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19/11/2014

Emergenze sociali. Il Vice ministro non vuole interlocutori

E' interessante l'intervista rilasciata oggi a La Stampa dal viceministro degli Interni, Filippo Bubbico, su quanto sta avvenendo a Milano. L'emergenza e l'asprezza del conflitto sociale in corso sul problema della casa sono ormai noti e conclamati. Su quanto avvenuto in questi giorni a Milano abbiamo scritto in altra parte del giornale, anche sulla campagna scatenata dal Corriere della Sera contro le occupazioni di case. Colpisce invece nelle dichiarazioni del ministro il balbettìo intorno ad un nodo decisivo, ed occorre riconoscere che è bravo il giornalista, Grignetti, nel cogliere la contraddizione. Il nodo è questo: se le emergenze sociali vengono poste da soggetti esclusi dai tavoli di contrattazione, perchè si accetta di discutere ai tavoli solo con i soggetti ufficiali ma non rappresentativi dei movimenti che pongono le questioni? Scrive Grignetti: “Al tavolo della governance condivisa, partecipano i sindacati storici, quelli che non hanno mai fatto mancare tatto e prudenza. Non ci sono gli altri, quelli più radicali. Saranno pure interlocutori scomodi, ma è con loro che, necessariamente, il ministero deve trattare”. Grignetti insiste con il ministro: “Scusi, non è con i moderati che dovreste sedervi al tavolo, ma con i brutti, sporchi e cattivi sennò non serve a niente”. La risposta del viceministro Bubbico, rampollo di una famiglia democristiana che insieme ad un famiglia ex socialista, i Pittella, governano in alternanza la Basilicata da decenni, è emblematica: “E già, ma gli sporchi, brutti e cattivi non esistono in astratto. Tantomeno a priori. Ci si rivela brutti, sporchi e cattivi alla prova dei fatti. Noi il tavolo di confronto lo abbiamo offerto a tutte le sigle purchè – e qui è un passaggio decisivo ndr – esprimano una rappresentanza nazionale e accettino il confronto. Chi è non è portatore di questa visione ne rimane fuori perchè rifiuta l'organizzazione del proprio punto di vista, è per sua libera scelta, non per la nostra”.

Dire che questa è un'affermazione di stampo democristiano significa fare torto ai democristiani “doc”, quelli che, pur arraffando a quattro ganasce, erano costretti dal contesto storico a tenere conto della coesione sociale e della contrattazione. Il lessico del viceministro è decisamente contorto ma le conclusioni che se ne traggono sono chiare: ai tavoli di negoziato sulle emergenze sociali invitiamo solo quelli che la pensano come noi o che ci somigliano. E gli altri? Al massimo sono un problema di ordine pubblico, come i ripetuti avvenimenti di queste settimane (dagli operai di Terni ai senza casa milanesi) stanno a dimostrare. La risposta alle pertinenti domande di Grignetti è dunque elusiva sul nodo decisivo ma coerente sul piano politico. A discutere delle emergenze sociali non devono essere i protagonisti ma solo quelli, anche estranei, indicati per farlo. La contrattazione deve avvenire dunque non sulla base dei problemi posti – la casa, il lavoro, la Tav, il territorio – nè, tantomeno, su chi in quello specifico momento ne rappresenta le istanze, ma sulla base di un format sempre uguale a se stesso, con una sola variante possibile: la fine della contrattazione e l'imposizione della governance dall'alto, anche a manganellate o spruzzati con il gas al peperoncino. E' il futuro bellezza!

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