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01/02/2016

Siria - Il massacro di Damaso e la Pantomima di Ginevra

di Chiara Cruciati

Lo Stato Islamico non agisce a caso. Segue una sua precisa strategia che sui simbolismi fonda la sua propaganda. Il massacro di ieri, a Damasco, ne è la dimostrazione: tre attentati, uno dopo l’altro, hanno colpito a pochissima distanza dal mausoleo di Sayyida Zeinab, sito religioso sciita meta di pellegrinaggio da tutto il Medio Oriente; qui è sepolta la nipote del profeta Maometto e figlia del quarto califfo. Tanto importante da essere da tempo target del terrorismo di matrice islamista: un anno fa due kamikaze uccisero 4 persone, a gennaio di quest’anno è stato al-Nusra a colpire un autobus di pellegrini libanesi che stava raggiungendo il mausoleo, uccidendo nove.

Questa mattina, secondo l’Afp, il numero dei morti è salito a 71, oltre 100 i feriti. Gli attacchi, ieri mattina, sono stati tre. Ancora più odiosi perché, dopo l’esplosione di un’ autobomba, i due attentatori suicidi si sono fatti saltare in aria mentre accorrevano i soccorsi. Una strage. I palazzi intorno sono stati seriamente danneggiati, così come le automobili, un enorme cratere a terra indica il punto della prima esplosione.

Poco dopo è giunta la rivendicazione dello Stato Islamico: “Due soldati del califfato hanno portato a termine operazioni di martirio nella tana degli infedeli”, si legge nel comunicato comparso online.
Non è un caso nemmeno che la strage sia avvenuta mentre a Ginevra si apriva, a metà, il negoziato di pace. Lo Stato Islamico ha ricordato a tutti di esserci, di occupare un terzo del paese e di poter raggiungere qualsiasi città per compiere massacri. Un elemento non da poco, perché in Svizzera l’Isis non c’è: non c’è, ovviamente, al tavolo del dialogo ma non c’è nemmeno nelle intenzioni dei team di negoziatori e di alcuni degli sponsor.

L’Isis è la giustificazione all’intervento militare, è il nemico da sradicare, ma scompare dai discorsi politici quando si deve lavorare alla pacificazione del paese. Difficile immaginare una sconfitta del “califfato” senza un accordo interno, senza il promesso governo di transizione. Ma Ginevra pare lontanissima dall’obiettivo, una conferenza di pace dove il negoziato viene dipinto come il risultato e non il mezzo: un dialogo fine a se stesso, che però non va a definire il futuro del paese.

Basta guardare alle delegazioni delle due parti. Chiuse in stanze diverse, incontrano l’inviato Onu de Mistura da soli, faccia a faccia. Poi de Mistura fa la spola. Ma manca ancora consenso sulle precondizioni poste dalle opposizioni riunite sotto l’Hnc (Alto Comitato per i Negoziati), federazione nata a dicembre sotto l’ala saudita. Sono finalmente arrivate in Svizzera, sabato notte, dopo giorni di tentennamenti e minacce di boicottaggio. Ora tornano a chiedere quello che chiedevano prima: la fine dei raid russi e degli assedi governativi delle città controllate dai miliziani armati di opposizione. I negoziatori sono stati chiari: “Siamo venuti a Ginevra solo per avere rassicurazioni – ha detto uno di loro Basma Kodmani – Non si possono iniziare i negoziati senza gesti di buon volontà”.

De Mistura ha promesso di lavorarci e, ancora ieri, si diceva “ottimista”. Ma a mancare è una base comune: sono tante le città assediate in Siria e sono assediate da tutti gli attori della guerra civile. Lo sono dall’Isis, lo sono dal governo e da Hezbollah, ma lo sono anche dalle milizie di opposizione, bracci armati di quei gruppi che ora siedono a Ginevra. Tra loro Jaish al-Islam, gruppo salafita e ultraconservatore che è membro dell’Hnc (che sta per sbarcare a Ginevra per prendere parte al dialogo), come lo è Ahrar al-Sham, altra formazione islamista, entrambi finanziati e sostenuti dal Golfo.

Il governo di Damasco non ha intenzione di discutere con soggetti che considera gruppi terroristi, ma qui il problema è a monte. La loro presenza tra le fila delle opposizioni rende nella pratica impossibile prospettare un futuro di pacificazione per la Siria. Che tipo di paese immaginano le opposizioni dell’Hnc, se il loro spettro corre dai laici della Coalizione Nazionale ai salafiti di Jaish al-Islam, dai comunisti e socialisti del National Coordination Body agli islamisti di Ahrar al-Sham, fino ai Fratelli Musulmani e alla loro visione economica neoliberista?

Da parte sua il governo di Damasco accendeva ulteriormente le tensioni accusando le opposizioni di boicottare il dialogo: “Chi parla di precondizioni è arrivato a questo meeting per farlo deragliare – ha detto il capo negoziatore, nonché ambasciatore siriano all’Onu, al-Jaafari – Le opposizioni che non si presentano mostrano che non sono serie né responsabili”.

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