"Presentare una sconfitta come un successo è forse peggio della sconfitta stessa. (…) Da una parte perché si trasforma il discorso del governo in politichese, in una serie di luoghi comuni e banalità che hanno semplicemente lo scopo di legittimare a posteriori qualsiasi decisione, trasformando il nero in bianco; e dall'altra perché prepara il terreno, ineluttabilmente, per le prossime, più definitive, sconfitte, perché confonde i criteri attraverso i quali il successo può essere distinto da una sconfitta". Il duro giudizio di Statis Kuvelakis, professore di scienze politiche al King's College di Londra ed esponente del comitato centrale di Syriza, è condiviso da molti dei suoi compagni di partito. Non solo quelli della piccola ‘Tendenza Comunista’ (che chiedono di votare la proposta parlamentare del KKE di rifiutare in blocco il memorandum), ma anche dai militanti e dai dirigenti di Syriza appartenenti alla ‘Piattaforma di Sinistra’ e addirittura in alcune aree della maggioranza del partito, sempre più insofferenti.
Per ora, sembra, i critici sono comunque una minoranza, per quanto consistente. Al termine di una vera e propria maratona durata 11 ore, ieri la stragrande maggioranza dei deputati di Syriza eletti il 25 gennaio hanno approvato a maggioranza il modo in cui, insieme con il ministro delle Finanze Yannis Varufakis, il premier Alexis Tsipras ha gestito i negoziati con i cosiddetti partner europei per ottenere dall'Eurogruppo una proroga di quattro mesi del prestito in scadenza domani.
Ma la fronda interna è più che evidente, il dibattito di ieri è stato costellato da critiche a volte anche molto dure e dal voto contrario di un certo numero di parlamentari.
A dar voce al diffuso malcontento all'interno di Syriza sono stati il ministro dello Sviluppo Economico, Ambiente ed Energia Panagiotis Lafazanis e la presidente della Camera, Zoe Konstantopoulou. I due esponenti della sinistra interna del partito hanno contestato la lista delle “riforme” proposte da Varoufakis, sostenendo che in molti punti esse sono, in sostanza, un'estensione del pre-esistente Memorandum firmato tra i precedenti governi e la Troika (rimasta a decidere le sorti di Atene, seppur con un'altra denominazione). Un Memorandum che Tsipras aveva promesso di stracciare il giorno dopo la costituzione del governo, gli hanno ricordato i critici.
Quella delle opposizioni interne è di fatto la stessa accusa mossa a Varufakis dall’ex partito di governo di centrodestra Nea Dimokratia, secondo cui la lista delle misure proposte all'Eurogruppo dal ministro delle Finanze – che ha accettato varie correzioni da Bruxelles prima di presentare la versione finale del testo – "è una copia esatta del Memorandum" concordato dell'ex premier Antonis Samaras con Ue, Bce ed Fmi.
Secondo una "nota per uso interno" di 12 pagine dattiloscritte diffusa da Nea Dimokratia, diversi estratti dall'elenco di Varoufakis sarebbero stati letteralmente copiati dal precedente “accordo di salvataggio” concordato con la Troika.
Quando il segretario Tsipras ha chiesto ai suoi di votare a favore o contro l'accordo concluso dal suo governo con l’Eurogruppo per alzata di mano, un certo numero di deputati – 20 su 149 secondo alcune fonti, 35 secondo altre – avrebbero espresso parere negativo. Secondo un’altra versione invece i voti contrari sarebbero stati solo 5, ma solo perché ben 30 deputati avrebbero scelto di non partecipare al voto.
A preoccupare la dirigenza del partito sono soprattutto i "mal di pancia" del ministro Lafazanis (che si sarebbe astenuto, nonostante l’opposizione interna gli chiedesse di marcare il suo disaccordo in modo più netto) e della presidente della Camera Konstantopoulou. Quest’ultima e il deputato Dimitris Mitropoulos hanno inoltre espresso "grave preoccupazione" che il nuovo accordo implichi altri pesanti obblighi per la Grecia. Secondo il deputato Stathis Leoutsakos alcune delle proposte inserite nella lista di Varoufakis, nella loro formulazione, assomigliano agli antichi oracoli che "i creditori possono interpretare come vogliono". Anche le parlamentari Ioanna Gaitanis ed Eleni Psareas hanno votato "no" all'intesa con i creditori internazionali.
Tsipras ha tentato di placare gli animi promettendo che "Il risultato dell'accordo dipenderà e sarà giudicato dal modo in cui lavoreremo come governo. Faremo in modo che l'esecutivo lavori in maniera rapida e governeremo sulla base del mandato popolare che ci è stato dato". "Aspetteremo di vedere ciò che faranno i parlamenti degli altri Paesi e poi formuleremo una proposta politica nei due o tre giorni successivi", ha concluso il capo del governo.
Il ministro Varoufakis, dal canto suo, ha annunciato che i risparmiatori greci hanno ripreso a depositare i loro soldi nelle banche elleniche dopo l'estensione di 4 mesi degli aiuti europei. Intervistato da Bloomberg TV, il ministro delle finanze ha detto che 700 milioni di euro sono stati depositati nelle banche elleniche nella sola giornata di martedì dopo che dall'inizio di dicembre circa 20 miliardi di euro sono usciti dalle banche di Atene e finiti all'estero.
Oltre all’esplicitazione delle divisioni interne al partito di governo – e che potrebbero emergere in misura maggiore nel corso del Comitato Centrale di Syriza previsto nel fine settimana – per la prima volta dal giorno delle elezioni ieri il governo ha dovuto fare i conti anche con una piazza ostile.
Durante la giornata di ieri alcune centinaia di persone, per lo più militanti e simpatizzanti della coalizione di sinistra radicale anticapitalista Antarsya e di alcuni collettivi anarchici, sono scese in piazza nella capitale ellenica contro “la reintroduzione dell’austerity da parte del nuovo governo”. Al termine della marcia diretta verso il parlamento una cinquantina di persone hanno iniziato a lanciare bottiglie molotov contro la famigerata squadra Delta della polizia greca; alcune auto bruciate, la vetrina di una banca sfondata e improvvisate barricate erette dai manifestanti nel quartiere di Exarchia per coprirsi la ritirata hanno concluso la giornata.
Oggi si replica, sicuramente con numeri assai più consistenti, visto che a protestare contro l’intesa rinunciataria raggiunta dall’esecutivo con la Troika che oggi verrà messa in votazione in parlamento è il Partito Comunista Ellenico. Il Kke ha accusato il presidente del Consiglio di essersi piegato alla Troika rinnegando le promesse elettorali.
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