“L’intromissione di un altro Stato costituisce un’ingerenza indebita”: così il capo di gabinetto del governo argentino, Jorge Capitanich, ha reagito rispondendo alle sollecitazioni a fare chiarezza sul caso di Alberto Nisman, il procuratore incaricato dell’inchiesta sull’attentato all’Amia, il centro culturale ebraico di Buenos Aires del 1994, trovato morto il 18 gennaio nel suo appartamento di Buenos Aires.
Una replica riferita in concreto al Dipartimento di stato statunitense e ad alcuni congressisti nordamericani. In particolare alla “visione imperialista” del senatore repubblicano di origini cubane Marco Rubio che ha dubitato delle capacità dell’Argentina e ha chiesto a Barack Obama di prestare “maggiore attenzione” a ciò che accade nel paese.
Capitanich ha invece difeso la competenza dell’Argentina, paese “autonomo e sovrano”, asserendo che nessun esponente del governo sta interferendo con il lavoro della magistratura. Prima di morire Nisman aveva accusato la presidente Cristina Fernández e altre personalità legate all’esecutivo di aver insabbiato l’inchiesta sull’Amia per coprire presunte responsabilità dell’Iran, ma senza produrre alcuna prova e di fatto fidandosi di alcune soffiate di alcuni pezzi dei servizi di intelligence ereditati direttamente dai tempi della dittatura militare di estrema destra degli anni '70.
L’esecutivo ha nei giorni scorsi convocato una sessione straordinaria del Congresso per discutere della creazione della nuova Agenzia federale di Intelligence (Afi) che, su proposta della presidente, sostituirà la Segreteria di Intelligence, il cui ex direttore – rimosso a dicembre e attualmente irreperibile – lavorava a stretto contatto con Nisman. Un decreto pubblicato oggi convoca l’aula dal 1° al 28 febbraio.
Nel frattempo il capo della polizia ha deciso di sospendere dal servizio tutte le guardie del corpo che erano in servizio il giorno in cui Nisman è morto.
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