Una popolazione che non supera le 20.000 anime ed una certa distanza
geografica dai centri principali del paese potrebbero essere condizioni
sufficienti a rendere St. Andrews un perfetto taciturno e sconosciuto
borgo scozzese. In realtà, numerose anomalie storiche rendono la piccola
cittadina che affaccia sul gelido Mar del Nord (6 gradi oggi la
temperatura dell’acqua) decisamente più conosciuta di quanto si potrebbe
ipotizzare in partenza. Infatti, dopo essere stata nel corso del
Medioevo il centro di pellegrinaggio più importante di tutta la Scozia,
grazie anche alla sede vescovile stabilita in loco nel lontano 906, St.
Andrews è divenuta nota per altre, decisamente più mondane, ragioni. Nel
1754 venne stabilito qui il Royal and Ancient Golf Club,
contribuendo ad alimentare una lunga tradizione di partite giocate sui
lussuosi e sterminati prati verdi che affacciano sulla lunghissima West Sand. Tutto
ciò ha reso St. Andrews meta obbligata per volgari arricchiti che
inseguono a bordo di macchine elettriche quelle palline appena lanciate a
gran distanza, immaginando così magari di praticare un salutare sport.
Soprattutto però, St. Andrews è sede di un’università che, nelle sempre
poco attendibili valutazioni sulla qualità dell’istruzione, risulta tra
le più quotate e meglio conosciute di tutto il mondo anglosassone. Per
tale ragione, durante i periodi accademici quasi 8000 studenti
brulicano le tortuose strade del centro cittadino, intenti a sorseggiare
un lungo caffè acquoso di Sturbacks oppure addentare un improbabile panino di Costa.
D’altronde con un’università che vanta orgogliosamente 602 anni di
storia, ma che ancora non ha pensato a provvedere con una mensa alle
necessità più elementari dei propri studenti, come criticare i futuri
dottori per i loro dubbi gusti alimentari? Certamente, mi si può anche
rispondere che la fauna che pascola dispersa tra la biblioteca ed i vari
dipartimenti dislocati in molti punti diversi della città non è quella
che tipicamente necessita di un pasto a buon mercato, ammesso ma non
concesso che questo sia ancora possibile nelle mense universitarie
europee. Come normale e prevedibile infatti, le ricadute dello
straordinario innalzamento delle tasse scolastiche voluto dalla storica
coalizione di governo tra Conservatori e Liberal-Democratici sono stati
rilevanti anche a St. Andrews. Così, mentre i contributi richiesti agli
studenti scozzesi sono rimasti quasi invariati, quanto preteso dagli
altri ha subito seguito le direttive imposte da Londra. Per essere il
meno criptici possibile, questo significa che mentre i discendenti di Braveheart
se la cavano con poco meno di 2000 sterline annuali per sostenere i
propri sforzi accademici, gli altri studenti devono chiedere ai loro
facoltosi genitori un impegno decisamente maggiore, che varia a seconda
del dipartimento scelto, ma che raramente scende al di sotto delle
14.000 sterline per anno accademico. Considerando inoltre che
gli studenti scozzesi sono probabilmente in minoranza, questa è almeno
l’impressione che se ne ricava in assenza di dati più certi, non è
richiesto essere Emile Durkheim per avere una qualche idea delle classi
sociali di appartenenza degli studenti di St. Andrews. In particolare,
la presenza in città dei pargoli della borghesia inglese ed americana si
manifesta in due importanti aspetti.
Il primo è di costume e riguarda l’inconfessabile maggioranza di studenti che usano un costoso laptop con una mela disegnata sopra per adempiere alla complicata funzione di scrittura sul noto immaneggiabile programma Word.
Devo dire che se non fosse per gli sguardi rigidamente prostrati sul
proprio ristretto compito e mai alla ricerca di un barlume di umanità e
socialità oltre la sfera invisibile del proprio individuo, si potrebbe
provare un certo disagio nell’estrarre dal proprio zaino un portatile
non fuoriuscito dal garage [sic!] di Steve Jobs. Il
secondo è invece di carattere strettamente economico e riguarda il costo
della vita in questo piccolo angolo di Scozia. Ricordando che trovare
una camera per meno di 500 sterline, che al cambio attuale fanno circa
680 profumatissimi euroni, non è affatto affare semplice, abbiamo
probabilmente già reso l’idea. A questo si devono ovviamente
sommare i tradizionali costi della mera sopravvivenza ed i vizi di
gioventù, che comunque sono largamente confinati alle sbronze del sabato
sera dopo un’intera settimana trascorsa in biblioteca (aperta dalle 8
la mattina fino alle 2 la notte, tutti i giorni domeniche incluse) a
studiare diligentemente. Peraltro, non che la vita notturna a St.
Andrews sia così eccitante. Con la maggior parte dei pubs che chiudono a mezzanotte (per dover di cronaca qualcuno “tira” fino alle una) e due soli clubs
che si azzardano a toccare le due del mattino, molti giovani
preferiscono rifugiarsi in qualche festa privata. Non vi preoccupate
comunque perché a St. Andrews non si perde nessuno. Infatti, i più
esagitati del sabato sera li potete ri-incontrare la domenica pomeriggio
in biblioteca, sostenuti da una strana boccetta di succo di frutta
rinforzato che ricorda molto una scena da tube londinese nelle mattine dei fine settimana. Se poi i due clubs non eccitano abbastanza le vostre voglie notturne, ecco la Union,
ovvero il locale teoricamente gestito dagli studenti. Vi si entra
esibendo la propria carta universitaria a due energumeni sulla soglia
della porta ed anche dentro gli occhi attenti della sicurezza non
mancano mai. Che concludere quindi? Beh, i dannati della terra
descritti tanti anni fa da Frantz Fanon non hanno certo casa a St.
Andrews, ma l’umanità che vediamo davanti a noi resta maledettamente
sofferente.
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