L’Italicum è legge ed è già iniziato il
pressing per farlo digerire agli organi di controllo costituzionale:
prima il Presidente poi la Corte. Ed è un pressing di rara disonestà,
cui la stampa si sta generosamente prestando.
La Corte Costituzionale
aveva bocciato il Porcellum per due ragioni: l’assenza di una soglia
minima per ottenere il premio di maggioranza e l’assenza del voto di
preferenza.
Sulla questione del voto di preferenza,
per la verità, non era stata chiarissima ed aveva concesso che le liste
bloccate avrebbero potuto essere accettate se fossero state “corte”, in
modo che l’elettore potesse sapere chi stava eleggendo. Una posizione da
contorsionista del diritto, perché il punto non è se l’elettore conosce
o no tutti i candidati, ma l’elezione in ordine di presentazione, che
limita di fatto la libertà di scelta dell’elettore e mette nelle mani
della segreteria di partito la scelta dei parlamentari.
Qui è stato facile per il legislatore
aggirare la sentenza della Corte: collegi piccolissimi di sei o sette
candidati, capilista bloccati e possibilità di esprimere preferenze per
gli altri candidati. Una truffa, ma congegnata con l’apparenza del
compromesso accettabile.
Una truffa perché è evidente che con
quasi 100 collegi, solo il partito vincente, con i suoi 354 seggi, potrà
esprimere altri deputati oltre i 100 capilista, mentre tutti gli altri
partiti (che dovranno dividersi i restanti 276 seggi) eleggeranno solo i
capilista e solo in pochissimi collegi scatterà un secondo eletto.
Quindi gli eletti con le preferenze non saranno più di 260-5 su 630. E
va tenuto presente che la segreteria del partito ha anche molti altri
modi per aiutare un candidato rispetto ad un altro. In ogni caso, su
questo punto una qualche concessione c’è stata.
Truffa totale, invece,
sulla questione della soglia per il premio. Infatti, il senso della
sentenza della Corte era quello di rispettare il principio di
rappresentatività, impedendo che un partito possa avere un premio
addirittura superiore alla sua consistenza, raddoppiando o anche più la
sua rappresentanza. Qui la soglia è messa apparentemente: il 40% per
ottenere il premio al primo turno, ma, se non si ha quel 40%, si va al
secondo turno fra i primi due partiti e qui, chiunque dei due abbia un
voto più dell’altro, si aggiudica lo stesso il premio. Badate: non è
neppure previsto un premio ridotto, ma esattamente lo stesso del primo
turno.
Quindi, da questo punto di vista,
l’obiezione della Corte Costituzionale resta tutta in piedi, anzi si
rafforza: infatti, è possibilissimo che il secondo turno sia vinto dal
più debole dei due partiti al turno precedente.
Immaginiamo che al primo turno il Pd
abbia avuto il 39%, ed il partito B il 16%, mentre il restante 45% si
sia disperso fra altri tre partiti ed ammettiamo che io abbia votato al
primo turno per il partito C. Al secondo turno, pur di votare contro il
Pd, voto per B ed altrettanto fa la gran parte degli elettori degli
altri partiti minori. Vince B che, dal 16% del primo turno si ritrova il
54% dei seggi e non per un voto a suo favore, ma per un voto contro
l’altro. Vi sembra che questo sia un sistema che rispetta le regole
della rappresentatività?
E, pertanto, questo è il gioco delle tre
carte di un ceto politico di disonesti peggiore di qualsiasi
tangentista (e, peraltro, mi pare che le tangenti i signori del Pd non
se le fanno neppure mancare). Diciamo le cose come stanno: questa è una
legge fatta per essere sicuri di restare al potere e tornare a rubare.
Mattarella avrebbe
dovuto far notare che questa legge è “leggermente” incostituzionale, ma,
soprattutto, il suo dovere sarebbe stato quello di tutelare le
minoranze opponendosi ad una legge non consensuale sulle regole del
gioco.
Invece si è precipitato a firmare. Per
la verità non ne sono affatto stupito e me lo aspettavo: è evidente che
fra le condizioni che Renzi avrà posto a Mattarella per candidarlo al
Colle ci sarà stato anche il solenne giuramento di firmare senza storie
il Mattarellum. Questo è nell’ordine delle cose.
L’unico Presidente che avrebbe potuto
rigettare la legge sarebbe stato un Presidente eletto “contro” Renzi,
non quello proposto da Renzi, ma questo sarebbe stato possibile solo
provando ad eleggere Prodi, quel che la sinistra Pd non ha neppure
provato a fare, per palese carenza di attributi politici.
A quel punto era palese che il
Presidente sarebbe stato quello scelto da Renzi con tutto quel che ne
consegue. Tutto prevedibile e previsto, quel che non significa che le
opposizioni debbano rinunciare a fare pressione sul Presidente
richiamandolo ai suoi doveri istituzionali. E (rispondo agli interventi
sul mio articolo precedente: “Intervenga Mattarella”)
anche quando si sa che il Presidente lascerà fare, occorre metterlo
davanti alle sue responsabilità. Personalmente poi penso che Mattarella
sia un congegno ad orologeria contro Renzi: lo pugnalerà appena dovesse
iniziare una sua discesa.
Ora restano due strade contro questa
bruttura della “legge Acerbo 2” (la prima era un po’ più democratica, in
verità): la Corte Costituzionale ed il Referendum. La Corte sarà
sicuramente esposta a tutte le pressioni possibili e figuriamoci quali
ricatti saranno fatti ai tre giudici che dovrebbero essere eletti nei
prossimi mesi. Fondamentale in questo senso è la campagna di
informazione sul carattere truffaldino della legge, facendo
controinformazione in tutte le sedi possibili, rilanciando nel web per
quanto possa servire, raccogliere firme per appelli ecc. Bisogna
contrappesare la campagna manipolatoria dei truffatori del Pd.
Anche la strada del Referendum non è
semplicissima. Una sentenza del 1990 della Corte Costituzionale, a
proposito della legge elettorale del Csm, ha stabilito (e quella
giurisprudenza è stata costantemente confermata) che non si può
provocare vacanza degli organi costituzionali e la legge elettorale è
una parte necessaria del loro dispositivo di attuazione, quindi il
quesito referendario deve essere fatto in modo tale per cui, in caso di
vittoria, resti una legge immediatamente funzionante ed applicabile. Per
cui sarà necessario formulare i quesiti soddisfacendo questa condizione
e stando attenti a sbavature che offrano il pretesto per un rigetto. Ad
esempio io distinguerei il quesito sul premio di maggioranza da quello
per le preferenze, per evitare sia di raddoppiare le possibilità di
rigetti, sia di determinare un qualche combinato disposto che presti il
fianco a obiezioni. Ma di questo torneremo a parlare.
Qui possiamo fermarci ad una
constatazione. Qualunque possa essere la piega che prenderanno le cose,
c’è una sola certezza: che il nemico da battere è il Pd.
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