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01/02/2016

Nigeria - 86 morti, ennesima carneficina di Boko Haram

Oggi le parole del generale Rabe Abubakar risuonano come una tetra premonizione: sabato il portavoce della Difesa nigeriana, avvertiva delle nuove tattiche messe in atto da Boko Haram nel paese, attentati suicidi nel nord portati avanti da donne che si confondono tra la gente.

“Al Dipartimento della Difesa è stato reso noto che Boko Haram ha ora adottato un nuovo metodo: si vestono come pazzi per accedere a aree pubbliche per detonare bombe. Due kamikaze uomini, vestiti come donne con problemi mentali, hanno portato a termine un attacco suicida a Gombi. Cinque persone sono morte e molte altre ferite”.

Poche ore dopo arrivava l’ennesima strage: sabato sera 86 persone sono state massacrate da miliziani di Boko Haram nel villaggio di Dalori, vicino alla città di Maiduguri (dove il gruppo islamista è nato e si è sviluppato), nel nord della Nigeria. A raccontare la carneficina è stato uno dei sopravvissuti, Alamin Bukura, che ha parlato al telefono con l’Ap. Si era arrampicato su un albero per scampare ai terroristi: da lì ha sentito la gente gridare, tra loro tanti bambini, mentre i miliziani lanciavano dentro le case ordigni incendiari. Quattro ore di attacco, un tempo infinito: bambini e adulti sono morti bruciati, arsi vivi. Poi, gli attentati suicidi: donne, come avvertiva il Dipartimento della Difesa. Tre kamikaze donne si sono fatte saltare in aria nel villaggio vicino, la comunità di Gamori.

Sul terreno restano 86 morti e decine di feriti, molti dei quali con ustioni gravissime. Nessuno è riuscito a fermarli e i miliziani di Boko Haram, arrivati a bordo di moto e auto per portare la morte a Dalori, sono fuggiti dopo la carneficina e dopo aver tentato di colpire anche un vicino campo profughi, dove vivono 25mila persone. L’obiettivo è una città, Maiduguri, in cui vivono 2.6 milioni di persone, la metà dei quali profughi di guerra e che Boko Haram attacca per riprenderne il controllo: cacciati tre anni fa, portano morte per destabilizzare la città e le comunità circostante, il nord est della Nigeria, da cui l’esercito è riuscito a farli uscire negli ultimi anni.

Di certo a destabilizzare un paese in aperto conflitto, da sei anni, con gli islamisti è anche la crisi economica: con un deficit di 11 miliardi di dollari, oggi la Nigeria va a caccia di prestiti di emergenza per coprire il gap ampliato dal crollo del prezzo del petrolio. Il ministro delle Finanze, Kemi Adeosun, ha fatto sapere di aver chiesto a Banca Mondiale e Banca Africana di Sviluppo 3.5 miliardi di dollari. Denaro necessario a sostenere i progetti infrastrutturali avviati per ridare spinta all’economia interna, la più ampia di tutto il continente che vive per l’80% sulle royalty per le estrazioni.

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