(Con preghiera vivissima, prima di commentare, di leggere il pezzo per intero e non limitarsi alle prime righe)
Diversi intervenuti sul pezzo precedente (probabilmente a causa di quell’enfatico “Entra” al quarto rigo) hanno centrato l’attenzione solo sul punto iniziale e mi accusano di accettare acriticamente la versione occidentale che dà per scontato l’avvio dell’entrata russa in Ucraina. Più che altro, la mia impressione è che Putin sia sul punto di farlo e ci siano le prime avvisaglie: il milione di persone che lascia le zone più a rischio, alcuni filmati che, per quanto non decisivi, costituiscono indizi che non è possibile ignorare del tutto, la stessa dichiarazione di Putin “Se voglio prendo Kiev in due giorni” ecc.. D’altra parte sembra ormai chiaro (nessuno lo contesta seriamente) che automezzi e soldati russi partecipino alla battaglia di Mariupol. I carri armati non ci sono ancora, ma, insomma…
Può darsi che i russi stiano solo mostrando i muscoli, senza avere intenzione di spingere sino in fondo (ora poi sembra profilarsi una tregua), ma l’impressione è che le cose siano già andate avanti un bel po’. Comunque, i dubbi si risolveranno nel giro di giorni o settimane, dopo di che capiremo dove andiamo a sbattere.
Ovviamente, se l’intervento dovesse esserci, la cosa sarebbe assai criticabile sul piano del metodo (e penso che siamo tutti d’accordo su questo punto, diversamente non capirei il perché di tanta preoccupazione nel respingere l’idea che l’attacco sia iniziato), ma sul merito, se non si fosse capito, sostengo che i russi e la Repubblica di Donetsk hanno prevalentemente ragione e cercherò di dimostrarlo, partendo dall’analisi dei piani strategici della Casa Bianca per come sono venuti evidenziandosi in questi anni.
Come dicevo nel pezzo precedente, mentre Bush (pur sempre nell’ordine di idee del nuovo ordine monopolare, ispirato dai progetti del “Nuovo secolo americano”) aveva perseguito una partnership particolare con Mosca, curando che non restasse isolata, Obama ha ribaltato questa impostazione. Bush, aveva eletto a suo nemico strategico l’ “Islam non allineato” – per evidenti ragioni petrolifere – e badava a contenere la Cina, ma era scarsamente interessato ai suoi amici europei (lo dimostrò ampiamente lanciando la proposta della “coalizione dei volenterosi” che avrebbe dovuto soppiantare Nato ed Onu): pertanto, aveva interesse ad un buon rapporto con il Cremlino, sia per contenere la Cina, quanto per far capire agli europei che contavano quanto il due di coppe quando regna denari.
Obama, invece, dopo un infelice tentativo di G2 con la Cina – rapidamente diventata il nemico da imbrigliare –, si è disimpegnato dallo scacchiere mediorientale (forse anche per via della scoperta del petrolio di shale, che, in prospettiva, ne ha ridotto il rilievo energetico) ed ha cercato di recuperare gli amici europei, sin lì maltrattati, per rilanciare l’egemonia americana nella formula Nato. Ed, in questo quadro, la strategia euroasiatica di Putin che puntava a fare da ponte fra Cina ed Europa (meglio ancora, Germania) era di disturbo, per cui la Casa Bianca ha lavorato a mettere nell’angolo i russi, marginalizzandone la presenza sulla scena internazionale.
In questo quadro, la partita Ucraina aveva una sua rilevante importanza; facendo entrare l’Ucraina nella Nato, gli Usa ottenevano di completare la cintura dei paesi Nato dal Mar Baltico al Mar nero, di installare in Ucraina la rete radar e sistemi antimissile, di espellere le basi russe dalla Crimea, tagliando fuori la Russia dall’accesso al Mediterraneo, di strozzare i rifornimenti di gas russo, costringendoli a passare dal territorio ucraino, così da permettere agli ucraini di continuare nella pratica dei prelievi abusivi e non pagati. E, per di più, tutto questo avrebbe liquidato il progetto russo di un’area di libero scambio euroasiatica (con Bielorussia, Kazakhstan, ed altri) lasciandola senza sbocco all’Europa ed al Mediterraneo.
Che gli Usa facciano le loro operazioni fa parte delle regole del gioco, ma, allo stesso modo fa parte di queste regole la reazione russa.
Le apparenze presentano i russi come gli aggressori, ma sul piano strategico sono gli aggrediti. Gli Ucraini vogliono entrare nella Nato? Padronissimi, ma a quel punto, gli equilibri territoriali decisi all’inizio, sulla base di una Ucraina non allineata, vanno ridiscussi.
Gli Ucraini vogliono rimettere in discussione la presenza di basi russe sul loro territorio? Ma allora i russi hanno diritto di rivendicare l’Ucraina, visto che la Crimea ucraina non è stata mai.
Le frontiere scaturite dalla II Guerra Mondiale sono intangibili? Ma allora come la mettiamo con la Jugoslavia? Gli Ucraini hanno diritto di far installare agli americani i missili con 3000 km di raggio d’azione (cioè, sino a Mosca)? Ma, allora, perché gli americani, nel 1962, erano arrivati alla soglia della guerra per i missili russi a Cuba?
Vogliamo parlare della difesa dei civili ucraini? Benissimo, ma a me pare che quelli che hanno subito una aggressione gravissima come la strage di Odessa siano stati i russofoni. Fra i secessionisti filo russi c’è un fascistoide come Dugin? Si, ma Dugin conta relativamente poco nella Repubblica di Donetsk, mentre a Kiev è ben più rilevante il peso dei nazisti di Pravi Sektor.
Ecco perché dico che i russi adottano metodi discutibili ed un po’ avventuristici, ma nel merito hanno ragioni nettamente prevalenti. Non mi schiero affatto dalla loro parte: ripeto che, soprattutto, quando scrivo di politica estera, lo faccio da analista, cercando di non schierarmi e di limitare al massimo le inevitabili simpatie o antipatie politiche; ma, stando alle regole della politica internazionale, mi pare che la reazione russa sia logica e legittima: perché mai i russi avrebbero dovuto assistere a questo mutamento dei rapporti di forza a loro sfavore senza reagire?
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