di Chiara Cruciati
Lunedì si parlava di 90
assiri cristiani rapiti, ieri di 150. Oggi, secondo il portavoce delle
Consiglio Militare Siriaco, unità che combatte a fianco di quelle kurde,
il numero si attesterebbe a 350-400 sequestri. È il bilancio
dell’attacco che lo Stato Islamico ha condotto contro i villaggi assiri
di Tel Shamiran e Tel Harmiz a nord della Siria, nella provincia di Hasaka, controllata per metà dalle Unità di Difesa Popolari kurde e per metà dal califfato.
Un’operazione imponente: alle 4 del mattino di lunedì i miliziani
hanno lanciato l’offensiva su un fronte largo 40 km, hanno ucciso le
guardie assire a difesa dei villaggi e bruciato scuole, case e chiese.
Dopo l’attacco, i cristiani rapiti sarebbero stati condotti nella città
di al-Shahadi, in mano all’Isis. Secondo fonti kurde, potrebbero
essere utilizzati dai miliziani come oggetto di scambio per detenuti
islamisti nelle prigioni kurde. Secondo altre fonti locali, donne e
bambini verranno usati come scudi umani per evitare i raid statunitensi, dopo la condanna del sequestro di massa da parte della Casa Bianca.
I miliziani, fa sapere Osama Edward, presidente dell’associazione per
la difesa degli assiri, starebbero preparando un video degli ostaggi
per mandare un messaggio al presidente Obama, che con quelle che vennero
definite “bombe umanitarie” lanciò i raid in Iraq usando come
giustificazione l’assedio della minoranza yazidi, presto dimenticata. Un
video con il quale obbligare la coalizione a fermare i bombardamenti
contro le postazioni Isis in Siria. Non sono pochi, poi, gli
osservatori che leggono nell’operazione un modo per reagire –
soprattutto agli occhi dei miliziani e degli adepti del califfato – alle
recenti perdite inflitte dalle forze militari kurde proprio a nord
della Siria.
In breve tempo, dopo la liberazione di Kobane a fine gennaio, i kurdi
hanno riassunto il controllo di un centinaio di villaggi e nei giorni
scorsi hanno segnato un’altra importante vittoria: hanno
tagliato la principale via di rifornimento di armi e miliziani al
confine nord con l’Iraq, la strada che collega Tel Hamis a al-Houl. Un
luogo tanto strategico da modificare la strategia islamista: l’obiettivo oggi sarebbe un altro villaggio assiro, Tel Tamer, nuovo possibile ponte con la frontiera irachena.
Chi sono gli assiri cristiani
Al dramma dei sequestrati si aggiunge quello dei profughi: dopo
l’attacco, circa mille famiglie sono fuggite verso le città di Hasaka e
Qamishli, trovando rifugio dentro una chiesa. Un totale di 5mila
profughi. Sono 35 i villaggi assiri cristiani a nord della Siria, molti
dei quali fondati dopo un massacro compiuto contro la minoranza in Iraq
nel 1933.
Ad oggi sarebbero decine di migliaia gli assiri profughi tra Siria e
Iraq dopo l’arrivo del califfato. La minoranza è presente in Mesopotamia
da oltre 4mila anni, per poi dividersi tra Turchia, Iraq e Siria
all’inizio del secolo scorso. Sono 3,4 milioni gli assiri nel
mondo, di cui un milione e mezzo solo in Iraq e 700mila in Siria. Prima
dell’avvento del cristianesimo, quello assiro era un popolo semitico
della provincia di Babilonia che si convertì alla nuova religione poco dopo la morte di Gesù Cristo.
Ancora una volta è una minoranza a subire le violenze del califfato
la cui macchina della propaganda si rafforza colpendo gruppi etnici e
religiosi considerati apostati. In molti casi, per aver salva la vita
nelle comunità occupate dallo Stato Islamico, a cristiani,
kurdi, sciiti, viene chiesto il pagamento di una “tassa” in cambio della
conversione: chi non si converte, può pagare un tributo alle casse del
califfato. Per questo migliaia di persone sono fuggite dalle
loro case verso il Kurdistan iracheno o fuori dalla Siria, verso la
Turchia o la Giordania.
Le minoranze sotto Assad e Saddam Hussein
Ieri l’amministrazione Washington ha condannato l’attacco, mettendo
nel calderone dell’indignazione anche il presidente siriano Assad: la
portavoce della Casa Bianca Jen Pseki ha ripetuto che il governo di
Damasco opera attraverso il terrorismo. Dimenticando, però, che le
minoranze etniche e religiose – sotto i regimi di Assad e Saddam –
goderono di una maggiore tutela e sicurezza. Nonostante entrambi i
governi portarono avanti programmi di arabizzazione delle minoranze e il
pugno di ferro del partito Baath aveva messo sotto silenzio le voci
critiche, gran parte di queste continuarono a vivere nelle loro
comunità, non si trasformarono in popolazioni rifugiate, non furono
oggetto di rapimenti e massacri.
“Tra Saddam e le minoranze c’era una sorta di contratto sociale
– ha spiegato Adeed Dawisha, professore all’Università di Miami – Chi
non interferiva, viveva bene. I cristiani prosperarono economicamente e
una parte entrò nell’élite politica, come Tariq Aziz, ministro degli
Esteri e vicepremier”.
La spirale di violenza settaria ha messo in discussione
decenni di coesistenza pacifica, ha scritto poco tempo fa l’agenzia
stampa dell’Onu Irin: “Sotto Saddam, vivevamo in pace con i musulmani e
avevano posti nel governo – ha detto a Irin Lucas Barini,
portavoce del Christians Peace Association – Le minoranze vivevano
meglio sotto il regime di Hussein, oggi non abbiamo alcuna protezione né
dal governo né dalle forze americane”.
In Siria, terra di fedi, etnie e religioni diverse (sunniti,
cristiani, alawiti, druzi, armeni, kurdi, turcomanni), la situazione era
simile: protezione e libertà di religione, purché non si
mettesse in discussione la politica del governo. L’obiettivo, evitare
che i settarismi interni fossero un pericolo per la stabilità del paese:
per questo, la legislazione siriana prevedeva politiche di protezione
per ogni minoranza e il governo nato dal socialismo laico del partito
Baath lavorò per de-islamizzare la Siria, a favore del nazionalismo
siriano e arabo.
“I cristiani godevano di buone posizioni economiche e facevano parte
della sfera politica e militare – dice Andrew Tabler dell’Washington
Institute – Molti avevano l’opportunità di studiare fuori e una
minoranza ha giocato un ruolo nella diplomazia siriana (l’ambasciatore
siriano in Francia, Lamia Chakkor, era un cristiano). In molti casi i
cristiani erano tra i maggiori sostenitori di Assad che li considerava
un aiuto per mostrare fuori la faccia del regime”.
Fonte
Questa articolo è l'ennesima cronaca di quanto la destabilizzazione, funzionale agli interessi occidentali, sia riuscita nell'improba impresa di peggiorare radicalmente la situazione precedente.
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