Ricordate il vecchio slogan anni ’60: “Fuori l’Italia dalla NATO, fuori la NATO dall’Italia”? Ebbene pare proprio ritornato di grande attualità.
Nonostante il tentativo dei soliti asserviti mezzi di comunicazione di massa di deviare l’attenzione sul presunto “scontro di civiltà” in corso tra Siria e Iraq all’insegna dei filmati delle decapitazioni, esiste davvero il pericolo di un focolaio di guerra totale ed è rappresentato dalla questione ucraina che rende concreto (ed anche simboleggia) il ritorno al bipolarismo e al primato della geopolitica, dopo l’ubriacatura della globalizzazione e l’utopia di nuovi assetti mondiali.
La NATO, gonfiata a dismisura, come l’Unione Europea dal punto di vista delle presenze, ma rigidamente sotto il controllo USA, è tornata prepotentemente protagonista: domani ci sarà una riunione a Cardiff per esaminare la situazione ma già oggi inizieranno manovre in Europa Orientale, ai confini con la Russia con l’ operazione “Steadfast Javelin II” cui parteciperanno Stati Uniti, Germania, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Canada.
Appare facilmente prevedibile che la Russia risponderà al pari e verificheremo così, in questi giorni, una forte concentrazione militare in una zona nel cuore dell’Europa.
Da rilevare anche una dichiarazione rilasciata da Ivo Daalder, ex ambasciatore USA presso la NATO: “Il Presidente Obama guiderà lo sforzo per dimostrare l’impegno dell’Alleanza contro la sfida di Mosca per ridisegnare l’ordine europeo post guerra-fredda, perché Obama vuole riaffermare l’unità e la forza della NATO”.
Metodi e parole davvero da anni ’50, mentre la logica degli embarghi e delle sanzioni pare colpire di più i proponenti che non i bersagli: come dimostra l’andamento dell’economia tedesca dal momento in cui sono state – appunto – proclamate le sanzioni verso la Russia.
Russia che, sicuramente, ha assunto enormi responsabilità poste proprio al centro del tema della pace nel mondo per soddisfare il ritorno alle proprie ambizioni imperiali.
L’Europa, in questo quadro pare, come il solito, non esistere politicamente: stretta nella richiesta di un rinnovato atlantismo di ferro a fianco degli USA e dalla dipendenza verso la Russia sia sotto l’aspetto energetico, sia sotto l’aspetto del fenomeno dell’enorme finanziarizzazione sviluppatasi nei principali centri economici europei per effetto della fortissima immissione di capitali effettuata nel corso degli anni dai cosiddetti “magnati” ex-sovietici (Gazprom e altri). Capitali che oggi appaiono, però, in via di parziale dismissione.
La questione del rinnovato atlantismo è la vera “questione” riguardante l’Europa, oltre Francoforte, la BCE e tutto il resto e che ci piomba addosso dopo che è stata sottovalutata da più parti la dissennata rincorsa all’allargamento a Est, tralasciando come ferri vecchi le forse ancora utili dottrine riguardanti la necessità di aree di “neutralità” e di “smilitarizzazione” nel cuore del vecchio Continente, del quale si era proclamata affrettatamente la pacificazione universale.
E’ capitato, nei giorni scorsi, di richiamare la sinistra all’analisi della nuova dimensione delle relazioni internazionali ponendo la questione della pace come prioritaria rispetto agli altri temi in discussione nell’attualità: ecco i fatti di queste ore confermano la necessità di andare avanti su questa strada, proprio a partire dalla costruzione di un movimento, a livello internazionale, che denunci e si opponga al ruolo della NATO.
Per quello che riguarda l’Italia, da questo punto di vista, la ripresa dell’attività del “Controsemestre europeo” che era già stata positivamente avviata con la manifestazione del 28 Giugno andrà valutata, dal punto di vista della sua impostazione complessiva, alla luce di questo nuovo (relativamente) stato di cose.
Insomma: “Fuori l’Italia dalla NATO, fuori la NATO dall’Italia” ritorna di prepotente attualità, anche oltre le sacrosante battaglie contro Dal Molin e MUOS che pure sono state presenti nell’orizzonte generale del movimento.
Adesso, però, si tratta anche sotto quest’aspetto di compiere un vero e proprio salto di qualità nell’analisi dei contenuti e nelle capacità organizzative di contrasto verso gli immensi pericoli che l’umanità sta correndo.
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