di Emy Muzzi
Londra. L’alba grigia che annuncia la vittoria dei Conservatori dopo
la lunga notte elettorale in Gran Bretagna, ha una luce ambigua che
dissimula nell’apparente continuità del governo Tory un cambiamento
sostanziale: un punto di non ritorno. Nel segreto dell’urna i sudditi di
sua Maestà hanno dato una batosta ai Laburisti e particolarmente a Ed
Miliband, il quale - saggiamente - si è subito dimesso. I Conservatori
di Cameron disporranno della maggioranza assoluta, risultato che nessuno
aveva previsto, né nelle stanze dei partiti, né dagli istituti di
rilevamento.
Il voto ha spaccato in due il Regno Unito portando
l’indipendentista Scottish National Party ad una vittoria schiacciante
che ha spazzato via il Labour ed umiliato i Liberal Democratici. E’ un
colpo al cuore al bipartitismo come sistema e come idea politica che va
oltre il timore del ‘Brexit’ e di un possibile ‘scisma scozzese’.
I
dati non sono ancora definitivi, ma la tornata elettorale 2015
riconferma Cameron per altri cinque anni con un margine di vantaggio
ampio; il risultato provvisorio, infatti, assegna 321 seggi contro 228
dei Labour. I blu di Cameron guadagnano 21 poltrone, i rossi Lab ne
perdono 26. Distanza ampia, incolmabile. Un risultato che è la rivincita
politica di un referendum indipendentista fallito solo per poco, ma
evidentemente non per pochi. Nel 2010, infatti, i Labour avevano 41
seggi mentre oggi ne hanno solo uno.
I 40 seggi di differenza
sono andati ad un SNP che sostiene, ad esempio, che andare
all’Università debba dipendere dall’abilità e potenzialità di una
persona e non dal suo conto in banca. Anche i Labour, da parte loro,
avevano un programma di sostegno agli studi universitari, come del resto
anche altri aspetti e programmi della politica SNP e Lab non sono poi
così distanti. Allora cos’è che fa la differenza, che sposta i voti così
radicalmente? Qual’era in questo caso la vera discriminante?
E’
la parola ‘national’ che ha una forza determinante a livello ideologico e
politico (nel senso pragmatico del termine) in un contesto regionale,
perché di regione si tratta ancora per il momento. Il bisogno di un
governo in cui i cittadini si possano identificare, attraverso il quale
possano definire la propria identità e questo avviene attraverso la
definizione delle politiche locali, se la politica non è abbastanza
forte, inclusiva o equa, anche attraverso la definizione del territorio
stesso e dei propri confini.
La Scozia degli indipendentisti riproverà il coup referendario?
Staremo a vedere. Ma una tale prospettiva dipende dagli assetti di
maggioranza o minoranza in Parlamento, a Londra. Secondo gli analisti
della London school of Economics, lo scenario (triste) sarebbe il
seguente: i Conservatives indicono il Brexit, la Scozia è
contraria all’uscita dall’Unione Europea e, pertanto, potrebbe indire un
nuovo referendum, che qui chiameremo per assonanza ‘Scotxit’.
Uscite
a parte, la verità di questo andamento del voto chiarisce
un’insofferenza per il tradizionale bipartitismo del quale, a certi
livelli, non si distinguono neanche le differenze: cosa distingue
Laburisti e Conservatori nella politica estera? La risposta è: i primi
predicano un’uscita dall’Europa i secondi no. Cos’altro? Niente. Sono
d’accordo anche sul TTIP, uno scempio multinazionale che dovrebbe essere
eletto a bandiera d’opposizione da chi è di sinistra o anche solo
democratico.
Questo offre un’idea chiara sul fatto che le spinte
nazional-referendarie definiscono differenze che in sostanza non ci
sono. Sono in verità definizioni differenziali in funzione elettorale e
di mantenimento (o conquista) del potere. L’euroscetticismo, infatti, è
stata la finta discriminante tra UKIP (il partito indipendentista di
Nigel Farage) e Conservatives, in questa elezione in diretta
competizione. In questo caso i Tories hanno risolto il problema
includendo l’euroscetticismo in quanto tale ed escludendone (o
attenuandone) i contenuti razzisti e xenofobi relativi ai flussi
migratori.
Questo approccio generale ha determinato la fine
dell’opposizione frontale e di sostanza della destra e della sinistra in
Gran Bretagna. E questo è dovuto alle mancate scelte di fondo di questi
due soggetti politici rispetto ai poteri veri che muovono gli interessi
del Regno Unito come potenza economica, politica e finanziaria globale,
come ad esempio le banche e lo Stock Exchange. Quali saranno le
dinamiche future della politica britannica sarà il parlamento britannico
a dirlo; oppure l’andamento dell’FTSE.
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