Esiste - almeno nella propaganda del suo establishment - l'Unione Europea dei valori, delle buone intenzioni, dei padri nobili. Poi però esiste l'Unione Europea reale, l'Europa fortezza, spietata con chi fugge da guerre e devastazioni dietro le quali spesso non è difficile intravedere responsabilità, interessi e strategie dei governi continentali.
Il passaggio dall’operazione Mare Nostrum – lanciata dal governo italiano dopo il tragico naufragio del 3 ottobre 2013 davanti a Lampedusa – a quella europea Triton non ha influenzato la scelta dei migranti di tentare la traversata del Mediterraneo verso le coste europee. Del resto dall'altra parte del Mare Nostrum le condizioni di vita si fanno sempre più dure, impossibili, intolleranti, e spesso rimanere in quei luoghi equivale a suicidarsi.
Contemporaneamente, però, il numero dei morti in mare nel primo mese e mezzo del 2015 è aumentato in maniera significativa. I dati forniti dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur – Unhcr) parlano da soli.
Nelle prime sei settimane del 2015 sono in effetti stati 7.000 i migranti che hanno cercato di raggiungere l’Europa via mare. Un numero, scrive il servizio di informazione umanitaria IRIN, dovuto anche al fatto che la situazione di sicurezza in Libia “ha reso molto più facile il lavoro dei trafficanti”; le cifre odierne, comunque, sono più che raddoppiate rispetto a quelle relative allo stesso periodo del 2014, quando furono registrate 3.338 partenze. Al momento del varo di Triton, molti critici di Mare Nostrum avevano sostenuto che il raggio d’azione ridotto della nuova missione (solo 30 miglia marine dalle coste italiane) avrebbe rappresentato un deterrente per le partenze. E invece non è stato affatto così.
Ad aumentare in maniera ancora più accentuata è stato il numero dei morti in mare: dal 1 gennaio a metà febbraio 2014 se ne erano registrati 12, secondo l’Unhcr. Nel corrispondente periodo di quest’anno, il dato è salito a 373, in maggioranza dovuti all’affondamento di quattro gommoni partiti dalla Libia all’inizio di febbraio. In quell’occasione 29 persone erano morte assiderate durante le operazioni di soccorso della guardia costiera italiana.
L’episodio ha suscitato critiche all’indirizzo delle autorità europee: “Probabilmente – ha sostenuto John Dalhuisen, direttore dl programma di Amnesty International per l’Europa – i guardacoste hanno fatto ciò che potevano con le risorse disponibili, che erano chiaramente insufficienti. Se gli stati europei non si impegneranno ad aumentare in modo significativo le capacità di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, tragedie come questa non faranno che moltiplicarsi”.
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