Col passare delle ore assume contorni meno tranquilli l'accoglienza ricevuta dalla "lettera di intenti" inviata dal governo greco all'Eurogruppo. Nessuno a Bruxelles, per ora, contesta la "serietà" dello sforzo dichiarato. Ma i "problemi", o le "lacune" (come subito dopo hanno cominciato a distinguere sia il Fmi sia la Bce), possono causare nelle prossime ore anche un ribaltamento di giudizio.
Non sorprendono troppo i tagli alla spesa pubblica annunciati, anche perché riguarderanno soprattutto i ministeri, che verranno intanto ridotti da 16 a 10. La spesa che verrà presa di mira è soprattutto quella che non va in stipendi e pensioni, che in alcuni casi - spiega il governo attuale accusando pesantemente quelli precedenti - "ammonta a un incredibile 56% del totale". Bisognerà vedere le voci, naturalmente, ma sembra di capire che consulenze, forniture non necessarie, appalti, ecc, subiranno un ridimensionamento drastico. Illustrata anche una riduzione della spesa sanitaria ma "garantendo l'accesso universale".
Il Fmi ha invertito la posizione tenuta da alcuni anni a questa parte (si era ormai fatto una minima credibilità come critico dell'"austerità", spingendo - nelle dichiarazioni pubbliche - per un "maggior sostegno alla crescita"). Nel caso greco, invece, torna alla vecchia impostazione "rigorista", nel timore - non dichiarato, ma consaputo - di vedere soprattutto i propri prestiti messi in fondo all'elenco dei debiti da restituire. Christine Lagarde, direttore generale del Fmi, considera la lettera mandata da Atene alla Ue "un valido punto di partenza", ma sottolinea che "in vari settori" mancano rassicurazioni sulle riforme previste dal Memorandum, in particolare Iva, pensioni e continuazione delle liberalizzazioni, privatizzazioni e riforma del lavoro.
Idem per la Bce, che per cui la lettera "è un valido punto di partenza", ma dato "il tempo molto limitato disponibile" non è stato possibile per Atene "elaborare proposte concrete e impegni" su crescita, finanza pubblica e stabilità finanziaria. Insomma: il governo Syriza si sarebbe lasciato un margine discrezionale considerato troppo alto". E confrontando la lettera che Draghi e Trichet inviarono a Italia e Spagna nell'estate 2011, con l'elenco puntuale delle "riforme strutturali" ritenute indispensabili, con quella di Tsipras-Varoufakis, una certa differenza la vede anche un cieco.
La partita si gioca tutta intorno all'ammissibilità - per la Troika - di misure nazionali per alleviare la "crisi umanitaria" che affligge il popolo di Atene. Com'è ormai noto, a lor signori piace contare le lacrime e sentire l'odore del sangue...
Problemi non mancano comunque anche all'interno di Syriza, con una divaricazione abbastanza forte tra "realisti" e fedeli al "programma di Salonicco". Una riunione immediata del gruppo parlamentare e degli organi del partito è stata chiesta dall'economista e parlamentare di Syriza Costas Lapavitsas, che in un articolo sul suo blog esprime "profonda preoccupazione" per l'accordo del governo con l'Eurogruppo e le riforme che prevede.
"E' difficile vedere come attraverso questo accordo sarà attuato il programma di Saloniccco" (il programma elettorale, ndr), afferma nell'articolo. "Coloro che sono stati eletti nelle fila di Syriza sono impegnati ad andare avanti nella realizzazione del piano nazionale a prescindere dai negoziati sul debito, perché abbiamo bisogno di riavviare l'economia e dare sollievo alla società. È quindi necessario spiegare ora come questo programma sarà attuato e come il nuovo governo intende cambiare la tragica situazione che ha ereditato", scrive Lapavitsas. "L'accordo con l'Eurogruppo non è stato completato, anche perché non si sa nemmeno quali riforme saranno proposte dal governo greco e quali saranno accettate. Ma coloro che sono stati eletti sulla base del programma di Syriza e che credono che le promesse di Salonicco siano il nostro impegno per il popolo greco, nutrono profonda preoccupazione".
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