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26/02/2015

Tank Nato al confine con Mosca, Londra invia consiglieri militari a Kiev


La tregua raggiunta a Minsk, e che sembra a grandi linee funzionare nonostante alcune violazioni reciproche, sarà propedeutica ad una nuova pesante offensiva militare del regime ucraino contro le repubbliche indipendentiste dell’est? La quiete cova la tempesta? A scorrere gli eventi degli ultimi giorni in quel quadrante del mondo sembra proprio così.

Basta ascoltare le dichiarazioni di fuoco dei rappresentanti dell’Alleanza Atlantica e degli Stati Uniti per rendersene conto.
"Ogni estensione del territorio controllato dai separatisti ucraini costituirebbe una chiara violazione degli accordi di Minsk e sarebbe inaccettabile" ha affermato il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, chiedendo alla Russia di ritirare "oltre mille pezzi" di artiglieria pesante dalle zone orientali dell'Ucraina. "La Russia ha trasferito negli ultimi mesi oltre mille pezzi di artiglieria, carri armati e sistemi avanzati di difesa antiaerea: deve ritirare questi armamenti e cessare ogni sostegno ai separatisti" ha tuonato Stoltenberg, in visita a Roma, nel corso della conferenza stampa congiunta con il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi.

Anche il segretario di Stato Usa John Kerry ha accusato il presidente russo Vladimir Putin di interventi diretti finalizzati a destabilizzare l'Ucraina, aggiungendo che né la Russia, né i “ribelli separatisti” stanno rispettando il cessate il fuoco deciso in Bielorussia. "A Debaltsevo i combattimenti sono continuati e questo rappresenta una violazione degli accordi - ha detto Kerry - ma in seguito si sono verificate anche altre violazioni. Quindi ora dobbiamo stabilire se gli accordi hanno ancora una possibilità di essere attuati o se c'è un tentativo di occupare Mariupol che meriterebbe una reazione immediata e molto più significativa".

In realtà non è verso Mariupol che i ribelli del Donbass si stanno dirigendo, ma a nord-ovest, aumentando la superficie del territorio sotto il loro controllo senza quasi sparare un colpo. Delle ultime ore la notizia che Svitlodarsk, a qualche chilometro di distanza da Debaltsevo, sarebbe stata liberata dalle truppe ucraine in rotta dopo la disfatta dei giorni scorsi. Questo mentre ieri formalmente nessuna vittima ha insanguinato la tregua come era accaduto nei giorni precedenti e le milizie indipendentiste, come da accordi sul cessate-il-fuoco, hanno iniziato il ritiro della loro artiglieria dal fronte.

Ma alle dichiarazioni bellicose di Stoltenberg e Kerry si accompagnano intanto alcuni preoccupanti fatti concreti e inquietanti provocazioni. Come definire altrimenti la sfilata di una colonna di carri armati della Nato, tra i quali alcuni blindati statunitensi con tanto di bandiere a stelle e strisce in bella vista, a 300 metri dal confine con la Federazione Russa, nelle strade della città estone di Narva, località dove la popolazione è in maggioranza russa? Un avvertimento mafioso a Mosca, nelle intenzioni di Washington e dei nazionalisti estoni filoccidentali. Ma anche un clamoroso boomerang per i nazionalisti in questione. "La storia ci ha insegnato che se non ci difendiamo da soli, nessuno lo farà per noi" ha dichiarato il capo di stato maggiore estone, il generale Riho Teras, affermando che gli avvenimenti in Ucraina "dimostrano molto chiaramente che noi, per primi, dobbiamo garantire la nostra sicurezza". Peccato che queste dichiarazioni il generale le abbia realizzate mentre al confine con la Russia sfilavano, nell’anniversario dell’indipendenza dall’Unione Sovietica dichiarata nel 1991, centinaia di soldati britannici, olandesi, spagnoli, lettoni, lituani e statunitensi a piedi e a bordo di alcuni veicoli corazzati, come i due ‘Us Stryker’ che hanno attirato maggiormente l’attenzione dei media. Come già scritto nei giorni scorsi, inoltre, in Lituania torna la leva obbligatoria maschile a partire dal prossimo settembre e per ora per i prossimi cinque anni. Il servizio militare durerà nove mesi e riguarderà un primo scaglione di 3mila uomini di età compresa fra i 19 e i 27 anni.

Il segnale inequivocabile lanciato dal settore nord-ovest dell’accerchiamento militare della Russia va sommato ad un altro, proveniente questa volta dalla Gran Bretagna. Il premier britannico David Cameron infatti ha annunciato che a breve alcuni istruttori militari di Sua Maestà verranno inviati a Kiev per sovrintendere all’addestramento delle forze armate ucraine. "Nel corso del prossimo mese invieremo personale militare britannico per fornire consigli e addestramento dall'intelligence tattica alle cure mediche" ha detto Cameron a una commissione parlamentare. "E noi - ha aggiunto - stiamo sviluppando un programma d'addestramento per la fanteria con l'Ucraina per migliorare in maniera durevole le loro forze. Questo comporterà la presenza di un numero di soldati britannici". Si sa che quando arrivano dei consulenti militari, al loro seguito portano attendenti, collaboratori, armamenti e apparati logistici.

Come se non bastasse il primo ministro britannico ha anche proposto di escludere la Russia dal sistema di pagamento interbancario SWIFT. "In caso di una nuova grande incursione delle forze appoggiate da Mosca o delle forze russe in Ucraina (...) io spero che l'Unione europea risponderà vigorosamente con nuove sanzioni che colpiscano duramente l'economia russa", ha detto Cameron, aggiungendo poi: "se questo non fosse possibile, allora naturalmente dovremmo guardare ad altre strade, ovviamente guardando alle questioni del sistema bancario SWIFT, che è una grande decisione ma che ha una logica". Un atteggiamento belluino di Londra che non contribuisce certo a stabilizzare la tregua raggiunta a Minsk e a raffreddare un conflitto che potrebbe riesplodere da un momento all’altro.

Al presidente Putin che due giorni fa affermava di essere convinto del fatto che sia “altamente improbabile” che scoppi un conflitto diretto tra Russia e Ucraina, la ‘Ministra degli Esteri’ dell’Unione Europea, Federica Mogherini, ha risposto affermando che il capo del Cremlino «sba­glia quando dice che è impro­ba­bile lo scop­pio di un con­flitto, per­ché il con­flitto è già in corso».

Intanto, nonostante le casse dello stato ucraino siano vuote, il presidente Petro Poroshenko era ad Abu Dhabi, ad una fiera internazionale di armi, e pare che abbia fatto uno shopping consistente.

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