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04/09/2014

La crisi europea? Non ha soluzioni indolori...


Ci dovrebbe essere un limite alla vergogna. Specie se chi dovrebbe vergognarsi possiede titoli accademici, credibilità internazionale, ha ricoperto – in modo ignobile – persino l'incarico di primo ministro. Specie se tutto quel che hai fatto fin qui si rivela palesemente sbagliato.

Accade che il think tank Bruegel, specializzato in analisi economica, abbia consegnato ai massimi vertici dell'Unione Europea un dossier definito “allarmante”, che inizia con la scoperta dell'acqua calda: «Senza crescita, diventerà impossibile rispettare le regole di bilancio». Non serviva una congrega di cervelloni per capire che, se pratichi “l'austerità”, non potrai avere a disposizione quel che serve per “crescere”; e, viceversa o di conseguenza, se non cresci non puoi neanche rimettere a posto i tuoi bilanci dissestati.

Meglio tardi che mai, comunque, potrete dire. Fino ad un certo punto... Il Bruegel si accorge che i tre paesi più pesanti dell'Unione Europea – Germania, Francia e Italia – non se la stanno passando affatto bene. Persino i tedeschi, che pure hanno i conti relativamente a posto e una disoccupazione tutto sommato limitata (ma una precarietà esplosiva, grazie ai contratti “mini job” inventati da qualla coppia di criminali sociali che si chiamano Peter Hartz e Gerhard Schroeder). Di più: nessun paese europeo sta meglio, ma questi tre hanno tutti una massa critica sufficiente a far esplodere l'Unione Europea. Chiunque di essi vada in default, per dire, trascinerà con se tutta la costruzione “europeista”.

Francia e Italia stanno naturalmente molto peggio. «Sia per la Francia che per l’Italia sarà molto difficile raggiungere gli obiettivi di contenimento del deficit nei prossimi anni. Inoltre, l’Italia non adempirà alla regola di riduzione del debito pubblico nell’arco di tempo 2016-2019…». Non è una questione di volontà politica; non può. Punto e basta, Maastricht o non Maastricht.

La schizofrenia teorica ed analitica del Bruegel, però, è a sua volta di dimensioni tali da sconcertare chi legge alcune affermazioni. Come quella per cui la dottrina di Bundesbank – prima il risanamento dei conti, poi la crescita arriverà da sola – resta comunque valida. Però, se si potessero fare per qualche anno, in tutta Europa, almeno 100 miliardi l'anno di investimenti pubblici (pubblici! proprio quelli vietati dai trattati Ue e dalla politica dell'austerità!) le cose forse andrebbero un po' meglio...

Si capisce che gli psichiatri abbiano dei problemi a trattare gente con questi problemi, ma il fatto è che secondo loro non si tratta di discutere delle premesse teoriche, ma di mettere una pezza a un rischio grave: «Ulteriori difficoltà economiche in una di queste due nazioni (Francia e Italia, ndr) potrebbero riaccendere i problemi nella zona euro, dove la situazione economica rimane fragile». Inutile predicare troppo rigore, spiegano, perché voi commissari della Ue «avete una capacità di azione limitata su questi tre Paesi. Per la Francia e l’Italia, la Commissione ha a sua disposizione l’arsenale delle regole di bilancio, ma le dimensioni degli stessi Paesi concedono loro un potere negoziale, e tutti lo sanno». Quindi non fate finta che queste regole siano inviolabili, perché altrimenti finireste per trovarvi in una situazione in cui non le potreste applicare – così come sono – proprio a causa del “peso” economico di questi tre paesi.

E quindi lasciate – anzi: decidete voi di farvi promotori – che si realizzi una diversa politica economica, fatta di “investimenti pubblici”, “project bond”, aumenti di capitale della Banca europea degli investimenti, ecc. Soprattutto, mettete in sordina quella pretesa di realizzare il pareggio di bilancio nei tempi previsti dai trattati. Sono stupidaggini che possono solo complicare la situazione...

Quasi saggio. Ma chi è il presidente del Bruegel, sia pure onorario? Quel tale Mario Monti di cui si accennava all'inizio, il “pazzo” che ha convinto il governo e il parlamento italiano a firmare l'adesione al trattato istitutivo del Fiscal Compact senza alcuna discussione pubblica, con un atto di fede cieca e idiota.

Usiamo parole offensive, troppo forti, volgari?

