliono anche loro gli investimenti, ma siccome soldi non ce ne sono e quelli che ci sono, tanti, sono parcheggiati negli assets finanziari (il risparmio gestito in Italia ad agosto ha toccato il record di 1480 miliardi, perlopiù profitti industriali che non vengono reinvestiti) hanno trovato la quadra: facciamo i minijob in tutta l’Europa e tagliamo quel che rimane del welfare, riportiamo questo continente al medioevo dell’800 del pluslavoro assoluto e il gioco è fatto. Tradotto: facciamo crollare sempre più la domanda interna europea e aumentiamo a dismisura il surplus delle partite correnti dell’eurozona, a scapito di Usa, Gb, Giappone e possibilmente Cina, proprio quello che dice Salerno Aletta nella citazione. Facciamo dell’Europa un generalizzato mercantilismo, adottando il modello tedesco, facciamo la guerra tra noi a chi abbassa di più i salari, adottiamo protezionismo fiscale tagliando le tasse sul lavoro (ovviamente le coperture le trovi nelle spese del welfare..) e vedrai come fronteggeremo la Cina. Come no! Autunno 2008, telefono a Giacché: “Vlad, punta sull’Hang Seng di Hong Kong”. “Già fatto, qual è la novità?”. “Hanno adottato la nuova legislazione sul lavoro, puntano sul plusvalore relativo. Inoltre pianificano processi di fusione e concentrazione di mega imprese nel settore pubblico e successiva quotazione azionaria. Do you remember controtendenza alla caduta del saggio di profitto? Se li sbraneranno”.
Vladimiro Giacché andò da quelle parti nel 2010, fece un resoconto sul giornale di Travaglio informando del salto tecnologico della Cina. Chi l’ascoltò in Italia? Nessuno. Ancora nel 2012 potevi leggere su Il Foglio che in Cina si producevano magliette e scarpette... Il giornale dell’establishment italiano, l’establishment della pezzenteria arricchita. Agosto 2014, il Consiglio di Stato autorizza tutti gli operatori mondiali ad investire, tramite la piazza di Hong Kong, sul mercato azionario di Shanghai. Nel frattempo Zhou Xiaochuan, governatore della banca centrale cinese, adottava per le imprese cinesi il motto “go global”, era rivolto a circa 500 imprese pubbliche, media addetti di 90 mila persone, pronte per il collocamento azionario. Imprese gestite per lo più da generali dell’esercito popolare di liberazione, gente che campa di strategie da millenni. E’ la lotta di barricata. Settembre 2014, l’operatore privato di e-commerce cinese Alibaba il 18 settembre quota il 13% del suo capitale a Wall Street, tra il 9 e il 10 settembre ha già fatto il pieno di order-book, vale a dire gli investitori hanno sottoscritto il collocamento per tutta la quota capitale offerta. Valore, 21-24 miliardi di dollari, il maggior collocamento azionario della storia finanziaria mondiale, l’intera società vale 160 miliardi di dollari.
Ritorniamo ai deliranti deflazionisti che devono aumentare il surplus delle partite correnti. Come stiamo messi? A fine 2013 l’eurozona presentava un surplus pari a 260 miliardi di dollari, solo la Germania pari a 273 miliardi di dollari, la Gran Bretagna aveva un deficit di 113 miliardi, il Giappone di 117 miliardi e gli Usa di ben 380 miliardi. Nei sette anni di crisi la Germania è passata da un surplus delle partite correnti del 3% ad uno del 7%. La Cina. Bene, questo disgraziato paese aveva nel 2007 un surplus pari al 10,2% del pil, nel 2013 è diminuito al 2,1%. Per chi volesse intendere, ma questo i deflazionisti europei non lo capiranno mai, la Cina ha avuto una crescita delle importazioni per centinaia di miliardi di dollari, tenendo a galla il mercato mondiale. Senza questa storica diminuzione del loro surplus il commercio mondiale sarebbe collassato. Cosa fanno invece i deflazionisti europei? Abbattono ancor di più la domanda interna per aumentare a dismisura il surplus delle partite correnti, sono la zavorra del mercato mondiale (se ne è accorto persino Prodi...), fino a quando qualcuno non si incazzerà davvero o gli mollerà pacchi finanziari come quelli dei subprime, la moneta fasulla, di cui parla Salerno Aletta.
