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18/11/2014

Iran e Stati Uniti il Califfo li unisce ma Israele dice no


Sessione decisiva a Vienna sul nucleare iraniano tra Theran e i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU più la Germania. Ma molti ‘remano contro’. La destra Repubblicana. L’Asse Sunnita che non ama un riavvicinamento Usa col mondo sciita. Poi gli obblighi statunitensi con Israele.

Vigilia di decisioni strategiche sul nucleare iraniano, ma gli auspici non sembrano favorevoli per almeno tre complesse situazioni che si sono create alla vigilia del vertice di Vienna. Vediamo quali.

Primo problema. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, l’AIEA, sostiene che l’Iran non ha ancora risposto alle richieste di maggiore trasparenza avanzate dagli ispettori come previsto a Ginevra l’anno precedente.

La contestazione arriva a ridosso del Vertice in Oman del 9 e 10 novembre tra Iran, USA ed EU. In ballo, allora, due possibilità:

1) Sospensione della maggior parte delle sanzioni USA contro Teheran, possibile anche senza voto parlamentare, permettendo al Paese di arricchire l’uranio al 5% e confermando il via libera al programma nucleare per scopi civili;

2) Nessuna sospensione anche perché, secondo un articolo del New Your Times, le Autorità iraniane avrebbero trasferito ingenti riserve di uranio in Russia che avrebbe convertito l’uranio in barre di combustibile nucleare per alimentare la centrale di Busheir, anche se ciò rendeva estremamente difficile la loro riutilizzazione per la produzione di armi atomiche.

Smentita delle rivelazioni stampa da parte iraniana, ma la riunione di Mascate si è conclusa con un nulla di fatto.

Seconda questione. Episodio preoccupante, la posizione dell’Ayatollah Khamenei. Nel corso dei lavori in Oman, la ‘Guida’ ha polemizzato con USA e Occidente affidando a Twitter le sue dichiarazioni.

Alì Kamenei ha ricordato come l’Iran sia stata vittima delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein ricevuto da USA e Paesi occidentali nel silenzio di tutto il mondo.

Il leader ha citato 572 attacchi con ordigni chimici fra il 1983 e il 1988, un milione di persone esposte alle esalazioni chimiche e 100 mila affetti da significative patologie derivate dall’esposizione a quegli ordigni.

E tutto è avvenuto senza che il Consiglio di Sicurezza ONU abbia dato un segnale o assunto un’iniziativa.

Tutto vero e tutto sgradevole per molti degli ‘arbitri’ internazionali sul fronte Usa e Ue che dovevano decidere sulle sanzioni.

In conclusione, il ‘Grande Ayatollah’ ha espresso il sua sostegno ai colloqui con un piccolo ripasso della storia recente a difendere il dovere della memoria.

Tre, quella lettera galeotta. Non meno preoccupante per l’esito del Vertice di Vienna è la divulgazione da parte di media USA di una lettera personale ‘segreta’ che il Presidente statunitense avrebbe indirizzato direttamente ad Alì Kamenei in coincidenza con i colloqui in Oman.

Nella missiva il Presidente avrebbe chiesto all’Ayatollah di combattere insieme Daish, il califfato di al-Baghdadi.

La lettera ha preoccupato il Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar), Israele e Turchia anche per le ricadute che potrebbe avere nei colloqui di Vienna sul nucleare iraniano.

Cosa succede?

Nei giorni precedenti, dopo che militanti di Daish avevano ucciso 11 soldati a Tripoli del Libano, nel Nord, minacciando di innescarvi una guerra civile, gli USA hanno adottato un nuovo piano per contrastare il movimento jihadista offrendo sostegno a tutti i Governi che intendano combattere Daish.

In questo contesto hanno proposto questo sostegno anche al Libano.

L’obbligo a garantire Israele. Quello che solo pochi sanno è che l’azione degli USA in questi casi è vincolata da una legge nazionale che obbliga a fornire ‘un vantaggio militare quantitativo a Israele rispetto ai suoi vicini’.

In realtà in Libano, come in Iraq e Siria, solo Hezb’Allah e le Guardie Rivoluzionarie Iraniane stanno combattendo e vincendo la guerra contro Daish.

L’unica vittoria riportata dall’Esercito iracheno a fine ottobre contro i jihadisti a Jurf al Safer, sulla riva dell’Eufrate, in realtà è stata combattuta in prima linea da Hazb’Allah e Guardie Rivoluzionarie Iraniane al cui capo era il generale Ghasem Suleimani.

Da qui lo sconcerto del cosiddetto ‘Asse Sunnita’, che vede il pericolo di una cooperazione militare degli USA con gli esponenti della ‘Mezzaluna Sciita’, di cui fa parte anche la Siria.

A rincorrere l’impatto negativo della lettera in certi ambienti è lo stesso Presidente USA che il 15 novembre si affretta a dire che la guerra a Daish è anche contro la Siria per estrometterne il regime sciita-alawita imposto dalla famiglia Bashar.

Tornando alla questione del nucleare iraniano la situazione non presenta indicatori favorevoli a una soluzione politica al caso, mentre nella regione esistono altri Paesi già in possesso di armi atomiche pur non avendo mai aderito al relativo Trattato e al protocollo disciplinati dall’AIEA.

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