No, signori. Stiamo citando alla lettera alcune delle espressioni usate dal più famoso – e rispettato – editorialista economico di un giornalino come il Financial Times, di cui oggi il Corriere della Sera (non un giornale leninista...) presenta l'ultimo libro portato alle stampe, «The Shifts and the Shocks».

Cosa dice, papale papale, Martin Wolf? Ascoltiamolo...

«Senza un ampio programma di riforme strutturali a livello nazionale e un’effettiva politica per rilanciare la domanda nell’eurozona, coordinata a livello europeo, sostenuta contemporaneamente da un’adeguata politica monetaria della Bce, l’Italia è condannata a morire lentamente. Ed è un vero peccato, perché è un Paese straordinario che adoro, ma è come se fosse su un altro pianeta»
.

Si potrebbe pensare che è colpa delle storiche pigrizie italiche, che in qualche modo hanno aggravato la situazione. Ma non l'hanno provocata.

«La moneta unica è stata una vera idiozia. La cosa più sconcertante è che in nessuno Stato c’è stata una discussione seria sugli effetti reali che l’adozione dell’euro avrebbe avuto sulla competitività delle imprese e del sistema Paese. Solo Gran Bretagna e Germania hanno tenuto un vero dibattito. E infatti Londra saggiamente ha detto no all’euro, sapendo che sarebbe stato un suicidio, mentre Berlino, aderendo, ne ha capito la portata e non solo ha deciso le regole, ma ha fatto tutte le riforme necessarie per funzionare in un’unione monetaria. Gli altri Paesi sono stati pazzi. Tutti pensavano che l’euro avrebbe risolto tutti i problemi, invece li ha messi a nudo».

Una “vera idiozia”, perpetrata da “pazzi” che non hanno neppure capito cosa stavano facendo o approvando. Se pensiamo un attimo al bestiario di incompetenti totali che ha popolato il Parlamento italiano dal momento in cui la “società civile”, all'inizio degli anni '90, “scese in campo” (e non solo dietro Berlusconi, se guardiamo alle ex sconosciute ragazze pon pon che animano il codazzo cortigiano di Matteo Renzi), capiamo senza sforzo come sia stato possibile. Chi sapeva quel che stava avvenendo? Chi comprendeva quali trattati stava approvando? Certamente Giorgio Napolitano, Mario Monti, Enrico Letta e pochi altri. Persino il Romano Prodi che prometteva “con l'euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più” appare oggi in bilico: era uno dei tanti incompetenti sul ponte di comando oppure un mentitore che sapeva di mentire? (la seconda che hai detto, ci dice una vocina nella testa...)

Non è finita, però.

«La produttività italiana ha smesso di crescere ben prima dell’euro, per la mancata modernizzazione del sistema produttivo, per la resistenza delle aziende familiari, per la chiusura agli investimenti esteri, e la debolezza del mercato dei capitali».

Notato niente? Wolf non nomina “i privilegi dei lavoratori” (art. 18 e dintorni), “i fannulloni del pubblico impiego”, “il vivere al di sopra dei propri mezzi”, “i vincoli del mercato del lavoro bloccato”, ecc. No. Solo i difetti storici del capitalismo italiano rispetto al capitalismo “normale”. Che certo non se la passa meglio, ma almeno può rivendicare di essere quel che dice (capitalismo liberale, non questa fetecchia del “capitalismo di relazione”).

Comunque, secondo Wolf, non ne possiamo uscire in modo indolore.

«Un Paese a vocazione manifatturiera come l’Italia, che deve recuperare competitività nei confronti della Germania. In un quadro di bassa o zero inflazione non ha altra strada che far cadere in modo significativo i salari, una via che penalizza ulteriormente i consumi. Oppure può aumentare in modo considerevole la produttività, una soluzione che però fa crescere la disoccupazione nel breve periodo. È il dilemma competitivo italiano, che ha davanti a sé uno scenario davvero terribile. Se oggi il premier Matteo Renzi mi chiedesse cosa fare, non saprei cosa consigliargli».

O si abbassano i salari in modo “drastico” o si aumenta la disoccupazione in modo altrettanto drastico. Stando alle regole del capitale non ci sono terze vie. Il governo Renzi sta facendo entrambe le cose, bisogna dire, ma “passo dopo passo”, cercando di non farcelo capire troppo chiaramente...

P.S. Naturalmente, chi ha firmato i trattati europei che vanno distruggendo il "modello sociale europeo" (Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, D'Alema, Tremonti, ecc) non è affatto "pazzo" né "incompetente". Fanno parte di una classe dirigente che ha l'Italia come scena da calpestare, ma la testa inchiodata su un palo multinazionale...

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