E in Italia, come stiamo messi? Nel 2013 abbiamo avuto un surplus delle partite correnti pari a 20 miliardi di dollari, dovuto al crollo delle importazioni di merci. Evidentemente a Renzi non gli basta, visto che nella serata dell’11 settembre ha presentato un emendamento al Job Act che introduce i contratti di solidarietà per i nuovi assunti, con diminuzione di orari e salari. In pratica i famigerati minijob tedeschi. Del resto lui stesso ha detto che vuole adottare il modello tedesco. E’ la capitolazione finale, l’hausmanizzazione monetaria (uniformità della politica economica dei paesi europei votata al mercantilismo mediante abbassamento dei salari) del Piano Werner del 1972 è compiuta, non è una resa, è una svendita senza nessuna contropartita. Ci voleva un trentanovenne fiorentino per giungere a questo. Una deflazione devastante che distruggerà ancor di più l’apparato produttivo italiano, o quel che è rimasto, con quelli di Confindustria che gli dicono bravo, continua così. L’establishment dei pezzenti arricchiti è avvolto in una cornice di delirio deflazionista. Servirà l’abbassamento dei salari? A niente, diciamo noi, e la storia italiana dell’ultimo ventennio lo dimostra. Sono altre le controtendenze alla caduta del saggio di profitto da adottare e coinvolgono il mondo delle imprese, che non fa investimenti, dice il governatore Visco, da 25 anni, non si concentra, non si quota e non fa il salto tecnologico. Quest’ultimo nel dopoguerra c’è stato solo grazie alle industrie pubbliche, tolte quelle sono rimasti nell’establishment i pezzenti arricchiti che hanno portato i loro cospicui patrimoni all’estero, invece di investirli in azienda e da decenni dettano legge, con qualche notevole eccezione che conferma la regola. Questo è il quadro.
Nell’estate del 2011 avvertivamo: vi sbraneranno. Nel 2014 diciamo invece: vi hanno già sbranati, vi compreranno a quattro soldi, già lo stanno facendo. La lotta di barricata è una roba seria, chi non applica l’arte militare alla moneta e all’economia non potrà capire cosa gli sta arrivando. 12 settembre 2014, treno Sapri-Salerno, passi le gallerie costruite dai piemontesi nell’800 per far arrivare presto le truppe savoiarde a reprimere la rivolta dei contadini, il brigantaggio. Le gallerie sono quelle, nulla è cambiato. ‘O viento, suona Clementino. Prendiamoci un biglietto per i nuovi bastimenti… L’hausmanizzazione monetaria è compiuta, è la vittoria di Pirro del capitalismo tedesco, presto se ne accorgeranno… People’s Bank of China ha messo sul piatto, nel giro di 4 mesi, 6 miliardi di euro solo in acquisti azionari in Italia, per tacere dei titoli di stato, che ammontano, secondo Zhou Xiaochuan, ad un “tesoro”. L’Italia è molto più grandiosa di come la si pensi, ha prodotto cultura negli ultimi 60 anni, la Germania (ovest) chi ha avuto? Nessuno, c’erano i grandi scrittori... ma all’Est, “asfaltati” con l’Anschluss del 1989; ad ovest l’accetta nazista negli anni trenta ha distrutto tutto... Nel 2014 in giro c’è gente che non è disposta a lasciare l’Italia ai deflazionisti di Bruxelles e Francoforte per distruggerla. Il quotidiano La Repubblica informava giorni fa delle decisioni della dirigenza cinese di investire in Italia. Motivo: incunearsi tra Ue e Usa... La lotta di barricata avanza e coinvolge anche noi. E’ ora di aprire gli occhi e darsi da fare. Il Quarto Polo a guida cinese sta avanzando e prende posizione contro la triade imperialistica USA-UE-Giappone. Per bloccare il quarto polo la triade ha deciso: guerra al lavoro a livello interno e guerre imperialistiche all’esterno. Il nuovo secolo breve.
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Decisamente una lettura non adatta ai deboli di stomaco o a chi si augura, ogni notte, di dormire tra due guanciali.
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